caffè con panna - l'unione del cielo e della terra


Caffè con panna 


In questa pagina il racconto completo man mano che viene scritto.
Buona lettura.


                               1)

Una persona uscendo da un caffè cade, batte la testa e muore.
Aveva consumato, dopo tanti anni, un caffè con panna. 



                  2)

-Buongiorno, desidera?

-Caffè lungo e croissant… e se permette vorrei farle qualche domanda,  grazie.

- Va bene, non ho niente da fare adesso, chieda pure.

- Riguarda un fatto accaduto qui l’anno scorso, un uomo dopo aver consumato un caffè, uscendo è caduto…

- Purtroppo ha sbattuto la testa e non c’è stato niente da fare, lo ricordo bene quel brutto giorno… lo conosceva?

- Già, brutto giorno ... no, non lo conoscevo, ma ho conosciuto il medico che ha stilato il certificato di morte, mi ha detto che quell’uomo in un certo senso è morto due volte…

- Cioè?

- Franco, il suo nome, era allergico alla panna ed è caduto a causa del grave shock anafilattico in atto, non fosse morto per il danno cerebrale della botta lo sarebbe stato per quello, il medico ha detto che non si è potuta individuare con certezza la prevalenza di uno dei due eventi.

- Accidenti! Non la sapevo… immagino che Franco sapesse della sua allergia, ma sediamoci a quel tavolino.

- Ah… non speravo d’aver notizie, quindi...

- Beh, Franco è venuto qui  forse una ventina di volte in tutto, all’inizio ogni tanto e verso la fine tutti i giorni. Quando un cliente s’affeziona non lo si scorda più, almeno per me. 
Ma solo l’ultima volta ha consumato un caffè a cui ha fatto aggiungere la panna, mentre di solito prendeva del thè o succhi di frutta. In qualche occasione ci ho  parlato tra un ordine e l’altro… era una persona particolare che aveva girato il mondo e studiato molto, ma prima di ritornare a quel giorno, può dirmi il motivo del suo interesse?

- Più di un motivo… ma quello principale è che la mia compagna è stata per diversi anni la moglie di Franco quand’erano  giovani. 
Pur se ne sono trascorsi una ventina da allora ne aveva conservato un buon ricordo e sapere della sua morte, in quelle circostanze, l’ha scioccata… proprio durante il loro rapporto sopravvenne l’intolleranza al lattosio, abbondante nella panna…

- Che coincidenze… ma abbiamo bisogno di molto più tempo, devo tornare al lavoro, vuole che ci vediamo nel mio giorno di riposo, venerdì?

- Oh, mi scusi… sì mi va bene, dove?

- Beh, Franco amava il mare, che ne dice di una passeggiata mattutina, signor…

- … Gianni, sì, buona idea…

- Andrea, per tutti il barista… allora a venerdì.





                                                3)

- Buongiorno Andrea, una bella mattina oggi, soleggiata e con un leggero vento secco, l’ideale per passeggiare… grazie ancora.

-  Grazie a lei… a te se permetti, pur avendolo frequentato solo per poco tempo Franco mi ha lasciato un segno e credimi il tuo interesse non è maggiore del mio.

- Ah… così avremo modo di condividere quanto sappiamo. Io sono il solo a non averlo conosciuto di persona, quel che so proviene da Marie, l’ex moglie oggi mia compagna.

- Franco era strano… per questo non mi sono meravigliato più di tanto alle informazioni della volta scorsa… te ne racconto subito una così cominci a fartene un’idea: questa è la mia prima passeggiata al mare di quest’anno, vediamo se indovini quale è stata la precedente…

- … forse con Franco?

- Già, l’anno scorso, il giorno prima del… non so come chiamarlo, diciamo incidente. Mi sa che sono strane anche le persone che hanno conosciuto o si interessano a Franco. 
Abbiamo camminato per un bel po' quel giorno e devo dire che poche volte ho provato il senso d’amicizia che mi trasmetteva quell’uomo, proprio non lo credevo possibile, alla mia età e refrattario ai sentimentalismi. E sai di cosa abbiamo parlato quella volta? Della vita e soprattutto della morte… immagino quel che vuoi chiedermi, sulla panna, vero?

- Già, come sono andate le cose?

- Ci sono più modi e diverse sfumature nel riportare un fatto… dopo le informazioni che mi hai riferito il quadro che mi ero fatto si è dissolto; pur se c’era qualche  indizio credevo che la caduta di Franco fosse accidentale, una mera sfortuna… e invece parrebbe dovuta alla reazione allergica. Nel raccontarti gli eventi per il momento mi attengo ai fatti…


- … buongiorno Franco, ti siedi?

- no… è piacevole sentire d’aver la terra sotto i piedi che ti sostiene. E poi il mio tavolino preferito è occupato, par un segno, no?

- beh, un barista la conosce bene la terra sotto i piedi, per tutto il giorno. Ma guarda, proprio adesso si sta liberando… allora è un segno anche questo?

- eh, segno scaccia segno… va bene, mi siedo, tanto più che devo terminare uno scritto e in piedi son meno concentrato, forza dell’abitudine.

- cosa prendi?

- oggi ho più tempo, metterò alla prova la tua centrifuga e la qualità della frutta, c’è da fidarsi?

- Franco, (ridendo) che affronto! Io la frutta la prendo biologica che ci puoi mangiar anche le bucce e la faccio pagar come l’altra. Ci guadagno poco… ma i clienti ritornano, eccome! 
Adesso per rimediare alla figuraccia accetti che te la offro io, ok?

- ok, Andrea… scherzavo, naturalmente, so quanto sei bravo e onesto. Allora mi siedo, attendi un poco prima di portarla, grazie.


- Dopo essersi seduto ha preso dalla borsa un foglio e una penna. L’ho visto subito assorto e mi son detto d’aspettare fin quando si sarebbe preso una pausa, tanto bastano un paio di minuti per fare un centrifugato.
Quella sensazione d’amicizia di cui ti parlavo… quel giorno era al massimo grado, quasi mi sentivo responsabile della tranquillità di Franco, così ogni tanto senza darlo a vedere lo sbirciavo.
Come fosse un gioco mi ero figurato di servirlo proprio nel momento in cui  fosse stato pronto per consumare… una ricerca della sincronia, se vogliamo. Così mi sono accorto che Franco ogni tanto guardava fuori della vetrata, verso la strada, forse per ritrovare il filo con quanto stava scrivendo, anche se  mi dava più l’impressione che attendesse di veder comparire qualcuno o qualcosa…

- Si era fatto degli amici qui, oltre a te?

- Beh, in qualche occasione l’ho visto scambiar qualche parola, non direi proprio amici quanto persone incontrate occasionalmente con cui ci si saluta e finisce lì o poco oltre. 
Una la conoscevo un po' e sì, forse tra loro c’è stato uno scambio più profondo… tra l’altro, dopo l’incidente… 

- … non è più ritornata qui, vero?

- Come lo sai?

 - Oh, no, non lo so… seguo una sensazione, una sorta di intuizione. A volte c’azzecco.

- Già, devi esser ben strano anche tu… che fai nella vita?

- Cosa facevo, ora sono in pensione… bibliotecario, mestiere in estinzione.

- Accidenti, ne saprai di libri, io purtroppo ben poco.

- Beh, non sono uno studioso, nel tempo ho approfondito alcuni argomenti che mi interessavano, poi il mio lavoro era di classificazione, avresti potuto farlo anche tu, attento e preciso come sei. Quindi, tornando a quel giorno…

- … sono convinto ci fosse un collegamento tra quanto scriveva e l’interesse per l’esterno, poi a causa di un cliente difficile sono stato impegnato per qualche minuto e l’ho visto rientrar dalla porta senza averlo visto uscire. Qualcosa deve esser successo là fuori perché si  avvicinò al banco dove stavo servendo…

- Andrea, hai già preparato il mio centrifugato?

- accidenti Franco, lo faccio subito… non ti ho visto uscire, tutto bene?

- sì, avevo bisogno di una boccata d’aria e adesso desidero cambiar ordinazione, meglio una bevanda calda, un caffè…

- va bene, te lo porto subito.

- quando vuoi… com’è la panna?

- com’è? Montata dalla macchina che pulisco accuratamente ogni giorno, buona se intendevi quello.

- c’è lo zucchero?

- ah… io sono della scuola che non ne aggiunge, lo zucchero copre il gusto proprio della panna e la mia è di gran qualità… lo so che ci perdo, la gente è troppo abituata al dolce ma non ci posso far niente… gustarmi un caffè con panna è anche per me uno dei momenti preferiti!

– ah, sei un esperto anche in questo…

–  … immodestamente direi di conoscere bene l’argomento… ma che mi ricordi tu non l’hai mai presa, dev’essere una giornata speciale per farlo!

–  hai colto nel segno, proprio poco fa ho concluso una faccenda che avevo in sospeso da tanto tempo… attendevo una persona e quando l’ho scorta dalla vetrata sono uscito per incontrarla, stavolta è bastato un minuto per sistemare un problema di anni…

–  caspita, son contento per te! Quindi festeggi… lo farò con te, caffè con panna per entrambi!

–  e già, proprio così, festeggio…


–  Adesso rammento la tua espressione della volta scorsa, quando ti dissi dell’intolleranza alla panna di Franco…

–   Ricordi bene… è stato come un pugno sullo stomaco, non volevo mostrarlo, almeno in quell’occasione, ma non si può comandar a tutti i muscoli del corpo e qualcosa hai colto. 
In un secondo mi sono passati davanti agli occhi come nella sequenza di un film gli eventi degli ultimi minuti trascorsi con Franco. Tutto ha preso una luce diversa e quelli che erano piccoli particolari risaltavano come fossero illuminati… dunque sapeva a cosa andava incontro…

– Non vedo alternative più plausibili… lo stesso per me i tuoi ricordi d’allora mi sgomentano, non volevo ancora credere ad un gesto premeditato. Quando mi son deciso a venir qui speravo di non ricavar più di tanto, giusto un “non ricordo bene” e la possibilità d’una sbadataggine. Sarebbe stata la cosa più semplice anche da riferire a Marie, sono davvero in difficoltà, non posso cambiar i fatti, mentirei…

–  Già, come non posso farlo per me, adesso si è aperta una porta…

–  … e non resta che entrarci, no? Che possibilità abbiamo di scoprire cosa ha portato Franco a quella decisione?

–  Beh, tu cosa sai di lui, intendo dai ricordi di Marie?

–  Appunto, ricordi di vent’anni fa… non si sono più rivisti né sentiti, lei ritornò in Francia dove l’ho incontrata e adesso soggiorniamo tra Francia e Italia.




4)

–  Vent'anni sono tanti… cosa potrebbe essere rimasto del Franco di allora in quello che ho conosciuto io?

–  Sono dieci anni che io Marie stiamo assieme, quello che si dice un rapporto tra persone mature, pur se lei ha qualche anno meno di me. Sin dal principio abbiamo evitato di parlare del nostro passato, andava bene così ad entrambi.
Un giorno Marie si alzò che era ancora notte e al mio risveglio la trovai seduta in cucina. 
Stavo per chiederle se avesse qualche problema quando mi accorsi della sua espressione, provo ancora un leggero brivido al ricordo…

–  … sono faccende personali, sicuro di volerle condividere?

–  … obbligato, ormai… la Marie di quella mattina non era la persona che conoscevo, ancora in vestaglia mi rivolse uno sguardo come se fossi un’immagine proiettata e non esistessi realmente, come dire, era da un’altra parte, la sua coscienza era altrove…. senza dir nulla mi sedetti su una sedia abbastanza discosto, cercando di capire se ci fosse un problema fisico in atto.
Nella mano sinistra appoggiata al tavolo teneva un bicchier d’acqua mezzo vuoto che un paio di volte ha tintinnato, a causa del tremore che ogni tanto la scuoteva. 
Dopo una decina di minuti che a me parvero un’eternità d’improvviso sentii che era ritornata in sé, mi girai verso di lei che posò il bicchiere e si passò la mano tra i capelli spettinati. 
Mi fissò dicendomi di punto in bianco che voleva parlarmi di Franco, il suo ex marito di cui non sapevo neppure esistesse…

–  accidenti Gianni, e quando accadde?

–  giusto un anno fa, il giorno successivo la morte di Franco…


–  Gianni, devo dirti una cosa che mi è accaduta, stanotte…

–  Marie, non c’è fretta, con calma…

–  no, preferisco farlo subito… pare un sogno ma non lo è… Franco, il mio ex marito è morto, ne sono assolutamente certa. Io e Franco siamo stati sposati per un paio d’anni in gioventù, vent’anni fa (correzione NdR). È arrivato il tempo di parlartene, se vorrai ascoltare…

–  è arrivato il tempo d’ascoltare, di far scorrere il passato nella nostra vita… come  sai che Franco è morto..?

–  stanotte mi sono svegliata, almeno credo d’essermi svegliata… avevo la sensazione ci fosse un chiarore ai piedi del letto, dalla mia parte. Qualcosa mi ha spinto ad alzarmi ma ancora impastata dal sonno non ci ho dato bada, quasi senza rendermene conto mi son ritrovata qui in cucina, al buio, con un bicchiere d’acqua in mano…


        “ciao Marie… dopo tutto questo tempo son venuto per la visita che ti promisi, ricordi?”

        “Franco, sei davvero tu… come fai ad esser qui?”

        “semplice, ho chiesto l’indirizzo di quella bella ragazza bionda che rideva alle mie battute e me l’hanno dato, permesso accordato, c’era una promessa da mantenere…”

        “sì, ricordo della promessa… come stai?”

        “sto bene Marie, sono riuscito a completare le cose a cui tenevo e adesso posso dire di aver trovato il senso della mia vita… tutto è andato a posto.”

        “… ah, ne sono davvero contenta… ma ci sono rimasta davvero male, è stato molto più doloroso di quanto immaginassi, forse ho sbagliato, abbiamo sbagliato entrambi a lasciarci?”

        “no Marie, è stata la scelta giusta… andava sempre peggio, c’erano altri destini che ci attendevano…”

        “ora sto con Gianni, è davvero gentile con me…”

        “e credimi ti vuole un gran bene, non avresti potuto avere di meglio.”

        “come lo sai?”

        “lo so guardando te, ti ha completata… quel che non avrei potuto far io, lui è il compagno del tuo cuore ed io l’amico della tua anima. Per questo sono qui ora, per dirti che anche per te ogni cosa andrà a posto.”

        “non ci rivedremo più, vero..?”

        “oh, no… ci vedremo sempre invece, in un altro modo… in una differente realtà.”

        “ma non è come questa?”

        “come quale? Ce ne sono molte… e viviamo in tutte.”



–  come va adesso, Marie?

–  … non è stato un sogno, almeno non il tipo di sogni che accadono normalmente. Franco è venuto a comunicarmi la sua morte, ne sono sicura, quando ne avrò notizia vedrai che proprio ieri era il giorno… non sto bene, mi par d’esser in più luoghi allo stesso tempo, frastornata…

–  devo dirlo… potrebbe esser accaduto qualcosa di… neurologico, forse sarebbe il caso d’indagare…

–  lo farò, certo, ma ciò non toglie l’esperienza avuta… che mi ha costretto a riaprire una importante pagina del mio passato. È proprio vero, nulla si perde del tutto… ma che paradosso, Franco è riapparso per dirmi d’esser sparito, da questo mondo!

–  da quanto mi hai raccontato c’è molto di più… posso farti qualche domanda?

–  sì, mi aiuterebbe a metter ordine, a tornar con i piedi per terra.

–  dicevi che dopo d’esserti alzata ti sei ritrovata qui, con un bicchiere d’acqua in mano… e dopo, qui, hai avuto la visione di Franco?

–  no, prima…

–  prima, quand’eri ancora a letto?  

–  neppure, ora mi rendo conto che è avvenuto nel tragitto dalla camera a qui, in cucina…

–  ah… ma sono pochi metri, il dialogo con Franco sembra ben più lungo del tempo per percorrerli. Comunque sia, vi siete “parlati” mentre camminavi?

–  … ora rammento! Ero ancora a letto quando forse in un sogno ho avuto la sensazione di qualcuno che mi chiamava… ed ho risposto che non potevo, non ero pronta, c’era troppo buio… la voce ha detto di non preoccuparsi, che andava bene, era il momento giusto e avrebbe fatto luce… ecco, quella era la luce ai piedi del letto!
Non ero ancora sveglia quando mi sono alzata, la luce mi ha guidato sino alla porta della camera, l’ho aperta… ed è comparso Franco! Sai, amava passeggiare… ne abbiamo fatte al nostro tempo, è stato il nostro miglior tempo, passeggiare… mi son ritrovata a farlo nuovamente, con lui… tra la camera e la cucina, ma…

–  … ma da quel che hai detto non si svolgeva in “questa” realtà… meglio, due differenti realtà si sovrapponevano… ed anche il tempo non scorreva come al solito.

–  sì, hai compreso perfettamente!

–  poi sei arrivata qui dove ti ho trovato… c’era ancora Franco con te?

–  … no, mi ha accompagnato fin qui, mi ha salutato e detto di sedermi e aspettare, che poi saresti arrivato a prenderti cura di me e… c’è dell’altro… ma non sono pronta a dirlo, abbi pazienza, è stato troppo forte…

–  sì, scusa… adesso devi assolutamente riposarti.


–  accidenti che storia… e siamo appena all’inizio. Gianni, ma dove sei alloggiato?

–  oh, in una pensioncina a poca strada dal tuo bar, un posto tranquillo.

 che programmi hai, cioè, quanto resti?

–  beh, a questo punto i miei piani son saltati… pensavo di cavarmela velocemente ma se anche a te va bene possiamo incontrarci nei prossimi giorni per finire  di scambiarci le informazioni.

–  a me va benissimo… che ne diresti di venire qualche giorno a casa mia, avremo più tempo e tranquillità per parlare.

–  ma… disturberei e poi tu lavori, mica come me.

–  sì, e guarda l’orologio, son già passate due ore… non abbiamo tutto il tempo che crediamo, no?

–  vero, mi sa che accetto… ad una condizione.

–  che accetto a mia volta, quale?

–  di pagar le consumazioni al tuo bar, che frequenterò assiduamente!

–  Gianni, ricordi quando ti parlavo della sensazione d’amicizia con Franco..?

–   … pensavo la stessa cosa…


                                          .................




5)


Andrea viveva al piano superiore del suo casolare in periferia, restaurato quanto bastava per usufruire di servizi moderni e lasciato per lo più vuoto, salvo il grande soggiorno-cucina ed un paio di stanze da letto. 

Al piano terra l’unico ampio spazio di quella che fu una stalla, adibito a laboratorio-magazzino, era stipato di ogni sorta d’oggetti: macchinari, utensili, ferramenta e legnami vari ed una gran quantità di scatoloni, accatastati contro le pareti, la maggior parte chiusi ed altri semiaperti nei quali si intravedevano i più disparati materiali.

Metà del casolare l’aveva affittato per un prezzo simbolico ad una famiglia di moldavi parecchio numerosa che ricambiava coltivando il terreno della proprietà per le loro necessità e quelle di  Andrea, garantendo oltre a verdura e frutta di stagione anche una presenza costante in quel luogo isolato. 
Spesso c’era un bell’andirivieni di parenti che non mancavano mai di esprimere la loro riconoscenza, Andrea poteva contare su di loro per qualsiasi cosa…

Due cani setter inglesi e numerosi gatti controllavano gli arrivi non usuali, gli uni abbaiando e gli altri… rifugiandosi nel grande laboratorio. 
Andrea aveva una passione per gli uccelli, in particolare quelli di piccola taglia, ed uno dei suoi passatempi preferiti consisteva nel rifornire di semi le mangiatoie a loro dedicate, nonché di predisporre al tempo giusto un paio di casette per la nidificazione delle cincie (cinciallegre), il suo uccellino preferito. 
Pur condizionando le abitudini di quelli che sono animali selvatici - non essendo un etologo e neppure uno studioso ma solo un estimatore della loro bellezza ed abilità aerea – lo reputava un compromesso accettabile, considerato che gli spazi naturali diminuivano costantemente. 
  
Forse perché l’aria non era affatto il suo elemento – lo temeva tanto da non aver mai preso un aereo – adorava il volo di chi se lo poteva permettere per nascita e non sopportava chi li confinava in gabbie, tanto più se piccole, costretti a zampettar come galline senza poter distendere le ali.

All’arrivo di Gianni gran parte della sera venne dedicata alla perlustrazione di quella sorta di oasi  e Andrea, sapendo riconoscere l’interesse di facciata dal genuino, trovò nel nuovo amico un interlocutore attento e curioso.

–  ma quelli non sono canarini? – chiese Gianni, indicando una grande voliera su ruote e contemporaneamente assumendo un’espressione perplessa.

sì, una coppia di canarini, giusto un mese fa Matei, uno dei ragazzini moldavi, ne vide uno vicino alle mangiatoie. 
Forse era scappato da poco, volava poco e male non avendo sviluppato i muscoli e i gatti - lo so, ma qui è pieno di topi di grossa taglia e non si può rinunciare al loro istinto – non gli avrebbero lasciato scampo. Matei riuscì a farlo volare dentro il magazzino e chiudere la porta.

Bel problema per me... all’inizio pensavo di rintracciare il proprietario, magari mettendo una foto sui pali elettrici, per liberarmi dell’ex prigioniero ormai incapace di sopravvivere in un ambiente naturale. 
Nel frattempo l’avevo messo in una gabbia abbastanza grande e il maledetto s’è rivelato un maschio, iniziando a gorgheggiare come solo i canarini sanno fare… beh, non c’era fretta, intanto si ristabiliva. 
Poveretto, così solo m’ha fatto pena, gli ho procurato una compagna (vedi come vanno d’accordo?) e la voliera su ruote più grande che ho trovato… sempre gabbia rimane ma i canarini se possono volano dritto, non sono uccelli da torri. 

Ho accettato quello che non avrei mai creduto, tenere uccelli in gabbia, ma ho il progetto di recintare un grande spazio, con alberi e arbusti per offrirlo a picchio - il nome del mio canarino - e alla sua discendenza. Romantico, eh?

ma no, gli animali ci danno tanto ed è giusto contraccambiare nei modi possibili, io stesso sostengo un ospizio per gatti abbandonati.

bene, sono contento che mi capisci. Ma adesso entriamo che ti mostro la tua stanza e se ti va ci prepariamo una cena con le verdure dell’orto e frutta appena colta, niente surgelati…

…………………


Dopo cena, seduti sulle comode poltrone, mentre dalle finestre aperte giungevano i primi richiami degli uccelli notturni ed il vociare dei bambini moldavi che s’attardavano ai loro giochi all’aperto, ripresero la conversazione su Franco.

 qualche giorno dopo il sogno, Marie ricevette la comunicazione della morte di Franco da un suo cugino – disse Gianni – il giorno era quello, non ne dubitava lei e neppur io che rimasi impressionato dal collegamento tra mondi che non dovrebbero comunicare tra loro.

 normalmente è così ma ogni tanto, un po' a tutti, accadono episodi difficilmente spiegabili, strane sensazioni e incredibili coincidenze. Io stesso ne ho una discreta collezione, ci son più cose in cielo ed in terra…  afferma l’Amleto di Shakespeare.

 sì, credo che in ogni famiglia accadano episodi insoliti se non proprio eventi straordinari, così non mi ha del tutto sorpreso la direzione che ha preso la mia ricerca.

 già, anch’io non riuscivo a convincermi che la cosa fosse tutta lì, un banale colpo fatale che si porta via un uomo come Franco, anche se la casualità è sempre in agguato e ogni giorno porta a casa il suo bottino. 
Puoi dirmi qualcos’altro riguardo la sua intolleranza?

 sai che succede quando uno fa la domanda giusta, quella che per rispondere non basta star sulla porta e cavarsela velocemente?

 che strane parole… cosa intendi dire?

 l’intolleranza è stata solo uno degli eventi che hanno contribuito a far separare Franco e Marie, al punto in cui siamo giunti non sarebbe né onesto né prova d’amicizia da parte mia aprire quella porta senza farti entrare nella stanza che contiene l’intera situazione. 
È una faccenda delicata poiché coinvolge Marie ma credo di poter contare sulla tua discrezione.

 capisco, puoi starne sicuro.

 grazie, mettiti comodo perché è una storia che inizia da lontano…


Marie e Franco sentirono subito che l’affinità tra loro era una buona base su cui costruire un serio rapporto, senza perderci troppo tempo. 
Si sposarono e per un paio d’anni tutto procedette bene, sin quando non accadde qualcosa al fratello di Marie.

I due fratelli vivevano entrambi nella grande casa paterna che dopo la morte dei genitori avevano fatto ristrutturare in due appartamenti con entrate separate: in quello superiore dotato di una bella terrazza viveva il fratello Gerard e al pianterreno, circondato da un grande giardino, Marie, la sorella gemella.

I loro genitori, avanti negli anni e ormai rassegnati a non aver quella gioia, si affidarono ad un ultimo tentativo che miracolosamente ebbe successo, addirittura con un duplice parto. 
  
Purtroppo Gerard fin da piccolo manifestò dei seri problemi fisici e uno strano comportamento, una sorta di paura nei riguardi delle persone che lo portò ad isolarsi senza tuttavia risentirne, potendo contare su una cospicua eredità e sul più che solido ed intimo rapporto con la sorella, come spesso accade ai gemelli.

L’arrivo di Franco fu sorprendentemente gradito a Gerard che trovò in lui l’amico fidato con cui condividere i suoi interessi un po' insoliti, di studioso collezionista. 
Per realizzarli Gerard molti anni prima aveva stabilito un sodalizio con una persona che diversamente da lui poteva viaggiare, ma stranamente non volle mai condividere con la sorella la sua attività, divenuta lo scopo della vita. 

Marie, che gli avrebbe dato volentieri ben più di una mano, ci rimase male e Franco l’aiutò a farsene una ragione ed apprezzare questo lato personale e segreto del fratello, al punto che si riferiva alla persona scelta come al “Socio”, senza mai proferirne il nome.

Per i primi due anni le cose andarono bene e più volte la settimana tutti loro cenavano assieme e addirittura in un’occasione si recarono ad una mostra d’oggetti d’antiquariato. 
Marie ricorda quei tempi come i più belli della sua vita e forse di tutti loro.

Un giorno Marie s’accorse di una strana espressione in Franco, proprio perché cercò di nasconderla, al ritorno dall’appartamento di Gerard. 
Interrogato ammise d’essere preoccupato per lui e che non voleva impensierirla a sua volta. 
Sembra ci fosse di mezzo un oggetto a causa del quale si era incrinato il rapporto con il socio, forse per il valore o qualche altro motivo. 
Fatto sta che da quel giorno la salute di Gerard peggiorò a vista d’occhio e ancor più preoccupante fu la richiesta a Maria di non andare a trovarlo sinché non si fosse rimesso.

In breve tempo la disputa di Gerard col socio assunse toni drammatici e in ultima Franco dovette intervenire, impedendogli l’accesso all’appartamento. 
Marie, allarmata dall’intensità degli eventi suonò alla casa del fratello e non avendo risposta entrò, trovandolo in una stanza buia dietro un pesante paravento, in preda ad una crisi epilettica devastante. Ricoverato d’urgenza morì la mattina seguente. 
  
La notte stessa mentre si trovavano tutti all’ospedale l’appartamento di Gerard venne scassinato e messo talmente a soqquadro che pareva fosse passato un uragano… la maggior parte degli oggetti, anche di considerevole valore, apparivano sventrati, quasi a ricercarne un contenuto nascosto all’interno. 

A causa del numero, delle condizioni e del fatto che solo Gerard li conoscesse, non si poteva neppur dire se e cosa fosse stato asportato, comunque non denaro visto che non ne teneva in casa.

Lo shock della perdita del fratello e la profanazione di quello che era tutto il suo mondo fu tale che Franco dovette portare via Marie a forza. 
Andarono in qualche posto esotico, il più distante possibile. 
E purtroppo fu anche peggio, poiché al ritorno Franco accusò i sintomi di una grave infezione o chissà che altro. 
Dopo mesi di cure non era più lo stesso uomo, ritrovandosi intollerante al lattosio e costretto all’assunzione continua di un farmaco particolare per rallentare il grave problema renale che si instaurò. 
Uno dei seri effetti collaterali della cura ne compromise la sfera intima.

Pur se nel frattempo Marie si era abbastanza ripresa e si prodigasse nell’assisterlo, Franco non riuscì ad accettare la sua nuova condizione e la loro relazione peggiorò di giorno in giorno. 

Provò a trasferirsi nell’appartamento di Gerard dove tuttavia i problemi fisici si aggravarono, così decise di allontanarsi definitivamente.  

Fu una decisione molto sofferta da parte di entrambi ma che si rivelò l’unica praticabile, Franco via da lì scrisse un’unica volta dicendo d’essersi  ripreso e Marie col tempo ritrovò un po' di serenità. 
Manca da dire che l’intolleranza al lattosio fosse uno dei problemi che fin da piccolo afflissero anche Gerard… questa, in breve, la triste storia.



6)

–  … non ho parole, Gianni, per le prove e la sofferenza che hanno patito queste persone, di cui l’intolleranza al lattosio appare come la ciliegina avvelenata su una torta – la loro vita - andata a male.

Adesso capisco perché Franco, nell’ultima passeggiata in mia compagnia, parlando della morte non la ritenesse poi la cosa peggiore. 
Chi subisce tali dolori e tragedie difficilmente ritorna alla vita normale, ma Franco mi ha sempre dato l’impressione di avere e perseguire uno scopo, che oserei dire “degno”, dal quale traeva la forza – e l’ironia – per  andare avanti.

Si capiva che era sofferente, dai movimenti misurati e dalle profonde rughe che ne mostravano l’intensità sul volto. 
Durante la passeggiata Franco mi accennò alla sua passione per le “cose vecchie”, come diceva, presumo si riferisse all’antiquariato e a Gerard del quale però non mi ha parlato esplicitamente… forse era lui quella cara persona cui accennò, capace di dedicare la propria vita per proteggerne un’altra, prendendola quale esempio che nel suo piccolo cercava di seguire… anche se parrebbe più il ruolo assunto da Marie.

 sì, Marie ha fatto sempre più del possibile per lui, ma bisogna dire che Gerard ha evitato in ogni modo d’esserle di peso e fu felice di sapere del suo matrimonio che avrebbe potuto allontanarla, anche se non accadde. 
Ora rammento che Marie disse di aver ricevuto una strana risposta da Franco riguardo il fratello. 
Alla sua riflessione su come Gerard avesse sprecato una parte della propria vita, mentre avrebbe potuto farsi aiutare, lui rispose: “Marie, le cose non sono sempre come appaiono… vediamo quello che la luce illumina ma molto nasce e procede nell’ombra…”  

 “… è più difficile combattere nell’ombra perché smorza i confini. Devi perdere qualcosa, diventar cieco, se vuoi avere una possibilità…” sono altre parole di Franco quel giorno, non ti pare siano collegate?

 direi di sì, Andrea…

 questo ci porta ad un punto fin qui poco considerato, di cosa si interessava Gerard?

 beh, antiquariato, vecchie civiltà, libri ammuffiti…

 certo, ma soprattutto oggetti, vecchi oggetti di chissà quale provenienza… hai visto il mio magazzino, no? Io preferisco chiamarlo laboratorio… è stracolmo di ogni sorta d’oggetti ma anche se non ho mai privilegiato quelli vecchi riconosco che le loro forme, i materiali e la fattura rispondevano a scopi precisi. 
L’approssimazione - se presente - è ininfluente allo scopo stesso. Gianni, sai qual è la cosa che più mi ha colpito di tutta la storia che mi hai raccontato?

 temo sbaglierei… considerata la differente angolatura con cui osservi le cose.

 penso anch’io, altrimenti l’avresti maggiormente evidenziata: cosa cercavano nella casa di Gerard la notte della sua morte? 
Qualcosa di così importante e forse di un valore superiore a quello già alto degli oggetti presenti, scarnificati e distrutti perché ritenuti in grado di occultarlo. Ti pare una cosa da poco?

 no, certamente… a dir la verità ne avevo parlato con Marie ma lei non da molta importanza alle cose “materiali”.

 infatti Gerard non ha voluto o potuto condividere con lei la sua passione proprio per quelle: “nelle relazioni poco viene lasciato al caso, anche se può sembrare diversamente” mi disse Franco, durante la nostra passeggiata.

 è una frase generica, non si può dire fosse riferita ai due fratelli… non ti pare strano che non ti abbia parlato di entrambi?

 non penso sia stata una questione di tempo, quanto piuttosto che avesse “scelto” gli eventi della sua vita da condividere con me. 
Ricordi quando ti parlai della sensazione d’amicizia che provavo in sua compagnia? 
Una cosa del tutto inusuale per me, eppure semplice da vivere, come due amici che si ritrovano e riprendono un discorso lasciato in sospeso. 
È filata via liscia, senza uno “stacco”, difficile da spiegare, come se Franco, una persona come lui, facesse già parte del mio modo di vedere le cose, di “stare” con le cose e le persone. 
Ecco, come riprendere a leggere un libro non terminato, un po' di ruggine all’inizio ma poi tutto torna, la storia riprende a srotolarsi. 
Vista in questo modo non mi ha detto quello che non era ancora maturo… lo è diventato una volta conosciuto te e la narrazione è ripresa con un nuovo capitolo, questo di adesso…

 ah, interessante… quasi noi leggessimo, vivendoli, i capitoli di una storia già scritta, no?

 sì, filosofia… eterni ritorni, o anche spiritualità e metafisica… se ti va ogni tanto ne possiamo parlare,  adesso la nostra storia non si può che continuarla e ormai comprende  anche la tua compagna, divenuta il fulcro di tutta la vicenda, non ti sembra?

 indubbiamente,  l’ho già informata degli ultimi sviluppi – non potrei tenerli solo per me – e… accidenti alle tue sensazioni, un po' mi hai condizionato… non mi è parsa troppo sorpresa… se proprio lo vuoi sapere mi pareva che si aspettasse qualcosa.

 magari potrebbe condividere parte delle sue memorie… le mie domande sarebbero assai diverse dalle tue, in altre direzioni… il quadro si arricchirebbe di dettagli ora sfuocati. Che dici?

 che è plausibile e logico, gliene parlerò domani e sentiremo la risposta. Ora  permettimi di chiedere… perché fai tutto questo? Sicuramente per  l’amicizia con Franco, ma dopo aver condiviso quanto sai e suggerito delle direzioni… perché proporsi per un viaggio con me e Marie che – lei tramite mio – appena conosci? 

 intanto grazie per chiederglielo, ti rispondo con un’altra domanda, anche se non si dovrebbe… potreste farlo da soli questo viaggio? Quando sei partito in cerca di informazioni non hai cercato chi potesse dartele, di persona?

 nel modo in cui l’intendi non potremmo far molta strada da soli… hai ragione, quando ti ho trovato mi sono reso conto che cercavo una persona che avesse le informazioni, non solo quelle…

 dalla mia parte la stessa cosa, probabilmente attendevo qualcuno che avesse conosciuto Franco e mi riportasse alla sensazione che provavo stando con lui, poi certamente informazioni, motivi, cose pratiche… cose che  mi sono congeniali. Come vedi è reciproco ed equilibrato, in più…

 in più?

 beh, si riformerebbe un trio…

 cioè, tu al posto di Franco?

 oh no, quello è il tuo posto, io a quello di Gerard… è lui la chiave di tutto… a proposito, del suo appartamento che cosa ne è stato fatto?

 venne ripulito, gli oggetti riposti nella stanza più grande e chiuso, Marie non lo cederà per nessun motivo.

 è rimasto chiuso da quando Franco se n’è andato?

 sì, salvo una volta all’anno quando Marie lo riapre per commemorare il fratello.

 e non ha mai temuto altri furti o incursioni?

 difficile avvengano, da subito Maria ha fatto installare un sistema d’allarme perennemente collegato con un’agenzia di sorveglianza e blindato porte e finestre.

 quindi praticamente è rimasto nelle condizioni di allora… e gli oggetti rotti?

 anche quelli inscatolati, riposti assieme a quelli rimasti integri.

 tu ci sei entrato, immagino.

 non ci crederai… solo due volte, l’ultima dopo la conferma della morte di Franco, ti confesso che solo la vista dell’appartamento mi innervosisce e all’interno mi sono sentito a disagio... tanto da esserci rimasto il minimo possibile.

 ci credo sì… gli spazi chiusi e gli oggetti mantengono le impressioni, se non di più, di chi li ha realizzati, quelle dei loro proprietari e, con intensità diverse, di chiunque ne abbia avuto a che fare… tu ci credi a questo?

 forse non come te ma direi di sì, infatti mi ero azzardato a proporre di eliminare  la divisione nei due appartamenti, riportando la villa alle condizioni originarie, forse per rompere l’incantesimo di un tempo bloccato che ritenevo l’origine del mio disagio.  Marie, di cui vedevo la contrarietà, tuttavia mi ha lasciato esporre il progetto e alla fine mi ha chiesto: in quale stanza collocheremo gli oggetti di Gerard?

 scommetto che nel tuo progetto te ne saresti liberato, vero?

 eh già… lì ho capito che sono principalmente gli oggetti la causa del disagio. Tutto sommato meglio tenerli chiusi al sicuro dove stanno…

 dove non possono scappare..?

 non vedo come possano… ma che intendi?

 una delle mie sensazioni, mi perdonerai spero… per caso, hai sognato qualcuno di quegli oggetti?

 … come diavolo fai a saperlo?

 te l’ho detto, intuizione se vuoi. Quando ti ho guidato nella visita della mia casa non hai prestato la minima attenzione al luogo che per me è il più importante, il cuore di questo posto, il laboratorio. Non è normale, almeno un briciolo di curiosità per le centinaia di scatoloni e i tanti materiali…  qualcosa ti dev’essere accaduto a causa di qualche oggetto, dico bene?

 Andrea… sei il barista più anomalo che conosca, mi sa che nel caso un altro lavoro lo troveresti senza difficoltà… sì, dici bene, ma ne parleremo un’altra volta, ok?

 ok, non è importante… almeno per adesso.


7)





La tranquillità della notte fu rotta dall’ululare lungo e continuo dei due setter inglesi. Vennero accese le potenti lampade che illuminarono a giorno il perimetro del casolare mentre  Andrea e Gianni scesero nell’aia, dov’erano già arrivati Dimitri, Alexandru e Maxim, i maschi maggiorenni della famiglia. 
Alexandru, esperto cacciatore di cinghiali, aveva con sè il fucile.

 ancora stanotte! È terza volta in dieci giorni che quello gira qui intorno  – disse Dimitri rivolto ad Andrea – ma oggi è venuto tanto vicino. Boss (il nomignolo affibbiato ad Andrea nonostante le sue resistenze)  guarda quanto agitati i cani!

 ah, la terza volta… le altre due dormivo? – rispose Andrea

 no boss, sei tornato tardi, quello venuto prima, più distante e cani hanno solo abbaiato ma oggi strani, sembra spaventati…

 sì, quando ululano in quel modo è per paura o dolore – disse Andrea, e rivolto a Alexandru – forse dei grossi cinghiali?

 tuoi cani non hanno paura di cinghiali, recinzione tiene lontano… io guardato le altre volte, non c’era segni di animali.

 Dimitri, perché hai detto “quello”, pensi che sia un uomo?

 boss… quello è intelligente, controlla come rispondiamo, quanto tempo ci vuole... là dove strada sale, con binocolo può vedere qui… io dico tiriamo un colpo di fucile là in alto, ok boss?

Pur restio ad usare le armi Andrea dette il consenso e Alexandru sparò il colpo di là, verso il cielo. I cani, cambiando il loro atteggiamento in combattivo, stavolta abbaiarono con forza puntando nella direzione dello sparo, sentendosi all’interno di un branco che stava reagendo alla minaccia.

Intanto erano scese anche le donne e i bambini a cui i maschi raccontarono l’accaduto. Con loro due erano in undici, di cui uno armato, più due cani… se davvero come suggerì Dimitri li stavano osservando, dovevano rendersi conto che, quali che fossero i loro scopi, entrare nella proprietà per realizzarli avrebbe comportato un serio rischio. 
C’erano bambini e donne che andavano tutelati e Andrea permise lo sparo per rassicurarli che gli adulti stavano all’erta. 

Risolta in tal modo la faccenda, si rivolse a Gianni che aveva fin lì trascurato. Vedendolo turbato pensò che fosse a causa del  ritrovarsi in un assembramento di persone, in piena notte, a fronteggiare un eventuale pericolo, addirittura sparando. 

Pur se gli dispiacque per l’inevitabile coinvolgimento – l’avesse immaginato non l’avrebbe invitato e in merito si propose di chiedere a Dimitri di informarlo in futuro  di ogni evento riguardasse la casa e gli occupanti -  tuttavia ritenne di aver deciso correttamente. Gianni appariva strano ed era meglio ci dormisse sopra, così lo salutò in fretta sulle scale mentre lui rimase nel laboratorio.

Ma Gianni non riuscì a dormirci sopra granché, quella notte. 
Non per l’accaduto ma per la sincronia che si realizzò. 
Quando riuscì a chiuder occhio…

… stava correndo a più non posso, incespicando sui rami caduti e spesso sprofondando sin mezza gamba nelle innumerevoli pozze d’acqua che non poteva evitare a causa della scarsa visibilità, per non rallentare cambiando direzione. 
Col cuore in gola continuava a gridare:  “… non sono la preda, non sono la preda… vi sbagliate!”. 

Cade, si rialza e smarrisce la direzione… ma l’angoscia lo porta ad insistere su quella sbagliata, ritrovandosi in un intrico di vegetazione che lo rallenta sin quasi a fermarlo.
Un groppo in gola, un affanno, ne smorza  la voce  facendogli emettere suoni scomposti, disarticolati e indistinguibili… così che nella voce e nel comportamento si ritrova ad essere quello che proclama non sia, una preda impaurita che fugge in cerca della salvezza…

Il rumore di una schioppettata fa zittire di botto i richiami mattutini degli uccelli impegnati a dissolvere il regno del silenzio. Una sensazione di bruciore sulla gamba, l’istintivo portar la mano e ritrarla al vederla grondante di sangue mobilita le ultime energie che si tramutano in un urlo straziante: “Aiuto! Aiuto! Aiutatemi…”

Si svegliò, madido di sudore, con ancora un pezzo di quell’urlo in gola, la mano involontariamente serrata sulla vecchia, profonda cicatrice alla gamba destra. 
La coscienza lo riportò al presente, al luogo dove si trovava, mentre ancora si infrapponeva qualche fotogramma del sogno mescolato con i ricordi della vita reale. 
Sentendo bussare alla porta, rispose…

 … sì, tutto bene… scusami, un brutto sogno ricorrente…

 ah… posso entrare? – chiesa Andrea che aveva sentito le grida disperate sulla preda, i gemiti strozzati e l’ultima richiesta d’aiuto. Capì che si trattava di un incubo e dei peggiori, quelli che costringono a patire sino alla conclusione. 

 beh… ma sarà tardi… sì, certo.

 Gianni, mi dispiace, avrei dovuto evitarti le emozioni di stanotte ma non mi avevano informato dei precedenti episodi. Forse non ti avrei invitato o almeno potevo avvisarti…

  Andrea, non sono state quelle le emozioni… che vuoi che sia, ne ho passati di momenti brutti che al confronto questo pareva un gioco. La vera emozione è il modo in cui  stanno andando le cose… un momento prima del lamento dei cani parlavamo degli oggetti e ancora non mi capacito come hai potuto indovinare che avessi sognato proprio uno degli oggetti di Gerard: si tratta di una statuetta bronzea dell’ottocento raffigurante un cacciatore col fucile imbracciato… nella stessa identica posa di Alexandru quando scendemmo nell’aia.

Fin qui una coincidenza… ma quell’oggetto mi ossessiona ed è principalmente a causa sua che avevo proposto a Marie di ristrutturare la villa e liberarci della collezione di Gerard. 
Ti ringrazio d’essere venuto, vuol dire che è il momento – non avrei mai creduto così presto! – di rivelartene il motivo, guarda qui…

Con una mano alzò la gamba destra del pigiama e Andrea che non se l’aspettava rimase impressionato. 
Al posto di gran parte dei muscoli del polpaccio c’era un’enorme cicatrice che ricopriva a malapena la grande placcatura impiegata per riallineare i frammenti di tibia e perone. 
Un intervento al limite delle possibilità tecniche e biologiche di allora che era riuscito a conservare una sufficiente irrorazione sanguigna permettendo una discreta mobilità.

 ti anticipo la domanda… è stato il colpo di un cacciatore delinquente che impiegava  pallottole a frammentazione, un miracolo aver potuto riattaccare i resti della gamba e poterla usare. 

Mio padre era un appassionato della caccia e pretendeva che lo seguissi anche se a me schifava, avevo appena compiuto quattordici anni… ce ne sono voluti tre di interventi e cure per uscire dall’incubo… che talora si ripresenta, come questa notte. 

In quel maledetto giorno avevo il compito di scattare le foto e nell’ultima che presi, poco prima che iniziasse la battuta di caccia, mio padre imbracciava il fucile nella stessa identica posa della statuetta…

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