Perché spariscono gli elastici?




Prima seduta

Dottore - Quindi lei è perplesso riguardo… gli elastici, dico bene?

Galvan – Esattamente, dottore, in casa mia, o nella mia vita per estensione, man mano spariscono gli elastici.

Dr – Prima di entrare nel merito, la cosa le crea dei problemi?

G - Non proprio problemi, piuttosto un senso d’inquietudine che man mano è andato aumentando. Non riuscendo a venirne a capo da solo e considerata la bizzarria dell’argomento non ho ritenuto di parlarne con i pochi che mi conoscono, così eccomi qui a verificare, dalla mia parte, la sua apertura mentale, come lei dalla sua cercherà di comprendere il senso di quanto le andrò raccontando… comincio?

Dr - Certamente, son tutt’orecchi.

G – Forse non basteranno, scherzo eh… 
Come tanti tengo in casa delle limitate scorte di generi alimentari e altro, nello specifico prodotti di cartoleria, tra i quali appunto, elastici. Ne compro un piccolo barattolino di plastica che ne contenga di diversi colori e diametri. 
Non so perché ma agli elastici ho sempre dato un valore ben maggiore del poco che hanno. 
Li uso principalmente per tener ben chiusi i pacchi di pasta e altri generi confezionati che gradatamente consumo, ad esempio, fette biscottate: una confezione, sigillata con la plastica, ne contiene circa una ventina, faccio un taglio appena sotto la prima fetta, su tre lati, e ne estraggo tre per la colazione mattutina. 
Poi faccio aderire a mo’ di coperchio la parte tagliata così che combaci per bene impedendo l’entrata dell’umidità. Ma non funzionerebbe senza un elastico che trattenga il tutto… riesce a seguirmi?

Dr- Beh, sì… anche se non consumo fette biscottate, cosa c’entra l’umidità?

G - Le fette son ben secche e croccanti, non chiudendole per bene cambiano e s’ammollano, per dire… è come per le carte da gioco.

Dr- Scusi, in che senso?

G – Ha presente un mazzo nuovo? 
Come si mescola bene e si smazzi a meraviglia? 
Perché crede che i giocatori professionisti lo sostituiscono dopo poche mani?

Dr- Ah… capisco, si è abituato alla consistenza delle fette, senza umidità.

G – O dei crakers, biscotti… in quanto ai pacchi di pasta è per non disperderla nella dispensa. Uso gli elastici in molti modi.

Dr- E usandoli succede che qualcuno vada perso, altri si rompono e magari altri ancora li porta fuor di casa, così che man mano il barattolino si svuota… dico bene?

G – Perfettamente… ma non ha ancora inquadrato la questione, non mi conosce a sufficienza… sta elaborando una spiegazione logica che giustifichi il decremento quantitativo degli elastici. 

Dr- Mmh… lei ritiene che non sia spiegabile?

G – Certo che lo è, tutto si può spiegare, con questa e quella teoria, questa o quell’ipotesi. Ma prima occorre comprendere bene gli eventi, le circostanze e le persone coinvolte…

Dr – Cosa mi è sfuggito?

G – Non ha ben colto quando affermavo di dar un gran valore agli elastici.

Dr - Mi par di capire, mi lasci dire, lei li tratta con cura e quando giocoforza deve riaprir il barattolino per qualche motivo… le pare che siano meno di quanto s’aspettava, giusto?

G – Giusto… e il passo seguente, non riuscendo a giustificarlo con il normale consumo e avvicendamento, ha ingenerato una sorta di convinzione che ci sia qualcosa che non torna - che in qualche modo spariscono - è quello che sta pensando?

Dr - Signor Galvan, lei è una persona di cultura, suppongo anche su temi che competono alla mia professione, così colgo da quanto dice l’invito sottinteso, che accetto, di mettermi sul suo stesso piano. 
Bene, parliamoci come due amici che affrontano una questione insolita e, per uno di loro, importante.

G - Sì, è quello che speravo rivolgendomi a lei… a te?

Dr – Già... Andrea, diamoci del tu.

G – Grazie, Andrea… prima di rivolgermi alla scorta guardo bene di non avere qualche elastico inutilizzato da qualche parte e quando apro il barattolino non lo scelgo a caso: se all’interno un colore è meno rappresentato degli altri lo conservo, per averli tutti.

Dr - Capisco… uno come te, al pari di un collezionista conosce più o meno la sua collezione, le bottiglie della sua cantina… pur consumandole non accadrà in un tempo relativamente breve.

G – Infatti, gli elastici li uso e quando li avrò terminati ricomprerò il barattolino che ne contiene cento. Questo è il punto, per la cura che ne ho, il riciclo e l’attenzione a non sprecarli e perderli (se porto qualcosa con me, che so, un panino dentro un sacchetto fermato da un elastico… quando lo apro metto l’elastico sul mio polso o sul pomolo del cambio dell’auto) cento elastici dovrebbero durarmi molti anni, senza contare che certi prodotti, come gli asparagi del supermercato ad esempio, me ne forniscono di aggiuntivi, seppur di un brutto verde, tuttavia di maggior diametro e resistenza. Insomma, c’è una palese anomalia statistica.

Dr - Senti, Galvan… perché non accettarla e non darsene pena?

G - Senti, Andrea… se al termine dell’ora ti pago un decimo della tariffa… perché non accettarlo senza darsene pena?

Dr – Touché… ci si interroga quando i conti non tornano, indipendentemente dall’averli sbagliati.

G - Sarà dura per te, Andrea…

Dr – Che vuoi dire?

G – Ad arrivare a credermi, aver fiducia della realtà di quanto ti dico.

Dr – Perché non dovrei?

G - Chissà, la cosa potrebbe riguardarti.

Dr – Mi sta già riguardando.

G - Molto più di quanto potresti immaginare…

Dr - Ah… stai sicuro che non mi preoccupa.

G - Per carità, non c’è nulla di cui preoccuparsi… ma il quadro, i riferimenti in cui ti riconosci… se cambiassero?

Dr- Cambierebbe la mia percezione della realtà e in ultima il senso di me stesso. Lo si mette nel conto, se si è davvero coerenti con quello che si fa.

G - Già, un poliziotto o un malfattore, mettono nel conto - anche se evitano di pensarci continuamente - che un colpo di pistola faccia loro terminar il gioco a guardie e ladri.

Dr – Sì, la realtà della propria condizione va accettata.

G – Alcune realtà son più difficili di altre, non credi?

Dr – Certamente… per esempio?

G – Se tu fossi uno di quegli elastici?



.....................



Seconda seduta


Dr – Dunque, eravamo rimasti: se io fossi uno degli elastici che van scomparendo… un volo pindarico o una metafora?

G - Andrea, per quanto ti possa descrivere quanto succede o che mi pare accada, gli elastici per te rimarranno sempre elastici, piccoli oggetti per particolari usi, di cui al limite si potrebbe far senza, usando dello spago o altro. 
Nella vita quotidiana di un uomo comune qual sono, m’è capitato di prestar attenzione al fenomeno che ti ho descritto, un decremento della scorta d’elastici non giustificabile. 
Questo è il primo punto, puoi credermi? 
Credere che solo dopo le opportune verifiche e constatato il fatto mi sia deciso a spendere il mio denaro (neanche poco, se permetti…) rivolgendomi a uno specialista?

Dr - Certo che ti credo, non metto in dubbio che per te le cose stiano proprio come le esponi.

G - Ma avendo accettato di considerare il nostro un procedere tra amici, quel che ti racconto deve risultare plausibile - non uso il termine vero, troppo impegnativo - anche per te, ovviamente dopo le indagini che riterrai necessarie, poiché un amico condivide e partecipa la realtà dell’altro, non pensi?

Dr - Ne convengo, incontrare e aderire alla realtà quale tu la sperimenti, Galvan, per te gli elastici non sono gli elastici come li vediamo noi, giusto?

G – Infatti, rappresentano qualcosa… tutte le cose possono rappresentare qualcosa ma nella vita quotidiana, ammesso si riveli questa possibilità, non avendo quasi mai valenza pratica non gli si da bada.

Dr – Gli elastici come i giorni della nostra esistenza, ci pare d’averli vissuti tutti ma qualcuno, o una parte ancor più grande… ci è sfuggito, senza lasciar traccia. Man mano che s’invecchia si tiene sempre più d’occhio quel barattolo… che te ne pare?

G - Mi sembra che stai entrando nella mia realtà, dove la rappresentazione di qualcosa si carica d’un valore aggiunto e in qualche modo trasfigura in una cosa diversa, allocata su un piano differente di realtà.

Dr – Il valore aggiunto lo dai tu, il tuo interesse per la bellezza dell’oggetto, l’apprezzamento per la sua umile utilità, i variegati colori…

G - … la sua capacità d’estendersi sino a tre, quattro volte la propria circonferenza… mica poco se fossero giorni, eh… giorni in grado di trattenere i propri contenuti a mezzo d’una chiusura non rigida, adattabile… 

Dr – … che li trattiene come per la pellicola della fette biscottate, impedendo all’umidità, all’acqua (… al tempo?) di alterarne la struttura, rammollendole… comincio ad apprezzarli a mia volta, anche solo per il loro potere evocativo e simbolico.

G – Adesso son contento d’aver scelto di parlarne, trovando chi condivida un pezzo del mio cammino, procedendo sul quale… si giunge necessariamente a chiedersi perché gli elastici spariscano per proprio conto, senza averli potuti utilizzare, succhiando tutto il midollo della loro esistenza…

Dr - Beh, intanto sappiamo qualcosa su cosa siano o possano rappresentare.

G – Comunque poco… e quel poco è diverso per differenti persone e contesti. Anche su dove vadano ci sarebbe da dire… 

Dr – … da dove vengono, cosa sono e dove vanno… anche per gli elastici valgono le questioni filosofiche di base: l’apparire, il divenire e il dissolversi?

G – Un ente come un altro, direbbe forse l’esperto… io semplicemente dico che non ne sappiamo abbastanza e l’anomalia, il comportamento difforme, la regola infranta, dovrebbe indurci a maggior prudenza nei nostri convincimenti.  

Dr – D’accordo, ma sento che c’è dell’altro in questa storia, dimmi come è iniziata, contando gli elastici, da una sensazione o che altro… insomma hai colto il punto di svolta, quando, per te, gli elastici non son più stati solo elastici?

G – Hai un buon intuito… ma è finita l’ora, ne riparliamo la prossima volta.

…………………………….

Terza seduta


Dr – Ti prego di considerare che il nostro trovarci qui oggi sia una circostanza del tutto anomala… 

G – Certamente… ti devo delle spiegazioni. 
All’uscita dalla seduta precedente, come feci anche per la prima, mi son fermato per un caffè al bar vicino al tuo studio. 
Un locale tranquillo nonostante le numerose frequentazioni. 
Non so se per te sia uguale, ma quando trovo un posto che mi garba colgo l’occasione di ritornarci, come feci la seconda volta, tuttavia sedendo ad un diverso tavolino essendo occupato, con mio disappunto perché mi piaceva la prospettiva, quello d’esordio. 
In quell’occasione è accaduto qualcosa.

Dr – E da quell’evento hai ritenuto di telefonarmi per chiedermi “un cambiamento”… cos’era dunque accaduto di particolare?

G – Beh, accade sempre qualcosa, intendo eventi diciamo minori, dove la “particolarità” sta in chi la interpreta, se così si può dire, che risuona a causa di quello. 
Bene, al tavolino della prima volta erano sedute due persone, due donne che esibivano i rispettivi acquisti, bevevano qualcosa e contemporaneamente intessevano una fitta conversazione (io riesco a far una cosa alla volta, da ciò il mio interesse), con un po’ d’immaginazione quelle due donne m’han ricordato noi due…

Dr - Non colgo il nesso…

G – Anche noi conversiamo, pur se a velocità ridotta… i rispettivi acquisti sono il contenuto delle nostre vite che abbiamo iniziato a mostrarci… e il bere qualcosa… che può essere, secondo te?

Dr - Capisco… lo stesso evento - il bere dell’esempio - esperito da entrambi.

G – Esattamente, le due signore dopo poco si son allontanate… dimenticando un oggetto sul tavolo… 

Dr – Che non son ritornate a prendere, vero?

G – Sì, e dalla deduzione son certo che hai capito di che oggetto si tratta…

Dr – Un elastico?

G – Sì e no… due elastici, per l’esattezza…

Dr –  Oggetti di scarsissimo valore aggiunto che ci si può permettere di abbandonare, fosse stato altro sicuramente se ne sarebbero avvedute, ritornando indietro. 

G – Già, quando è arrivata la cameriera al vederla in procinto di gettarli glieli ho richiesti… ed ora ne ho due in più…

Dr – E nell’occasione mi hai telefonato, considerando l’accaduto significativo.

G – Infatti… ti ho chiesto se potevamo tenere la terza seduta in un luogo diverso, all’esterno. In questo bar dov’è accaduto questo piccolo, insignificante fatto… hai detto che ci avresti pensato.

Dr - Sì, inizialmente non ero propenso e solo il tuo accenno agli elastici quale motivo della richiesta mi ha fatto prendere un po’ di tempo prima di decidermi.

G – Quindi, ragionando, hai ritenuto che il motivo fosse valido… l’accenno a semplici elastici è stato sufficiente a farti rompere una prassi consolidata..?

Dr – Eh no, troppo poco… diciamo che è accaduto qualcosa anche a me, indovina…

G - Facile… un elastico?

Dr – Infatti, prova a continuare…

G - Un elastico… però usato per qualcosa d’importante che ha richiamato la tua attenzione… di più non posso immaginare…

Dr – Hai immaginato il possibile: fatalità ieri cercavo una lettera, di una persona che mi fu molto cara. Conservo centinaia di vecchie lettere in una scatola e diverse volte ho cercato di raggrupparle per “categorie” ma poi mi annoiavo e lasciavo perdere, dicendomi che c’era tempo…

G - E invece non ce n’era, vero?

Dr - No, non ce n’era… ieri sera cercavo l’ultima lettera che mi scrisse quella persona. Quando venisti da me la prima volta non mi venne in mente di usare a mia volta elastici - per tener assieme in mazzi le centinaia di lettere - decine e decine di elastici… li guardavo incredulo, sensazione che mi da il vivere una sincronicità. 
Ho trovato la lettera e l’ho riletta, rammaricandomi di non aver trovato il tempo per rispondere.

G – Capisco, quello che c’è stato tra voi fu tutto quel che poteva esserci, ma tu eri rimasto col fiammifero acceso…

Dr - Non risposi… non che dovessi... sì, ero rimasto col fiammifero in mano…

G – E il fiammifero…

Dr – Ah, bravo… il fiammifero ha bruciato la corda, pardon, l’elastico… al rimetterlo dopo letta la lettera… s’è rotto… forse era troppo vecchio o l’ho esteso oltre le sue capacità…

G – O forse doveva proprio rompersi, no?

Dr – Infatti, dopo quell’episodio ti ho telefonato per confermarti d’accettare il cambiamento ed eccomi qui. Vuoi aggiungere qualcosa?

G - Certo… ti manca un elastico, suppongo…

Dr – Eh, beh… sì… ne hai uno che t’avanza?

G – Ben due, quelli lasciati dalle due donne… uno mi serviva proprio e l’altro posso darlo a te. Che colore era quello rotto?

Dr – Rosso.

G – Toh, guarda che coincidenza… è proprio rosso, statisticamente molto probabile… 
La lettera di quella persona… era una donna, vero?

Dr - Sì… come l’hai colto?

G - Chi ha dimenticato gli elastici erano donne e rosso è il colore dell’amore… per poco che ne abbiamo vissuto non si può scordare. 

Dr – Vero, fu amore.

G – Solo l’amore poteva rompere le consuetudini, portandoti qui. Eccoti l’elastico.

Dr – Grazie.

G – Grazie a te per avermi dato fiducia.

…………………………….

Originalmente inviato da Sariputra.

Alla scuola media, in classe, proprio dietro di me, una ragazzina terribile si divertiva a martirizzarmi con un lungo elastico.
Vivevo le mie mattinate nel terrore di quei colpi battenti, rapidi, sul mio dorso già un po' curvo.
Le sue risatine cristalline, puramente malvagie, accompagnavano lo scoccare dell'elasticata.
La sua compagna la riprendeva:- Lascialo in pace, poverino...- ma naturalmente sorrideva.

Provavo un piacere sensuale, girandomi, nell'osservare quel sorrisino tra il beffardo e il compassionevole (adesso lo troverei molto "religioso").
Come l'amavo per quella frase. Mi sognavo per mano con lei tutta intenta a massaggiarmi i punti dolenti sulla schiena:- Ti ha fatto tanto male ? Che cattiva la...

Quando mi ritrovai a lavorar d'imballaggio, disponevo di un enorme sacchetto pieno di elastici, tutti gialli.
Alcuni erano molto lunghi, forse più di quelli che mi tormentavano, altri piccolissimi che non si riusciva di metterli al polso.
Quelli più lunghi erano ottimi per colpire le innumerevoli mosche che volteggiavano nel capannone e che si posavano di continuo sulla pelle sudata, arrossata dall'estate.

La mia mira divenne precisa come quella di un cecchino.
Zac! Un colpo rapido, secco, e la povera mosca, con un sobbalzo ricadeva al suolo, spaccata, sventrata, morta.
Ne avevo uno, un po' più grosso dei normali elastici, che era il mio preferito.

Lo chiamavo Roberta.
Era il nome della mia vecchia compagna di classe. L'aguzzina...


…………………………….

e- Quand’è il momento giusto, secondo voi?

g- Lo sappiamo tutti… quando l’arma è scarica.

e- Si, d’accordo… ma non possiamo riuscirci tutti!

g- No, infatti la fonte della preziosa ambrosia è ben sorvegliata, sensori visivi, sonori e probabilmente un senso che non conosciamo, una sorta d’intuizione. Il risultato è che in men che non si dica l’arma letale verrà ricaricata - abbiamo già avuto troppo perdite - la nostra stirpe rischia d’estinguersi e tuttavia non possiamo fare a meno di nutrirci o avverrà egualmente…

v- Forse è il momento di considerare “l’ultima opzione”…

e- Ahinoi, a questo punto siamo giunti… ma com’è stato possibile?

g- Già, com’è stato possibile… per innumerevoli cicli di tempo vivevamo quietamente in questo nostro spazio che ci permette di volare, vivere e procreare… e intanto qualcosa prese a risvegliarsi nella nostra testa, fornendoci il senso della nostra presenza… siamo diventati “individui” (qual meraviglia!) scoprendo nel nostro mondo innumerevoli mondi differenti… per ognuno di noi che lo esperisce, di poco, ma diversamente…

v- Poi è arrivato lui… il destino, e la realtà del dolore, della fine, si è imposta su tutto…

e- È quello il suo nome?

v- In realtà di “destini” ce ne son stati molti prima dell’attuale, ma quelli non erano poi così avversi, quest’ultimo sembra che abbia proprio il compito di sterminarci del tutto… 

g- Sì, con gli altri destini avevamo il tempo di suggere la loro preziosa ambrosia, certo, ogni tanto c’erano delle vittime tra noi, quando le loro grosse zampe arrivavano per schiacciarci… 

e- Sin quando è arrivata “l’arma”… e il destino attuale ha rivelato il suo aspetto intenzionale, divenendo così rapido e preciso da non sbagliare un colpo! 

g- È così… non ci resta che “l’ultima opzione”…

e- O Signore delle Mosche! In che consiste?

g- Abbiamo sviluppato coscienza d’esser specie e come la natura non è interessata al singolo ma a quelle, se vogliamo che il nostro patrimonio (genetico) abbia un futuro, dobbiamo ragionare come la natura…

e- Vale a dire?

v- Vale a dire uno per tutti e tutti per uno. Riuniremo l’intera popolazione e individueremo una ristretta cerchia (d’eletti) che abbia le maggiori possibilità di riprodursi fuori di qui… nell’altro mondo…

e- Ma come potremmo farli uscire? Destino sta ben attento a tener chiusi i portali!

v- Per dare una possibilità alla cerchia di fuggire… tutti gli altri, tutti noi ci sacrificheremo…

e- Capisco… ma all’atto pratico?

v- ”Strategia”… abbiamo bisogno di un “piano”…

e- Cos’è “strategia” e “piano”?

v- Questo è il punto… la nostra coscienza pur contenendo la parola (che si rivela al momento “opportuno”) non ha le istruzioni per leggerla, sappiamo solo che ci serve quella cosa lì, un “piano”…

e- Ah… e quanto dobbiamo attendere per aver risposta?

v- Nessuno può dirlo… 

e- … e allora che si fa?

Godot- Aspettiamo, no? Che altro…

…………………………….

Terza seduta (continua)



Dr - Letta?

G- Sì, da dove viene?

Dr - Da un forum su internet.

G – Ah, forum per specialisti?

Dr - No, ma a mio avviso dovrebbero frequentarlo di più… ne son rimasti pochi di luoghi del genere.

G – Perché me l’ha fatta leggere?

Dr – Perché mi è venuta la sensazione che prima e probabilmente anche dopo le nostre discussioni accada qualcosa, nella direzione che ci interessa, quella di trovare una risposta del perché spariscano gli elastici, per il caso che la riguarda, ma forse non solo quello. 

G - Son io stavolta a non scorgere il nesso.

Dr - Una volta per uno… come interpreta lo scritto che ha appena letto? Faccia conto che sia una macchia del buon Hermann, solo in forma scritta piuttosto che figurata. 

(In psicometria ed in psicodiagnostica, le “macchie” sono alla base del test di Rorschach. Molti studiosi ritengono che il termine più corretto sarebbe quello di "Reattivo di Rorschach", in quanto si vanno ad indagare le risposte soggettive di fronte a stimoli nuovi ed ambigui.)

G - Mah, ci son riferimenti diversi, mi vien in mente Ulisse e i suoi che cercano di sfuggire a Polifemo… e “destino” par sia una figura reale, non quello che intendiamo noi comunemente.

Dr – Ah, Polifemo e Ulisse! Non l’avevo colto, complimenti. Sul destino… beh, in genere si compie, si realizza attraverso enti e fenomeni, ma ad esempio per un topo…

G – Il destino avrebbe la forma e il fruscio di un rapace o un serpente…

Dr – Esattamente. Nel racconto a mio avviso c’è un’indicazione.

G – Beh, non quella del nome intero, reso a fine brano, di “g” (Godot)… si tratta di un espediente per richiamarsi a situazioni analoghe, d’attesa… l’unica certa mi pare quella del “Signore delle Mosche”… 

Dr – Bene, bene… vada avanti…

G – Potrebbe trattarsi di una “comunità” di mosche… e Destino un essere umano da cui traggono l’unico loro sostentamento, il sudore… a rischio e prezzo della loro vita…

Dr- Concordo appieno! Le mosche che hanno sviluppato coscienza e “io” valutano la loro situazione, il loro stare al mondo.

G – Che sta per finire sotto i micidiali e precisi colpi di destino…

Dr - Infatti… ma di che “colpi” si tratta? Non pare la manata occasionale, richiamata da Godot, si parla di “un’arma letale”… cosa può esserlo per una mosca?

G -Bravo Andrea! Qualcosa di più veloce di una mosca… non mi dire, par proprio…

Dr – Un elastico! Usato a mo’ di fionda!

G – Eh sì, un altro uso del mio elastico… stavolta in grado di dar addirittura la morte, ad una mosca, inteso… Non c’era altro nel racconto?

Dr - No, questo è tutto… se c’è dell’altro è qualcosa che non vediamo. 

G – Forse perché accade in una differente realtà, seppur collegata alla nostra.

Dr – Nella nostra siamo noi due che interagiamo… almeno così pare…

G – Pare… sai, Andrea, dando di corda all’immaginazione noi due potremmo anche essere personaggi di un racconto… magari scritto in quel forum che leggi… 

Dr - E come dissi poc’anzi, prima della nostra pagina, di questa che magari qualcuno sta leggendo… ce n’è stata un’altra, in cui qualcun’altro ha scritto qualcosa sulle mosche… perché riguardava gli elastici…

G - Ma tu quella che mi hai dato da leggere… come l’hai trovata?

Dr – Questo è il bello, non so rispondere… diciamo per caso.

G - E forse ora si trova nella stessa pagina del nostro attuale incontro. 

Dr – Ogni cosa ha un motivo, sei d’accordo?

G - Anche il “caos organizzato”?

Dr – Cos’è?

G – Quello che apparentemente anche noi stiamo vivendo, eppure s’intravede una direzione.

Dr - Gli elastici vanno e vengono, producono effetti e inducono domande, come d’altronde ogni cosa nell’esistenza.

G – Già… e quando si risveglia l’interesse forse si raggiungerà un qualche risultato… questo è il bello, no?

Dr – Molto bello… questa seduta mi sa che non posso fartela pagare. 

G – Eh, no, perderesti il tuo ruolo e io pretendo il meglio da chi mi rivolgo, mentre sarei indulgente se fosse solo un amico… ma tu sei un professionista e un amico, il connubio ideale… però il caffè l’accetto.

Dr – Giusto, appuntamento alla prossima, ciao.

G - Ciao a te e a tutti…

Dr - A tutti chi..?

G – Se è un racconto… qualcuno lo leggerà, no?

Dr - Eh, sì e magari ci darà una mano, a scoprire perché spariscono gli elastici…

G – Ogni aiuto è ben accetto, in fondo gli elastici siamo noi, noi siamo i nostri interessi.

…………………………….

Quarta seduta


G - L’ultima volta concludevo dicendo che in fondo gli elastici siamo noi… noi siamo i nostri interessi. Così mi sembra arrivato il momento, per spiegare tale affermazione, di rispondere alla domanda in sospeso della seconda seduta…

Dr - ... quando, per te, gli elastici non son più stati solo elastici..?

G – Sì, giusto quelle parole. 
La storia parte da lontano, dalla mia passione per il colore puro e vivo dei fiori, particolarmente quando sono in gran numero nei campi e in prevalenza di un’unica specie. 
Tale interesse mi ha condotto a visitare le coltivazioni di lavanda in Provenza.

Trascorrevo molto tempo nei campi, filmando la mia pianta preferita sotto tutte le angolazioni e con ogni tipo di luce. 
Per ricordo e per farne dei video; fatto sta che mi son accorto di qualcosa di particolare riguardo il suo colore. Qui ci sarebbe troppo da dire, semplificando diciamo che una certa tonalità di quel colore, che si manifesta in particolari situazioni, esercita su di me un’attrazione irresistibile. 
Adoro quel colore, il colore del cielo di notte senza luna, come hanno definito l’indaco, dei sette colori dell’iride indubbiamente il meno conosciuto. 
Credimi se ti dico che per me è molto più di un colore. 

Dr – Ben più di una forte risonanza? 

G – Molto di più, chi mi conosce sa della mia passione per tale colore, tanto che il senso e la direzione della mia vita ne son legati. Ma arriviamo al dunque, una sera mi trovavo con la mia dama, una sua amica e la sua bambina di tre anni. 
Una bambina non comune, per intelligenza e maturità, oltre che per certe evenienze che son accadute… credo che puoi intuire. 
Beh, dopo aver dato fondo alla mia creatività per farla giocare - lasciando così tempo alle due donne per conversare - mi ritrovo in mano…

Dr - … il barattolino degli elastici…

G – Sei proprio in gamba, Andrea… e così nella stanza dov’eravamo tutti quattro accade questo:

G - Adesso facciamo un gioco… prendiamo un elastico per la mamma… di che colore?

Bimba – Blu.

G – Per la mia signora?

Bimba – Verde.

G - Per te?

Bimba - Rosso.

G – E per me quale colore?

Bimba – (pronunciandolo marcatamente) … indaco!



G – sono rimasto senza parole, mai mi sarei aspettato che una bimba di tre anni potesse conoscere il nome di quel colore (ho chiesto alla madre dei giochi alla materna e se mai avesse pronunciato la parola indaco… mai, infatti…) e soprattutto associarlo alla mia persona, con tale autorità. 
Come son rimasto di sasso io lo son state le due donne e per inciso, non c’era nessun elastico indaco nel barattolino, solo semplice blu. L’unica spiegazione valida…

Dr - … è che la bimba abbia potuto accedere all’informazione per altre vie…

G – Già… e oggi a distanza di anni dall’episodio ne parlo con te - provando ancora i brividi di quel momento - e mentre lo faccio mi pare che quell’elastico abbia concluso il percorso sulla superficie topologica della mia sfera d’universo e si sia ridotto a un punto, questo, nel quale ne parliamo… che dici?

Dr - … sai, in quel forum che visito è spuntato Poincaré e la sua congettura, l’esempio dell’elastico è quello più usato:

(
http://www.matematita.it/realizzazio.../poincare.html

e proprio in questi giorni Hawking sta presentando la sua nuova teoria sui buchi neri, me l’ero scritta e te la leggo: 

… ha quindi detto di aver scoperto un meccanismo «attraverso il quale le informazioni riescono a trovare una uscita dal buco nero». Nella conferenza a Stoccolma lo scienziato ha focalizzato la sua attenzione su quello che è conosciuto con il nome di paradosso delle informazioni del buco nero.
Secondo le teorie esposte dallo stesso Hawking in passato, i buchi neri emettono delle radiazioni che farebbero perdere energia al buco stesso fino a farlo scomparire. Il paradosso allora è: cosa resta della materia all’interno del buco nero? Sparisce a sua volta?
I fisici credono che queste informazioni non siano davvero perse per sempre. Lo scienziato ha così proposto una possibile soluzione: «Io credo che le particelle che entrano in un buco nero, lasciano traccia delle loro informazioni . Quando con il fenomeno della radiazione le particelle escono fuori nuovamente, portano fuori le informazioni, conservandole».

L’uscita in un altro universo.
Hawking sostiene che le informazioni che entrano nei buchi neri possono trasformarsi in due modi: o in una sorta di ologrammi sul ciglio del buco nero, oppure trovano una via d’uscita verso un universo alternativo. «Il buco nero avrebbe bisogno di ingrandirsi e così facendo, ruotando, si scava un passaggio in un altro universo.
Ma non si può più tornare al proprio universo - ha concluso Hawking - Il senso di questa conferenza è che i buchi neri non sono così neri come li abbiamo pensati fino ad oggi. Non sono quelle eterne prigioni. Qualcosa può uscirne, magari sbucando in un altro universo».

http://www.corriere.it/scienze/15_ag...f87abc66.shtml



G – Davvero interessante… l’inconscio potrebbe raffigurarsi come un buco nero e le informazioni che stazionano sul ciglio del buco nero… paiono tanto le memorie che vanno e vengono alla coscienza…

Dr – A fantasia non sei male… l’informazione sul colore dell’elastico deve pur provenire da qualche parte… la tua è anch’essa una suggestiva congettura, sfortunatamente senza alcuna formalizzazione matematica… ma quella, al momento, non si occupa della mente… ti pare che ci stiamo perdendo, tipo il tuo caos organizzato?

G – Oh no, i conti si fanno alla fine… intanto mettiamo un po’ d’ordine?

Dr - Giusto… punto primo, qualcosa sta parlando con te attraverso gli elastici e quel che rappresentano…

G - Qualcosa… cosa?

Dr – Qualsiasi cosa, o anche la parte inconscia di te cui hai accesso. Punto secondo, c’è un motivo per tutto questo e, se siamo fortunati, una conclusione… ma…

G - Ma?

Dr – Non è nelle nostre mani, o almeno non sono sufficienti, servono altre informazioni e magari provare a far qualche tentativo…

G – Di che genere?

Dr - Appunto, punto terzo… gli elastici siamo noi, i nostri interessi… cosa ti interessa?

G - Diverse cose… scrivere ad esempio, e magari condividere le mie riflessioni.

Dr - Quel forum parrebbe il luogo giusto…

G – Parrebbe… ma?

Dr - C’è poca partecipazione, come per tante altre cose.

G - Già, specchio dei tempi, come dice qualcuno… non cercare che le cose che accadono, accadano come vuoi tu, cerca invece di volere che accadano come accadono… beh, alla prossima.

Dr - Alla prossima, buonanotte…

…………………………….

Quinta seduta


G - Eccoci nuovamente qui, son passati quattro mesi… 

Dr – Già… periodo di riflessione?

G – Anche… e in aggiunta problemi di varia natura, tuttavia rispetto a quanto accade nel mondo son fortunato solo per il fatto d’esserci e dialogare con te.

Dr – Concordo, nelle difficoltà si apprezzano maggiormente le piccole cose a cui normalmente non prestiamo attenzione.

G – Una persona disse di provar ogni volta una sensazione impagabile nell’andar a letto per dormire… chiudere gli occhi e distendere il corpo, abbandonandosi, protetto e riscaldato dalle coperte.

Dr – Purtroppo … siamo organizzati in un modo tale che possiamo godere con intensità solo del contrasto, e molto poco di ciò che è stabile… scrisse Sigmund Freud nel 1929, argomento interessante… che ci riporta indirettamente ai nostri elastici, all’anomalo decremento della loro “popolazione”.

G – Infatti, fosse rimasta stabile, la loro rassicurante presenza al momento del bisogno sarebbe stata come la coperta di quel letto. 
Giorni fa dopo aver ascoltato una poesia di Borges splendidamente recitata 

(
https://www.youtube.com/watch?v=eg7MMxBES0g

m’è venuto da considerare che gli elastici, oltre a rappresentare i nostri interessi, possono farlo per ogni cosa in relazione all’uomo. Tutto quello con cui entriamo in contatto che lascia una traccia in noi, ci piaccia o meno. E chissà se, per quanto infinitesimamente, vi sia una sorta di feedback sulla cosa stessa, sul fenomeno - un’interazione - anche se, come nel nucleo atomico, diviene riscontrabile solo per quelle forti,. 
Ad esempio leggi una notizia in internet e scrivi un commento, che rimarrà sempre collegato a quella notizia, mentre per la quasi totalità delle interazioni deboli come un uccello che ti vola sopra la testa, un amico che ti pensa… 

Dr – Realisticamente si può dire che non siano “misurabili” e quindi sostanzialmente ininfluenti, pur se vien detto del collegamento tra il battito d’ali d’una farfalla in Amazzonia e la tempesta all’altro capo del mondo. Il numero delle interazioni “deboli” è così enorme da non esser quasi pensabile, un dieci al milione di miliardi, tanto per dire… 

G – Per ogni attimo d’esistenza e se le riferiamo non solo all’uomo, ma ad ogni oggetto ed evento nell’universo…

Dr - … in ultima si arriva a Dio… è di questo che vuoi parlare?

G – No… l’Ultima Spiegazione è un pensiero troppo complesso con cui aver a che fare, sto cercando solo una risposta sugli elastici e spero non sia così lontana dalle mie capacità di figurarmela.

Dr – E allora perché tirar in ballo l’immensa complessità dell’esistenza?

G - Dici bene, non sembrerebbe il caso ma… è come per i gatti di Venezia…

Dr - Oh bella, che c’entrano i gatti?

G – Praticamente non ci sono...

Dr – Non ci sono i gatti? A Venezia, intendi..?

G – Infatti, dei quindicimila gatti presenti nella Serenissima sino a vent’anni fa dicono ne siano rimasti un centinaio. I “randagi” - anche se il gatto è un animale territoriale con i suoi luoghi di riferimento - li hanno rastrellati tutti, sterilizzati e confinati in una struttura su un’isoletta, per il loro bene ovviamente e per motivi igienici… vien da ridere, i canali della città son fogne a cielo aperto dove sguazzano pantegane (topi) dalle dimensioni ragguardevoli, che si son ritrovate senza il principale antagonista.
Si vocifera anche di correlazioni col crescente numero di ristoranti cinesi, fatto sta che chi ne abbia di domestici fa bene a sorvegliarli.

Dr – Non lo sapevo… e allora?

G - E allora tu vai a Venezia, incantevole ed unica, unica anche per la mancanza delle piccole tigri - una storiella dice che i gatti vennero creati per permettere all’uomo d’accarezzar una piccola tigre - di cui puoi non accorgerti, sino al momento che per qualche motivo ne prendi coscienza. 
L’interrelazione, in negativo stante in questo caso l’assenza del soggetto, esercita un effetto che alcune volte conduce alla risposta, i gatti non ci sono perché li han tolti, per non veder come per migliaia d’anni han visto che anch’essi dispongono d’un apparato digestivo e riproduttivo.

Dr - Analogamente per gli elastici, il loro decremento, tutto sommato un’interazione “debole”, quando supera un “valore di soglia” arriva alla coscienza, la tua almeno.

G – Già… l’interazione debole è l’infinito mare dal quale emergono come isolette quelle forti. È la debole ma continua forza di quell’acqua che ne modella i contorni, quando per qualche motivo non diventi burrasca capace di intervenire drasticamente sui suoi confini.

Dr – Facciamo il punto: dopo esserti accorto dell’anomalo depauperamento della tua riserva d’elastici - tra l’altro son venuto a conoscenza che altre persone rilevano l’ugual fenomeno - mi hai contattato per iniziare un percorso e confrontarti, come mi hai chiesto ed io ho accettato, più con un amico che un terapeuta. 
Non avessimo instaurato un rapporto d’amicizia ti avrei senz’altro congedato, visto che al momento in te non ho ravvisato nulla che rientri nei miei ambiti professionali, al più la marcata sensibilità di un individuo un po’ eccentrico. 
Ma sfortunatamente per te e l’inverso per me, qualcosa ti fa ritener utile continuare a spendere il tuo denaro frequentandomi.

G – Già, qualcosa mi lega a te… ricordi, le due signore al bar sotto il tuo studio?

Dr – Quelle che han dimenticato gli elastici? Come potrei scordar l’episodio… a mia volta ho scoperto quanto usassi gli elastici, ti ho raccontato di quella lettera, un amore passato e mai scordato, ah… l’elastico rosso l’ho proprio gradito, riguardo alle due signore.?

G - Non son tornate, per due elastici non ne valeva la pena, se mai si son avvedute d’averli scordati.

Dr - E quindi?

G - Un’interazione debole, nel mare delle interazioni deboli. Ma quello che è debole per uno…

Dr - … potrebbe non esserlo per un altro… abbiamo un elastico in più a testa adesso…

G – Già… per noi è diventata un’interazione forte.

Dr - Molto forte, per me… sai, ho ritrovato l’indirizzo ed ho risposto - un chiarimento e un cordiale saluto – sovente il tempo è galantuomo e smussa le spigolosità di comportamenti passati.

G – Ne son contento, alfine il fiammifero s’è spento senza bruciarti. 

Dr – Nell’ultimo incontro ipotizzavo che qualcosa stesse parlando con te attraverso gli elastici… ti sei chiesto cosa potrebbe essere?

G – Beh, suppongo qualcosa che ho lasciato in sospeso… come la lettera che hai finalmente scritto, ti pare?

Dr – Sì, plausibile… e dicevo altresì di provar a far dei tentativi riferiti agli interessi che quegli elastici possono rappresentare per te. Avevi detto che ti piace scriver e condividere le tue riflessioni, per cui ti avevo parlato di un luogo virtuale, un forum, dove poterlo fare, potrebbe venirne fuori qualcosa…

G - Ho il dubbio se tali siano luoghi solo per interazioni deboli, che non disprezzo affatto, tutt’altro, come mi auguro tu abbia compreso. Nel domandarmi se mai potrebbero sortirne di forti mi ricollego all’inizio della nostra discussione, ogni cosa con cui si entra in contatto, coscientemente o meno, lascia una traccia. Tu porti con te la traccia di quanto insieme andiamo affrontando, sia che frequenti o solo leggi in quel forum…
Comunque i tentativi, sorta d’esperimenti, mi affascinano, chissà che non ci venga qualche idea… beh, è finita l’ora… a proposito, buon anno.

Dr – Buon anno anche a te, e al mondo, che ne ha davvero bisogno…

…………………………….

Epilogo

Barista - Buongiorno Andrea.

Andrea – Buongiorno, come andiamo?

Barista - Diciamo che riusciamo a sopravvivere, la gente spende sempre meno e occorre far delle economie… macchiato? 

Andrea – Sì, grazie… mi sento un po’ in colpa, non frequento questo bar come un tempo…

Barista – Se un’attività come questo bar sta in piedi da sola allora val la pena di qualche sacrificio, non sarà un cliente più o meno assiduo che farà la differenza… quella che invece han fatto le nostre chiacchierate, così che la considero quasi un amico…

Andrea - Un amico di passaggio… si può dir che sia tale?

Barista – Sì, se il passaggio ha lasciato un segno… sa, c’è stato un altro passaggio… che la riguarda…

Andrea – Che mi riguarda? 

Barista – Infatti… è una storia un po’ strana… se ha un po’ di tempo gliela racconto, ci sediamo a quel tavolo?

Andrea – Certamente… adoro le storie, le narrazioni.

Barista – Questo l’avevo capito… beh, comincio… era il pomeriggio del 18 giugno dell’anno scorso e a questo stesso tavolo sedette un uomo di una sessantina d’anni. 
Ordinò caffe e croissant e rivolto all’entrata osservava i clienti, senza darlo a vedere… a loro, perché a me, a mia volta avvezzo all’osservazione discreta non sfuggì il suo interesse, pareva quasi cercasse d’individuare qualcuno. 
Ricordavo d’averlo già visto di tanto in tanto, prendere un caffè sempre al banco ma quella era la prima volta che si sedeva. 
Si complimentò per il caffè e l’ambiente e proprio in quel momento entrò lei, Andrea, suscitando un riservato interesse del cliente che smise di osservare gli  altri avventori e, dopo avermi congedato, prese a scriver qualcosa su un notes…

Andrea – Ah, chissà se mi conosceva… non ricordo la circostanza, pure la memoria non mi difetta, mi avrà scambiato con qualcuno di somigliante.

Barista - Eh no, glielo posso anticipare conoscendo il prosieguo degli avvenimenti, cercava proprio lei… tornò altre quattro volte sedendosi sempre allo stesso tavolo… e alla terza mi resi conto di... coincidenze quasi impossibili, come diceva lei, sincronicità, ricorda?

Andrea - Sì, ne parlammo… mi accadono e in qualche circostanza mi pare d’averle provocate… l’interesse è una forza in atto, le dissi… quali erano, nell’occasione?

Barista – Beh, tutte le cinque volte che quell’uomo si sedette… dopo un po’ arrivava lei, Andrea…

Andrea - … ah… mai una volta che l’apparente regola venisse disattesa?

Barista – No, venne cinque volte… il tavolo fatalità era sempre libero e dopo poco compariva lei.

Andrea – Che strano… non ho mai avuto nessuna sensazione…

Barista - Confermo, infatti dalla terza volta presi ad osservare anche lei, Andrea, che non prestò mai attenzione all’avventore seduto, il tempo del suo caffè e sortiva, ma coglievo il colpo d’occhio del mio cliente al suo uscire… oggi mi piace immaginare che l’accompagnasse con un silente saluto…

Andrea – Dice che non è più tornato? 

Barista - No, e presumo che non tornerà più. 

Andrea – Interessante, una serie di coincidenze che riguardano più lei che me… non ci son collegamenti tra me e quell’uomo…

Barista - … prima non c’erano… ha lasciato qualcosa per lei…

Andrea – Qualcosa per me?

Barista – Infatti… il notes su cui scriveva, mi ha pregato di darglielo quando ne avessi avuto occasione. 

Andrea – Darlo a me? 

Barista – Così mi ha chiesto e così farò, dopo aver completato la storia… però le chiedo di tornare un’altra volta, ora devo riprendere a lavorare.

Andrea – Certo che mi ha ben incuriosito la faccenda, mi scusi del tempo che involontariamente le ho sottratto al lavoro.

Barista – Oh no… questo è tempo guadagnato, non perso… ma quello che perdo mi serve per avere del tempo da guadagnare.

Andrea - Eh già, buon lavoro… ritornerò, arrivederci.

Barista – Arrivederci, Andrea.


…………………………….



V - … ascoltate, ho un piano!!

g - … che vuoi dire… non sappiamo neppure cosa significa..

v - … l’ho scoperto stamane!
Quando mi son destato è arrivato un pensiero… da solo, senza che mi ci         applicassi… e c’erano parole e immagini… e un percorso che le collegava… e alla fine la libertà!

e - … di grazia, da dove è giunto un tal pensiero..?

v - … questo non so dirlo, era lì…

g - … mmh… forse le nostre preghiere son state ascoltate… e dunque, cosa dobbiamo fare?

v - … Roberta… ci può aiutare…

e -… la segretaria? Quella sarebbe anche peggio di Destino se avesse l’arma!!

v -… infatti!! Bisogna farle avere l’arma!

e - … ti sei bevuto il microscopico cervello che ti ritrovi, se ci avviciniamo all’arma verremo distrutti ancora prima!
G - … un momento, ascoltiamolo… ma anche ammesso che riusciamo a dargliela… potrebbe renderla a Destino che diverrebbe ancor più atroce a causa dello smacco subito…

v - … è vero… sottrarre l’arma ad un uomo è come privarlo del potere… ma nella visione del piano c’era qualcosa di inaspettato… Roberta non userebbe l’arma contro di noi…

e - … che dici… qui tutti gli umani ci odiano e Roberta per prima, sempre a mettere trappole adesive ed elettriche, spray tossici, reti finissime… le manca solo l’arma finale…

v - … “karma”…

g - … che vuol dire?

v - non lo so, ma in quella parola c’è la salvezza… almeno per una parte di noi. A causa del “karma”, Roberta rivolgerà l’arma contro Destino… così ho visto…

e - … scompenso glicemico… il sudore di Destino, l’unico nostro cibo… ieri era troppo ricco di zuccheri… ecco la spiegazione del tuo farneticare…

g - … siamo sempre meno e non avremo scampo comunque… forse questo pazzo piano è la nostra ultima possibilità, costi quel che costi io sono pronto… almeno morirò per aver cercato la libertà, in piedi (pardon, in volo…) e non colpito alle spalle, incollato, fulminato o avvelenato… Vladimiro (v), assumi il comando, non attenderemo un minuto di più…

e - …noo… ascoltate, forse ce la facciamo a passare l’estate, nascondendoci ancor meglio… poi, ricordate, Destino col primo cambio di temperatura si ammala per qualche giorno… e debilitato potrebbe ritardare a chiudere le doppie porte del vestibolo… volando a livello del pavimento forse non ci vedrà e…

g -  vedi, Estragone (e)… è già successo nei tempi prima della tua nascita… Destino chiamò un operaio che sopraggiunse con uno spray tossico nel vestibolo… tutti quelli che avevano provato sono morti…

Vladimiro - … allora si procede… vorrei salutarvi tutti, adesso… e se qualcuno alla fine si salverà, riuscendo a sfuggire da questo inferno, oltre le sue porte… beh, si ricordi del sacrificio del suo popolo.
Le donne e i bambini da una parte… Godot… tu sei il più anziano, a te il compito di guidarli oltre la soglia - se mai si aprirà - tutti gli altri con me, questo è quello che faremo…  

………………


Destino non si separava  mai dal suo grande elastico giallo, l’arma letale.
Come s’avvedeva di una mosca in un attimo l’estraeva e zac… un colpo, un morto.
Ormai in tal numero da aver modificato con le loro essenze corporee il colore sulla punta dell’elastico, diventato di un bruno terreo.
Venne il giorno, la comunità delle mosche era divisa in due gruppi, quello che avrebbe tentato di sfuggire all’esterno e i guerrieri, pronti a giocarsi la propria vita.

Destino entrò dalla porta principale e dopo averla richiusa cominciò ad aprire con circospezione quella del vestibolo, ché la sua personale guerra al popolo delle mosche iniziava con l’inizio del lavoro.

Tre  guerrieri guidati da Vladimiro entrarono prontamente dalla fessura, volandogli attorno alla testa.
In un attimo Destino armò la mano e l’elastico giallo sfavillò, tragico e micidiale come una spada.
Due guerrieri furono falciati in volo, il terzo vedendo Vladimiro nel mirino di Destino tentò di volargli sugli occhi… una manata e poi la notte delle mosche.
Al ché tutti i guerrieri entrarono e a loro volta puntarono il volto di Destino che istintivamente, lasciato cadere l’elastico si protesse schiacciandone a decine.
Altrettanto istintivamente cacciò un urlo e Roberta, sopraggiunta velocemente, vide mosche dappertutto… ma, stranamente… la sua attenzione fu catturata dall’elastico giallo a terra… l’aveva visto innumerevoli volte all’opera nelle mani di Destino e senza pensarci lo raccolse.

Tutte le mosche guerriere rimaste come rispondendo ad un segnale si raccolsero in un angolo in alto…

 Destino- … la porta adesso è chiusa… Roberta, dammi l’elastico…

 Roberta- Che ci vuoi fare..?

 Destino- Oh bella… far fuori una volta per tutte queste dannate mosche…
 
 Roberta- Scusa… ma mi fa un po’ schifo, eh…

Destino- Ma dai… e tutte le tue carte moschicide, trappole elettriche e spray tossici… che c’è di diverso, entrambi le vogliamo morte, no? E poi con l’elastico è istantaneo…

Roberta- C’è qualcosa di strano… perché se ne stanno tutte in quell’angolo?

Destino - Hanno subito delle belle perdite e cercano di stare distanti… ma Roberta non perdona …

Roberta - Che vuoi dire..? Perché non dovrei perdonare?

Destino- Ma non te… mi riferivo all’elastico…

Roberta- Hai dato il mio nome al tuo elastico..?

Destino- …ma no… non in quel senso, perché tu odi le mosche…

Roberta- Rispondi bene… hai dato il mio nome al tuo elastico imbrattato di mosche spiaccicate??

Destino- E va bene… e allora?

Roberta- Allora questa cosa non mi piace, potrei non ridartelo…

Destino- È  mio, lo rivoglio…

Roberta – Le mosche di chi sono, di chi le ammazza?

Destino- Le mosche sono mosche, chi se ne importa…

Roberta- Anche loro provano paura, l’istintiva paura della morte… che le coglie col mio nome… se lo rivolgessi verso di te… e ti colpissi?

Destino- Stai andando un po’ troppo oltre, mi pare…

Roberta- Adesso ricordo… ti ho già colpito… eravamo a scuola…

Destino- … quella era un’altra Roberta… ma come fai a saperlo?

Roberta- Me l’hai detto tu… l’hai scritto… e tutte queste mosche spiaccicate intenzionalmente, han creato karma…

Destino- Che ne sai tu del karma?

Roberta- Solo che i conti van pareggiati, le azioni neutralizzate con altre azioni… vuoi l’elastico?

Destino- Beh, non è più così importante… che dici… ci sarebbe un altro modo di sbarazzarci di queste mosche?

Roberta- Infatti… proviamo ad aprire la porta…


…e in un attimo tutte le mosche sfuggirono dall’inferno.





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