caffè con panna - l'unione del cielo e della terra
Aveva consumato, dopo tanti anni, un caffè con panna.
3 - Franco
La mattina seguente di buon’ora
Gianni accompagnò Andrea al bar, occupando il tavolino preferito da Franco.
La sincronicità sfociata
nell’incubo notturno l’aveva profondamente scosso e qualcosa d’indefinito ancora aleggiava sopra il flusso dei pensieri
contrastanti che si ricorrevano l’un l’altro nella sua mente, a cui cercava di
porre ordine.
Come si dissolve un sogno al
mattino così accadeva a quel qualcosa,
cui fece in tempo a rivolgere l’attenzione e quello a procurargli la sensazione
di trovarsi in uno dei capitoli della narrazione
di cui parlavano la sera prima.
Se lo fossimo davvero – pensò – non
ci sarebbe modo di conoscerlo, come un personaggio di un racconto non può aver
coscienza se non di quanto contempla il suo ruolo. Tuttavia ritenne ci fosse
una possibilità per una tale suggestione: se
leggere il copione quasi allo stesso
tempo degli eventi fosse insito nella narrazione. Perché accada è
necessario uno sfasamento temporale, un piccolo anticipo della lettura sull’evento,
come per i fenomeni di premonizione.
Le ritenne considerazioni
interessanti, da portare avanti in futuro, al presente si ricordò che Andrea
accennò a una persona, eclissatasi dopo la tragedia, con cui Franco si
relazionò diverse volte.
Intanto nel bar i clienti occasionali presero il posto
degli assidui, a badarci bastava il suo assistente e Andrea ne approfittò per si
sedersi al tavolo con Gianni… servendo per entrambi un caffè con panna.
G –
la persona con cui Franco parlava, avevi detto di conoscerla un po', chi
era?
A –
la conoscevo come cliente, un uomo anziano ma ancora in forma… non ci
siamo presentati e ne ignoro il nome, Franco non me ne accennò mai e io per
rispetto non chiesi.
Ciò che posso dirti sono
osservazioni da distante, hai fatto bene a riprendere l’argomento, ultimamente
ci ho riflettuto a lungo e ne ho tratto degli spunti interessanti.
Il primo, come ti dissi, riguarda
la coincidenza tra la tragedia e la fine della sua frequentazione del bar; quella
persona venne qui qualche volta dopo l’arrivo
di Franco per incontrarlo… cercando di non farsi troppo notare.
Ma l’ultima volta non venne o non
fece in tempo… oppure era lui la persona che Franco incontrò uscendo dal bar e
poi rientrandovi.
G – sicuramente avevano degli
interessi comuni per comportarsi così… riandiamo a quel giorno, ti ricordi
l’arrivo di Franco?
A – certo, come tutte le volte
che veniva…
G – e ti pareva come tutte le
volte..?
A – qui mi è difficile
rispondere obbiettivamente, a causa dell’emozione che ha colorato le mie
percezioni… diciamo che quanto ti dirò potrebbe non essere del tutto
attendibile, all’80 %, per dire un numero.
No, diversamente dalle altre, quel
giorno mi ha trasmesso una sensazione d’incertezza e dopo che mi hai detto
dell’intolleranza adesso sono certo che non sia stata una decisione improvvisa
ma premeditata. È arrivato al bar già sapendo che sarebbe stata l’ultima volta…
con un sorriso aveva detto che festeggiava…
quando ci penso rabbrividisco.
Nel suo cinema interno Andrea lo
rivide sorseggiare quella che sapeva esser la sua cicuta… come Socrate accettando
il proprio destino.
Gianni, notando l’emozione di
Andrea, pensò a quanto quella persona, Franco, avesse cambiato l’esistenza di
chi aveva incontrato o di chi ne venne a conoscere la storia, tutte quelle vite
ora apparivano collegate, ognuna portando il proprio contenuto come i capitoli di
un libro che li contiene tutti.
Sino a quel momento Gianni aveva
vissuto delle storie, alcune tremendamente
intense e importanti, ma erano storie personali o al più coinvolgevano gli
affetti vicini. Come capitoli che iniziavano e terminavano, senza pensare che
potessero essere parti di una Storia maggiore, la cui realtà, leggera come una
piuma, si insinuava in quella quotidiana, dove ogni storia sorge, tramonta e si
gira pagina, senza mai scorgere la copertina del libro, così da sentirsi finalmente
appagati per averne fatto parte. Dicendo al bibliotecario che lo andrà a
riporre: mi hai consigliato bene, una
bella storia davvero…
A – … tutto bene?
G – eh..? Sì, stavo seguendo
il filo di alcuni pensieri e mi son distratto, dicevi?
A – quando?
G – come quando? Un attimo fa,
la cicuta…
A – più o meno ricordi
l’argomento… ma ci sono due cose che non tornano, la prima che sono trascorsi dieci
minuti.
G – dieci minuti? Non è
possibile, mica dormivo!
A – infatti non dormivi, a un
certo punto guardando fuori dalla vetrata sei rimasto immobile e con gli occhi aperti, sino a poco
fa che hai ripreso a muover le mani… se non ci credi tocca la tua tazza, io prima
la riscaldo e metto il caffè bollente, aggiungendo la panna solo all’ultimo.
G – è appena tiepida… davvero
sono passati dieci minuti?
A – sì, ma dopo una brutta
notte come quella che hai trascorso non c’è da meravigliarsi di qualche blackout, piuttosto…
G– la seconda cosa..?
A – io non ti ho parlato della
cicuta… ho terminato dicendo che Franco festeggiava
e internamente mi si è formata l’immagine di Franco-Socrate e l’analogia
caffè-cicuta… proprio in quel momento diciamo che ti sei assentato…
G – cioè, io ho visto quello
che stavi immaginando?
A – cosa c’è di tanto strano?
Con le parole e la musica accade spesso, mentre ad esempio i dejà vu riguardano le immagini. Sono
casi rari, considerati di scarso valore, bizzarrie… ma non trovi che lascino un
gusto particolare, indefinibile, quando
accadono?
G – indefinito… era la parola che mi girava in testa quando siamo
arrivati! Andrea, non è che coltivi qualcosa di strano nel tuo orto che è
andato a finire nella cena di ieri? – disse ridendo.
A – dovrei chiederlo ai miei
amici moldavi… se ne occupano loro e non ne conosco ancora le tradizioni –
rispose ridendo a sua volta.
G – mi avevi detto che Franco
quel giorno si mise a scrivere… su un foglio?
A – di questo ne sono sicuro,
un foglio che ha preso dalla borsa, assieme alla penna.
G – la borsa com’era?
A – grigio chiaro, bella e
capiente, anche un pc da 16 pollici ci sarebbe stato comodo ma da come la
manovrava non credo pesasse molto.
G – quando è uscito la prima
volta l’ha portata con sé?
A – sì, al ritorno la teneva con una mano e l’ha appoggiata sulla sedia davanti al bancone, mentre lui è rimasto in piedi a bere il caffè. Finito il caffè la riprese,estrasse una busta e me la dette... non te l'avevo ancora detto…
G – ah… ne riparliamo, quindi uscì con la borsa?
A – sì e una decina di metri
oltre l’insegna del mio bar, svoltato l’angolo cadde, adesso credo che cercò di
evitarmi problemi… l’ambulanza ci ha messo solo pochi minuti ad arrivare. Ho
capito cos’è successo quando delle
persone sono corse dentro il bar a chiedere dell’acqua, avvisando
dell’incidente. Sono state loro a chiamare subito l’ambulanza, quando sono
uscito era appena arrivata e lo stavano trattando, forse ipotizzando un
infarto.
G – la borsa… l’aveva presa qualcuno
del personale medico?
A – per tutto il poco tempo
che è rimasta l’ambulanza non l’ho vista né pensato minimamente di chiedere chi
l’avesse presa. Probabilmente sarà stata consegnata alla segreteria
dell’ospedale e poiché deceduto avranno avvisato i parenti…
G – Franco aveva un cugino, la persona che poi ci ha informati.
Quando Marie gli chiese se gli avessero consegnato qualche effetto personale di
Franco rispose il solo portafoglio con i documenti che teneva nella tasca
interna della giacca. Nient’altro. Della borsa lo so solo adesso da te e se non
è stata consegnata al cugino che andò per le formalità… dev’essere ancora
all’ospedale, per quanto strano potrebbe esserci stata una svista…
A – beh, questa la possiamo
risolvere velocemente, anche da qui poiché conosco alcuni amministrativi là
dentro.
Dopo varie telefonate e attese,
intervallate da sporadiche apparizioni di Andrea dietro il bancone, mentre il suo assistente
dava segni d’impazienza per dover fare tutto da solo con il flusso dei clienti
in aumento, arrivò la risposta definitiva: nessuno prese e consegnò la borsa di
quell’uomo al personale dell’ospedale.
G – quindi c’era qualcuno là
fuori ad attendere Franco che se ne accorse e rientrò al bar per… farla finita.
Qualcuno che gli prese la borsa quando cadde. Se Franco aveva previsto gli
eventi è improbabile che contenesse qualcosa d’importante… poteva averlo già
affidato all’amico che guarda caso
quel giorno non venne.
A - unendo queste informazioni a
quelle che mi hai raccontato degli ultimi tempi di Gerard credo che si possa
delineare un quadro della situazione: darei per assodato che la distruzione a
casa di Gerard sia opera del socio, certo con dei complici vista l’efficacia,
se così si può dire, del suo intervento. Se a distanza di vent’anni la faccenda
è ancora aperta, significa che non ha trovato nell’appartamento quello che
cercava. Gerard si aspettava qualcosa di estremo e deve aver occultato l’oggetto
in un posto sicuro, forse conosciuto da Franco. Dopo il viaggio all’estero
Franco non ebbe tregua e non solo per motivi di salute e intimi si spostò
nell’appartamento del cognato, così da tenere fuori Marie dalla faccenda. La
pressione del socio dev’essere stata asfissiante, attendeva solo il momento
giusto per costringere Franco a consegnargli l’oggetto ma lui l’anticipò decidendo
di sparire… forse portandolo con sé…
G –
in quel periodo Marie era al limite… non avrebbe potuto sopportare altri
eventi devastanti e ti debbo dire che da allora ha dei seri problemi di salute.
Se come dici, Franco si è allontanato in quel modo per salvaguardarla, portandosi
via il “malloppo” e facendo perdere le tracce, ciò ha evitato la possibile
rivalsa su di lei da parte del socio...
A –
e si arriva all’anno scorso. In qualche modo il socio è riuscito a
localizzare Franco qui, in questa cittadina. Forse solo in ultima si è accorto
d’essere stato individuato e probabilmente pedinato. Il socio certamente aveva
un complice altrimenti Franco, abituato a guardarsi le spalle, avrebbe potuto
riconoscerlo. Del perché Franco e l’amico si siano dati appuntamento qui non ne
abbiamo idea, ma assieme lavoravano a un progetto, questa la mia sensazione.
Quando hanno realizzato di essere sotto controllo hanno dovuto pensare a come
mettersi in salvo. Oltretutto non conoscevano il complice…
G – il socio aveva un enorme
vantaggio…
A – che si poteva contrastare
solo... ricordi le parole di Franco “…
è più difficile combattere nell’ombra
perché smorza i confini. Devi perdere qualcosa, diventar cieco, se vuoi avere
una possibilità…”?
G – sì, quelle che ti disse
durante la vostra ultima passeggiata…
A – ha anche detto che non sempre la morte è la cosa peggiore…
G – … pensi che questo fosse
uno dei motivi per cui ha scelto di morire?
A – … forse per dare la
possibilità all’amico di mettersi in salvo… portando con sé l’oggetto…
G – beh, di questo non possiamo essere certi… potrebbero
averlo preso…
A – no, è riuscito a scappare,
sicuro…
G – come puoi dirlo… hai
qualche informazione che mi manca?
A – no, le stesse tue…
G – allora hai più fantasia di
me… spiegami.
A – ieri notte è successo
quel che sappiamo… ti dice niente, solo una fatalità?
G –
credi che sia collegato con Franco?
A –
sei arrivato in questa città, senza viaggiare in incognito, conversi e
in più ti trasferisci dal barista che hanno visto diventare amico di Franco… da
qui al pensare che “l’oggetto” e l’amico siano collegati a noi il passo è
breve.
G –
credi che siamo controllati?
A –
non io, l’ha detto Dimitri, c’è da fidarsi, ha intuito…
G –
accidenti, brutta storia…
A –
davvero, una brutta storia in cerca di una buona soluzione… faremo tutto
il possibile, giusto?
G – d’accordo, cosa consigli di fare?
A – adesso, subito… devi trovare un posto sicuro per
Marie…
G – dici sul serio… che sia in
pericolo?
A – Gianni, attraverso lei siamo
ricattabili…
G – ok, telefono immediatamente…
………...................……
9 - Marie
Gianni disse a Marie delle ipotesi
riguardo la presenza del socio, della sottrazione della borsa e dei movimenti
attorno alla casa dov’era ospitato, sottolineando l’urgenza di un suo veloce
allontanamento. Quasi se lo aspettasse Marie non avanzò dubbi né riserve,
prospettando di recarsi da Anne, la sua più cara amica che da tempo desiderava
rivedere, in Savoia, al confine tra Francia e Italia. Altresì espresse
l’interesse di conoscere Andrea e iniziare quel viaggio nella memoria che aveva prospettato.
Dopo la telefonata, Gianni si prese
un’ora per una passeggiata sul lungomare durante la quale si ritrovò spesso a
osservare le persone che incontrava, figurandosi che tra loro potesse esserci
il socio o i complici che seguivano i suoi spostamenti.
Pensò che se fosse rimasto in
Francia con Marie, senza dare corso al tentativo di saperne qualcosa in più
sulle circostanze della morte di Franco, forse non sarebbe accaduto nulla e non
si sarebbe ritrovato quell’apprensione che ormai si era stabilita nella sua
coscienza. Pur se fu Marie, a distanza di un anno dal sogno-visione a
suggerirgli l’indagine, c’era un motivo più importante che lo spinse ad agire.
Dalla morte del fratello in lei si aggravarono dei disturbi di cui già soffriva
e seppur dissimulasse Gianni ne aveva notato la progressione, allarmandosi
quando in seguito a esami approfonditi fu individuata la causa nel cuore. Il
responso li lasciò interdetti ma ulteriori esami confermarono che l’età
biologica del cuore non corrispondeva a quella anagrafica. Avesse avuto ottant’anni
sarebbe stato accettabile, non poco oltre i quaranta. Quali fossero le cause era
inutile girarci attorno… il cuore di Marie era un motore consumato in un’auto ben
tenuta, dove ogni anno contava per due.
Poiché i problemi fisici si intensificavano
ogniqualvolta entrava nell’appartamento del fratello ne divenne chiaro il
collegamento, chissà a quale livello. Psicosomatico o di altro tipo Gianni dovette
proibirle l’accesso, concedendogli solo un paio di minuti in occasione
dell’anniversario della morte di Gerard, per una commemorazione.
Era alla continua ricerca di qualche
rimedio per la sua amata, da qualunque direzione potesse provenire e avrebbe
dato la vita per aiutarla e proteggerla, come Franco che nel sogno-visione, riferendosi a
loro due disse: lui è il compagno del tuo
cuore ed io l’amico della tua anima.
Perché una persona si ritrova ad
avere due guardiani del genere? Per un solo motivo, perché ha qualcosa di
speciale…
Marie parlò con Gianni attraverso internet
e allo stesso modo chiamò la sua amica Anne in Savoia, dicendole che sarebbe
partita subito per andare a trovarla. Erano ormai tre anni che ne posticipava
la visita ma gli ultimi eventi e l’apprensione di Gianni, che nell’occasione
della telefonata non riuscì a nascondere, la convinsero di non attendere ulteriormente.
Il cuore che reggeva sempre meno
agli sforzi, quello il motivo dei rinvii, mentre il tempo per recuperare le
forze aumentava. Prima o poi, nonostante le sue accortezze, Gianni si sarebbe reso
conto che le condizioni reali non erano quelle recitate e Marie non avrebbe potuto opporsi al completo naufragio
della sua salute, che le avrebbe tolto la preziosa indipendenza rimastale.
Anne aveva una decina d’anni meno dell’amica e la frequentava ancora prima del suo matrimonio con Franco, sapeva come stavano le cose e non poteva credere alle sue orecchie.
L’iniziale
felicità – era la sua sola amica e viceversa – fu presto sostituita dal timore
che Marie avesse deciso prima di non
poterlo più fare e propose d’essere lei a farle visita, ben sapendo che avrebbe
comportato un’altrettanta se non maggiore
difficoltà.
Anne parlava perfettamente
l’italiano, appreso dalla madre e l’usava indifferentemente assieme al francese
nel rivolgersi a suo figlio Jean, un bimbo di sei anni affetto da una forma
autistica, forse collegata o derivata da un difetto genetico, che ne precludeva
gli spostamenti, costringendolo a vivere in un ambiente protetto ed evitare i
contatti con l’esterno. Così dopo il parto Anne non si mosse più dalla sua
villetta, vicina a una clinica specializzata. Il compagno d’indole viaggiatrice
non riuscendo a sopportare la clausura riprese la vita di un tempo, trovando un’altra
persona ad accompagnarlo. L’adeguato sostegno economico fu il massimo che riuscì
a fare per quella che fu la sua famiglia e Jean, da che ebbe coscienza, non
vide mai il padre.
Marie si commosse della
disponibilità dell’amica, l’avrebbe fatto davvero, affidando per la prima volta Jean ai genitori, per un paio di giorni. A causa dell’impatto emotivo
di una seppure temporanea separazione sul bambino, Marie avrebbe potuto accettarlo
solo per un ultimo saluto, ma
fortunatamente poteva ancora disporre della propria vita e dopo tanto tempo si
sentì stranamente sollevata. Ci voleva proprio, pensò, e nel preparare il
minimo bagaglio - aveva la stessa taglia di Anne e come in passato avrebbe
usufruito del suo guardaroba - realizzò che erano ormai due anni che anch’essa non
lasciava casa, dall’ultimo viaggio in Italia con Gianni quando vendette il suo
appartamento ormai inutilizzato.
Stava per chiamare un taxi quando ricordò
che di lì a un mese cadeva l’anniversario della morte di Gerard… l’unica
occasione nella quale riapriva l’appartamento per il tempo di una breve commemorazione.
A questo punto poteva succedere di
tutto… decise di anticipare, fece la combinazione per escludere l’allarme e con
un po' di apprensione aprì la porta blindata. Esitò prima di entrare, era sola,
se le fosse accaduto qualcosa poteva compromettere tutto e c’erano troppe
persone coinvolte. Così il semplice saluto accompagnato dal ricordo più bello
del fratello, quando con Franco fecero l’unico viaggio alla mostra d’antiquariato,
lo fece lì, sull’uscio in penombra.
Ma questa volta accadde che
l’immagine che aveva ben imparato a rievocare si stagliò nella sua mente con
una tale definizione che, sbalordita, riaprì gli occhi ritrovandosela ancora
davanti… e scorse in quella qualcosa che fino a quel momento non aveva mai
notato: la camicia un po' aperta di Gerard lasciava intravedere qualcosa che
portava al collo, un semplice spago cui era attaccato un oggetto lungo e stretto. Incredula, le venne istintivamente d’allungare una mano verso l’immagine ormai in dissolvimento, sfiorandone
con un dito gli evanescenti confini.
Avvertì una leggerissima scossa
d’energia che si irradiò in tutto il suo corpo, un pizzicore gentile che si
concluse sul suo petto, permettendole di trarre un respiro ampio e profondo,
come quelli d’un tempo. Sentì di poter entrare e velocemente, senza sceglierlo,
prese un libricino dal ripiano dove avevano riposti i pochi, forse a causa delle dimensioni, sopravissuti allo scempio.
Uscendo, con gli occhi umidi disse tra sé: … sei sempre con me, Gerard, grazie.
Fatto sta che fuori da lì si sentì
meglio, con il cuore che le risparmiò l’usuale sensazione d’incertezza sulla
capacità e forza del battito successivo. Non dubitò che quanto stava accadendo
seguisse la direzione rivelatale da Franco verso la fine del sogno-visione:
… attendi un anno per cercarmi… quando mi avrai trovato le cose
accadranno da sole… riprenderai a vivere e vedrai grandi cose, abbi fiducia
Queste parole non le aveva riferite
a Gianni per non alimentare aspettative che poi… ma al termine di quell’anno
stimolò nel compagno il desiderio d’indagare. Quel giorno c’era una bella luce
nel volto di Marie ed egli avrebbe fatto qualunque cosa per conservarla.
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10 - La fuga
Molto prima dell’alba del giorno
seguente i due amici si ritrovarono in cucina per un caffè e Gianni, nel
riportare all’amico il contenuto della telefonata a Marie, riferì
dell’interesse manifestato a proposito del “viaggio” propostole da Andrea. Come
se avesse pronunciato la parola magica
A - devo assolutamente andare…
G – beh, è ancora troppo presto per
il bar… comunque se me lo permetti ti accompagno…
A – non si tratta di aprire il bar…
e non puoi accompagnarmi, potrebbe essere pericoloso ma soprattutto non
riusciresti a starmi dietro. Ho pochissimo tempo… scrivi qui l’indirizzo, il
numero di telefono di Marie e informala della mia visita…
G - … ma davvero vuoi andare da
Marie, in Savoia?
A – sì, devo riuscire ad
allontanarmi da qui senza che mi vedano… sono certo che ci controllano anche di
notte e tra poco, men che meno domani, non avrò più alcuna possibilità di
fregarli… (mentre parlava riponeva nello zainetto qualche effetto personale, i
documenti, un vecchio telefono che non usava da anni e il foglietto col
recapito di Marie). Fra un’ora uscirà Ludmila, è sempre la prima… aspetta
che entri dai cani così che non ti veda nessuno… dille di andare col suo
furgone ai vecchi lavatoi, sarò lì ad aspettarla. Devo correre, solo chi vive
qui conosce il sentiero sulla collina, ci vogliono due ore ma devo farcela in
un’ora e mezza… nello scrittoio in camera mia c’è la busta che mi dette Franco,
aprila e… ciao!
Andrea salutò velocemente Gianni
che ancora non aveva realizzato del tutto la situazione, necessitava di tempi
lunghi per farlo… tempi da bibliotecario, mentre quelli di Andrea erano tempi
d’azione. Lo vide scomparire nel buio fitto e tra il rattristato e lo
sconcertato risalì le scale per tornare in camera; con il pensiero di trovarsi
ancora in un sogno e che a breve si sarebbe svegliato incespicò sui vecchi
gradini in legno massiccio… aveva ragione, sarebbe stato un peso.
Andrea faticò a ritrovare il
sentiero ormai incolto e abbandonato, erano anni che non praticava regolarmente
l’esercizio fisico e quell’ora e mezzo si riferiva ad allora. Così che quando
Ludmila lo vide sbucare dalla boscaglia, dieci minuti oltre il previsto, prese
uno spavento tanto era sudato, graffiato e spossato. Ma ancora le forze gli
permisero di salire a bordo e sollecitare la partenza immediata, dicendole solo dove andare. Si accasciò sul
sedile per riprendersi e Ludmila non fece alcuna domanda… recuperando con la
sua guida sicura e veloce il ritardo, alla fine addirittura anticipando di quei
dieci minuti l’arrivo, un’ora dopo.
A – grazie di non avermi chiesto
niente… e di guidare meglio di me, sei un fenomeno! A tuo marito Dimitri digli
che mi hai aiutato… non dire niente a nessun altro, mi raccomando…
L –
non c’è di ringraziare, tu hai problemi e noi aiutiamo, tu fatto tante
volte per noi… dici guido bene?
A – certo, lo ricorderò quando ho
bisogno! Sono arrivato, ferma qui… ciao e grazie ancora.
L – ciao e… auguri per problemi!
Andrea con un treno arrivò a Genova, ritirò l’auto noleggiata
e si fermò a pranzo in un centro commerciale dove acquistò dei capi di
vestiario. Poi si mise in contatto con Marie, da poco arrivata a casa di Anne.
A – sono Andrea…
M - Gianni mi ha chiesto di darti del tu… ma l’avrei fatto
comunque, come stai?
A – bene, grazie… beh, senza neppure conoscerci ho preso
questa decisione e…
M – non occorrono spiegazioni, mi rendo perfettamente conto della
gravità della situazione… ti sono grata per l’aiuto che spero di ricambiare. A
che ora pensi di poter arrivare?
A – (convenevoli
essenziali – pensò - e subito sul punto) – verso le 19, il tempo di
prendere una stanza d’albergo e…
M - … la casa di Anne, la mia amica, ha una incantevole
dependance nel giardino… e lei cucina benissimo, ha già preparato le pietanze
per la cena, per festeggiarmi dopo anni che non ci siamo potute incontrare.
L’ho informata dell’ospitalità che hai offerto a Gianni e ci terrebbe tanto ad
avere per ospite un suo amico. Potresti farlo tu il caffè… lei e suo figlio
sono ghiotti di panna e ne ha una introvabile, da un amico allevatore che la
gliela riserva apposta… ci sarai, vero?
A - … non ho l’abito da sera…
M - … noi si mangia in pigiama e pantofole, ce n’è una
collezione, qui…
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11 - Amici
moldavi
Alle cinque del mattino, come anticipato da Andrea, Ludmila
entrò per governare i cani che l’accolsero festosi. Gianni la raggiunse dalla
porta interna, le disse dell’incarico e lei senza porre questioni terminò velocemente
quanto stava facendo. Dopo una decina di minuti il furgone uscì dalla rimessa ed
egli si recò nella stanza dell’amico.
Gianni estrasse il foglio dalla busta, su una faccia c’era un
disegno e sull’altra uno scritto.
Guardò per primo il disegno, data la semplicità certamente
eseguito da un bambino, di un uccello colorato in giallo che volava sopra una
casa, con le ali dispiegate.
Tuttavia un particolare attirava l’attenzione, quasi fosse il
punto di fuga di una prospettiva ignota: il capo dell’uccellino, di lato,
mostrava un solo occhio chiuso, con un forte – troppo forte – segno scuro per
marcare le ciglia serrate.
Le parole possono spiegare in molti modi un’immagine… ma non
ci penetrano, rimangono alla superficie perché non conoscono l’animo di quell’immagine, che
all’osservatore si mostra ma non si rivela.
Svelare è togliere
il velo… e la palpebra dell’uccellino – o dell’uomo - è metafora perfetta d’ogni velo.
Sorpreso dalla circostanza/coincidenza dell’arrivo del
canarino giallo a casa di Andrea, girò il foglio, dove la scrittura frettolosa
del breve messaggio trasmetteva un senso d’incertezza.
“Caro
amico, sono profondamente afflitto poiché credo che avrai serie difficoltà a
causa mia… diverse volte sono stato tentato di andarmene per non tradire la tua
fiducia, rinunciando allo scopo della mia vita. Ma non ho potuto farlo perché
in quello scopo ci sono persone che le hanno dato un senso e tu, l’ultima, sei
la più importante... se lo scopo sarà
raggiunto anche tu avrai una ricompensa che inonderà di senso la tua vita.
Vorrei, ma non posso dire di più. Il
tuo amico Franco.”
Cosa significava
quel messaggio – si chiese Gianni – che pareva anticipare gli eventi futuri, dalla sua morte fino ai critici problemi
attuali? E lo scopo, quale che fosse, non aveva intanto accumunato più persone,
quasi fossero legate da un destino condiviso? Alla fine la ricompensa che pareva
riguardare tutti, per Gianni poteva essere una sola… la salute di Marie, quello
il suo solo scopo, nulla gli
importava di più.
Ancora non riusciva ad allinearsi al ritmo degli eventi e la
decisione improvvisa, l’azione istintiva di Andrea lo aveva disorientato, non
aveva mai conosciuto nessuno che agisse in tal modo, senza nessun pensiero tra
il dire e il fare, senza dubbi di star facendo la cosa migliore. Il destino, il
braccio armato del tempo, ci mette costantemente alla prova e non di rado il
peso diviene insopportabile… eppure Franco, adesso Andrea e anche Marie l’hanno
guardato negli occhi accettando che plasmasse le loro vite. Come si ripromise
di fare a sua volta, commosso e grato di condividerlo con loro.
In sincronia col termine dei suoi pensieri partì l’allarme
armonioso della sveglia. Erano ormai le sei e venti, giusto l’ora quando Andrea
prendeva l’auto e si recava al bar, cosa che non avrebbe fatto quel giorno e
chissà quanti altri ancora… sicuramente avrebbe incaricato il suo aiutante –
che apriva l’esercizio - di chiamare un sostituto o trovare qualche altra
soluzione.
A Gianni non restava che attendere gli sviluppi della
situazione… che dopo un paio d’ore non mancarono di presentarsi, annunciate dal
ritorno del furgone che a velocità eccessiva, superata la recinzione rientrò
nella rimessa. Da lì in avanti i movimenti nella proprietà non seguirono il
consueto svolgimento, gli giungevano le voci di più persone che discutevano,
qualcuna con toni decisamente preoccupati. Osservando l’esterno dalla finestra
senza esser visto, dopo un po' notò che, quali che fossero i motivi
l’agitazione diminuiva, concludendosi con la partenza di un’auto e del furgone.
Mentre si chiedeva chi fosse partito e chi rimasto suonarono il campanello…
G – sì, arrivo subito… ah, buongiorno Ludmila e… Dimitri,
entrate prego.
D – buongiorno Gianni… Ludmila ha detto di questa mattina e
ti dice cosa successo…
L – sì, sono andata a lavatoi, non c’era macchine dietro.
Dopo dieci minuti è arrivato Andrea e ho portato alla stazione di treni, no
quella vicina, più lontana un’ora di strada. Ho lasciato lui e tornata indietro
per altra strada, come chiesto signor Andrea. Quando ho ripreso nostra strada
principale… sicura che auto nera aspettava e ha seguito me. Poi venuta vicino e
sono impaurita, due uomini dentro macchina potente. Ancora poco chilometri e
strada sale, se sorpassa mi blocca… ho aspettato ultimo incrocio e di colpo
girato, cambiato strada e scappata. Io conosco strade piccole, di terra… ho
corso forte e non mi ha preso… quando arrivata qui ho visto macchina nera
dietro che arriva ma poi andata via…
Se aveva ancora dubbi sulla gravità della faccenda, la
stretta allo stomaco nell’ascoltare il resoconto di Ludmila glieli tolse del
tutto, potendo quasi percepire la paura che la donna provò e l’adrenalina che
l’aveva salvata.
D – dico io adesso. Qui c’è mia famiglia io Natasha tre
bambini, Matej più grande 11 anni. C’è mio fratello vecchio, Veaceslav con moglie
Liliana e due ragazzi 8 e 13 anni. Anche Ludmila, sorella di Liliana e
Alexandru che diventa marito. Adesso c’è pericolo, sicuro che persone, non so
quante, vogliono fare qualcosa qui… io dico a te perché Andrea ha problemi e
non c’è… tu puoi decidere?
In quel momento Gianni non poteva permettersi iI consueto
tempo da bibliotecario poiché Dimitri si attendeva una risposta immediata, un
si o un no per decidere cosa fare per la sicurezza dei familiari, collegata a
quella di Gianni. Stranamente aveva la mente lucida e nonostante le emozioni –
o forse a causa di quelle – i pensieri e le incertezze che lo contraddistinguevano
e allungavano talora a dismisura il tempo necessario a prendere una decisione
erano sparite, un evento raro.
In quello stato (di grazia) pronunciò un sì, abbastanza deciso si direbbe, considerata la pacca sulle spalle
di Dimitri che lo fece traballare. Cosa implicasse quel sì diversamente dal
solito non lo preoccupava…
D – bene! Avevo detto a Ludmila che amico del boss decide,
lei non credeva! Qui rimasti solo noi tre, otto partiti con macchine e furgone…
c’è due uomini e Alexandru ha uno dei fucili, l’altro resta qui e io so usare
bene… tre uomini sono pochi, serve due sempre qui e altri tre che vanno con
donne e ragazzi quando guidano fuori. Adesso Ludmila telefona a Maxim e Nicola
cugini di Alexandru e dice di venire stare qui per un po'… d’accordo?
G – sì… (leggermente più incerto, ma tant’è… ormai era in
ballo), gli do la mia camera, io mi sistemo in salotto.
D – oh… grazie! - a
Ludmila non pareva vero che Gianni, uomo riservato e un po' timido tirasse fuori
quel carattere e disponibilità! - Tutto va posto allora… basta sorprese,
siamo preparati! Quando tornerà boss?
G - … deve incontrare delle persone importanti, penso qualche
giorno.
In realtà non ne aveva la più pallida idea… gli avvenimenti
si succedevano troppo in fretta per la sua capacità di elaborarli e prevederne
di futuri. Le misteriose persone che li controllavano avevano capito subito che
Andrea, non recandosi al bar, era riuscito a eluderli e non fosse stata per
l’abilità di Ludmila chissà sino a che punto sarebbero arrivati...
Si mise nei panni dei moldavi che si ritrovarono nel mezzo di
una questione che non li riguardava – un oggetto conteso – costringendoli a lottare (quale altra parola?) per la sicurezza delle loro donne e bambini…
Andrea avrebbe raggiunto Marie e questo lo confortava
parecchio, ma dopo?
……………………………………………………
Alle 19.30 Gianni – con
grande sollievo - seppe dell’arrivo di Andrea e delle discrete
condizioni di Marie, la cosa più importante. Quindi riferì all’amico gli eventi
accaduti…
G- … ho dovuto decidere, non c’era tempo, Maxim e Nicola sono
già nella camera e devo dire che tutta questa gente, contrariamente alla mia
indole, stavolta non mi disturba affatto… dimmi sinceramente se sei d’accordo
con quello che ho fatto.
A – in tutto, salvo una cosa…
G – (accidenti, pensò
Gianni… cosa ho sbagliato?) … sarebbe?
A – non andrai in salotto, non lo permetto a un mio ospite…
sistemati nella mia camera, la mia casa è la tua casa, su questo non discuto!
G – meno male, grazie, speriamo per poco…
A – per poco o per sempre… alla fine tutti lasceremo la
nostra stanza…
G – un buon momento per la filosofia, eh…
A – l’ho imparata in fretta… dal vivo e senza lezioni! Adesso
devo proprio andare… a scegliere le pantofole…
G – le pantofole?
A – già, qui si usa così… si cena in pigiama (quello ce l’ho!)
e pantofole… l’ha detto Marie!
G – Bucura-te de masa ta! – (divertito dal sens of humor della compagna e contento di sapere che
Andrea era loro ospite).
A - … che è?
G – buon appetito, in moldavo-rumeno… un po' di reciprocità linguistica, non credi?
A – direi proprio di si, io non l’avevo ancora pensato, bravo…
Dopo la necessaria conversazione con l’amico che data
l’importanza avvenne subito dopo l’arrivo di Andrea, nello studio e in presenza
di Marie a cui l’agire deciso e veloce di Andrea ricordavano quello di Franco,
realmente si misero in pantofole (la pulizia della casa era importante per
Jean). Tuttavia, considerati i vestiti appena acquistasti da Andrea si derogò
sul pigiama.
Altrettanto realmente, la cena preparata da Anne era degna
d’un ristorante a più stelle… e ancor di più quanto a qualità degli ingredienti.
Marie e Anne si commossero profondamente al rincontrarsi dopo
tutto quel tempo, rimanendo a lungo abbracciate, l’ultima fugace visita
risaliva a quando Jean aveva tre anni.
Gli ospiti erano rari a casa di Anne, ciò nonostante il bimbo
non si interessò a Marie (che ne fu po' delusa) e preferì starsene per suo
conto. In vista della cena Anne informò gli ospiti che Jean (rimasto sempre
nella sua stanza) nell’alimentarsi era un po' casual … quando/quanto/come/dove capitava. Disse di non
preoccuparsi del bambino, tuttavia pregandoli di non badarci se presentandosi avesse
preso qualcosa da qualche piatto, a caso… ovvio che sì, nessun problema per
Marie e Andrea.
Tutto andò per il meglio, ognuno riuscì a metter da parte i
propri problemi, dedicandosi a una conversazione leggera tra una portata e
l’altra.
Andrea – Anne, da addetto ai lavori sinceramente affermo che
hai un gran talento gastronomico… tutto era equilibrato, sale e spezie dosate
alla perfezione, gli abbinamenti del tutto azzeccati come la presentazione su
questa tavola addobbata con rose bianche intrecciate a rametti d’edera…
chapeau!
Marie – … condivido pienamente!
Andrea – notando il
leggero imbarazzo di Anne per i complimenti, si prese la scena, dopo aver avuto
conferma che la panna introvabile c’era davvero, Marie non mentiva mai!
Tocca a me dire qualcosa… venendo qui ho acquistato
dell’ottimo caffè, una miscela speciale per prepararne l’estratto adatto a sostenere il cielo – la panna - come un acrobata
il suo partner. Entrambi hanno il loro stile e talento, ma insieme… proprio
nella superficie che li separa e dove l’uno compenetra parzialmente l’altro si
realizza il fine alchemico della trasmutazione in oro… sbirciò il suo pubblico per capire se procedere o concludere. Ma Marie
e Anne, del tutto sorprese, pendevano dalle sue labbra per il finale della
storiella. Egli, alzandosi in piedi e ponendo il tovagliolo sul braccio
sinistro piegato ad angolo …
Bene, vedo che interessa… sull’aroma e gusto del caffè, come
prepararlo e servirlo sono state dette e continueranno a dirsi milioni
d’opinioni, invece pochissime riguardano la panna, come cenerentola una
servetta sfruttata, buona per tutto a cui far fare mille lavori… sinché anche
per lei arriva il momento giusto e…
con la coda
dell’occhio – abilità del barista – aveva notato aprirsi la porta (della
camera) che annunciava un nuovo avventore, Jean, il quale raggiunto il tavolo
andò a sedersi sulla sedia lasciata libera da Andrea, guardandolo come si
guarda il mago delle favole.
Con grande
difficoltà, grazie all’aiuto di Marie che la distrasse quel tanto… Anne riuscì
a trattenere la commozione, perché non era mai accaduto un fatto del genere, addirittura
un movimento spontaneo del bambino verso un estraneo! Andrea, incrociando lo sguardo di
Marie ne comprese l’inespressa richiesta: “ti prego per Anne… continua”. Annuì,
impegnandosi per tirarla più a lungo possibile…
… e ha l’occasione di andare a una bella festa… come questa,
con la mamma e gli amici e tanti fiori,
tante buone cose da mangiare. Ma questa volta la panna non accetterà di venire nascosta
dentro i cibi, per donare loro la sua morbidezza sposando gli altri
ingredienti… questa volta la panna vuole essere vista perché… ci sarà un
principe alla festa, un principe che sta cercando la compagna da sposare. Dopo
avere incontrato molte pretendenti è parecchio scoraggiato, teme che non
riuscirà a coronare il suo sogno della coppia perfetta. Spesso ci arrivava
vicino ma poi mancava sempre qualcosa, per fortuna un giorno trovò un vero
amico che lo aiutò, assistendolo durante… il ballo. Posso dirvi cosa successe
o… magari ripetere quel ballo fantastico, qui, sopra questo tavolo, in mezzo
alle rose… che dici, Jean, ti piacerebbe rivederlo?
mai il
bimbo rispose a qualsiasi domanda e ora Andrea, magicamente, ne aveva catturato
l’interesse. Anne e Marie trattennero il respiro, incredule di fronte al
miracolo. C’era Qualcosa che stava agendo attraverso Andrea, Marie poteva
sentirne la forza, come l’aveva sentita durante la commemorazione del fratello,
affine ma non la stessa. Adesso le loro quattro individualità come attori
durante la recita, pur nella loro continuità venivano governate
dall’individualità maggiore della narrazione in atto. Consapevoli o no, tutti
loro stavano leggendo il copione e recitando la loro parte… e Jean nella sua
doveva dire…
Jean - … sì, voglio vederlo.
Andrea – très bien, alors! Porteremo qui sul tavolo… da
ballo, tutto quello che serve per fare incontrare la bianca Panna al caffè, il Principe
Nero… Anne (che non riusciva più a
contenere le lacrime), puoi andare a scaldare
dell’acqua in una pentola e metterci dentro cinque tazze, devono essere belle calde,
attenta a non scottarti. Marie, sgombra il tavolo da ballo lasciando solo le
splendide rose con l’umile edera. Io preparo il caffè e tu, Jean, se vuoi darci
una mano…
Jean annuisce
col capo… volutamente Andrea aveva fatto allontanare la mamma perché non avrebbe
retto anche l’emozione del coinvolgimento fisico del bimbo, anch’esso mai
successo.
… hai il compito di far arrivare sul tavolo da ballo la
carrozza (il carrello portavivande con la
panna che Marie prenderà dal frigo, assieme a una terrina di vetro e la frusta
d’acciaio, fredde anch’esse).
Merci beaucoup…. si comincia! Vado a preparare il Principe
Nero e… Anne (nel frattempo ritornata e
sbalordita da quanto stava accadendo), dai il via all’orchestra: Tchaikovsky
- Waltz of the Flowers… ce l’abbiamo,
vero?
Anne – (costretta
a riprendere il controllo di sé) … il valzer dei fiori..? si… si, l’orchestra ha tutte le musiche! Eccola…
Gentili lettori, siete tutti invitati…
provate a
mettere la musica e continuate a leggere.
Andrea – … zum pa pa zum pa pa zum… solfeggia ritornando al
tavolo dove depone ossequioso la caraffa termica piena di caffè bollente… alza
le braccia e si profonde in un inchino a Jean che aiutato da Marie arriva sospingendo il carrello… pardon, la
carrozza…
Ben arrivata bianca Panna! Très bien… qui sul tavolo da ballo
mettiamo il grande divano (la terrina di
vetro) dove la faremo accomodare prima di trasformarla, con la bacchetta
magica (la frusta d’acciaio) in… una
nuvola!
Attendez-moi solo un momento…. per controllare che la mamma abbia
ben riscaldato le tazze per tutti gli invitati… (una scusa per informarsi se Jean poteva assaggiare almeno un
cucchiaino di caffè… altroché, gli piaceva sin troppo e bisognava limitarlo!)
…pa papapa
pa pa pa papapa pa pa… versa la panna nella terrina, alza la frusta,
la fa roteare nell’aria e con un altro inchino la immerge nel liquido…
Adesso con questa bacchetta magica prendo l’aria per vestire
bianca Panna che diventerà leggera come una nuvola… Jean, voici la
trasformation!
In un paio
di minuti d’arte consumata montò la panna, teatralmente chiese al Principe Nero
il permesso di versarlo nelle tazze ancora ben calde, regolò lo zucchero
secondo i gusti e con le sac à poche adagiò a spirale soffici nuvole di panna sopra il Principe che le accolse, poi servì
con garbo le tazze alle signore.
Prese la
tazza per Jean e la coprì capovolgendovi
quella rimasta vuota. Quindi le fece combaciare entrambe alla
perfezione, con una presa sicura le sollevò dal tavolo da ballo e le roteò delicatamente
tre volte esclamando:
Il Principe sta ballando
con bianca Panna!
poi
inaspettatamente con un movimento rapidissimo le capovolse sottosopra… senza
far fuoriuscire una goccia di caffè!
Tolse la
tazza superiore e apparve una montagnetta striata di un color bruno, sovrastata
da un leggerissimo velo di vapore…
Dopo avere ballato il cielo e la terra si sono uniti! Assaggia,
Jean…
(il bimbo
riempie il cucchiaino portandoselo alla bocca).
Que dites vous… li facciamo sposare?
Jean – C’est très bon… si, li sposiamo…
Andrea – la la la lala
la la lalà!
Applausi… (dal cuore di Anne e Marie)
……………………………………………………..
13 – Coincidenze
Il vento
diminuì d’intensità, si fermò del tutto e cominciarono a cadere i primi fiocchi
di neve, piccoli e secchi a causa della bassa temperatura; pensò che era tempo
di ritornare per non affaticare troppo il cuore e raffreddandosi sprecare energie
preziose.
Era sola,
stava passeggiando su un sentiero di montagna, tra alte conifere e spazi aperti
e in quel momento vide l’uomo appoggiato alla staccionata che delimitava una
porzione del bosco. Sembrava assorto e forse non l’aveva ancora vista, si girò
per tornare sui suoi passi quando udì chiamare il suo nome…
M – (avvicinandosi
un po' per vederlo meglio)… non mi sembra di conoscerla…
Uomo – ci conoscevamo
tempo fa… ho il compito di condurla dalla “signora”.
M – non so
chi sia questa “signora” e non mi interessa… devo rincasare in fretta (adesso
nevicava forte e riprese a soffiare un vento gelido).
Uomo - … se
torna indietro… troverà i suoi giorni finiti…
M – intende
dire che morirò?
Uomo – si,
le rimane poco tempo… non deve sprecarlo.
M – se il
mio destino è segnato… perché consumare quello che mi resta per andare da una
sconosciuta… con uno sconosciuto? Almeno a casa potrò salutare i miei cari.
Uomo – per
chi va dalla “signora” il tempo si ferma…
M – cioè
non lo consumo?
Uomo –
giusto, non perde nulla. Ma c’è un altro motivo, quello che è appena successo.
M – cos’è
successo, mi ha chiamata e fatto la proposta…
Uomo – ne è
sicura? Io non ho “chiamato”.
M – beh, ero
già girata… chi altri?
Uomo - … il
vento, l’amico della “signora”.
M – ma che
dice, il vento non chiama!
Uomo – non
“chiama”… è sicura anche di questo?
M –
(nevicava talmente che si faticava a vederci) sono sicura dei fatti, quelli non
mentono!
Uomo –
giusto, i fatti non mentono… dove si trova?
M – sono
qui… e me ne torno indietro, se permette…
Uomo – oh,
io conto poco… provi a dirlo al vento…
M – ma
insomma! Basta…
- solo in quel momento realizzò la situazione,
si trovava in montagna… ma non ricordava quando e né come ci era giunta,
neppure sapeva dove voleva tornare… come non bastasse quell’uomo la inquietava
e la nevicata era talmente fitta… come un foglio bianco davanti agli occhi… ma
soprattutto desiderava sottrarsi al vento gelido… dev’esserci un motivo, un
modo… una soluzione.
Capì di
trovarsi in un sogno e come era riuscita altre volte a sfuggire da analoghe
circostanze oniriche, rivolgendo l’attenzione sui particolari, cercò un
appiglio visivo… l’unico alla portata era il volto dell’uomo, si concentrò per
metterlo a fuoco e…
M -
…Gerard!! Ma sei tu?
G – si,
sono io… se hai deciso di tornare indietro non mi resta che salutarti…
M – Gerard,
stiamo ancora assieme.
G – lo
siamo stati per un po', adesso devo andare.
M – e il
compito, che dirai alla “signora”?
G - che
portarti da lei era il suo compito, il mio è di volerti bene comunque.
M – … mi accompagneresti sino a destinazione?
G – … anche
a braccetto, come facevamo da bambini, ti va?
Così
dicendo si presero sottobraccio e si inoltrarono nel sentiero. Il vento si
chetò nuovamente, smise di nevicare, le nuvole si squarciarono e il sole le
inondò il viso… non aveva mai provato una tale felicità …
Marie si svegliò così, la mattina seguente… col sole caldo e
luminoso sul volto ma soprattutto col vivido ricordo del sogno e la sensazione
di piena felicità che ancora la permeava. Dalla morte dell’amato gemello altre
volte le capitò di sognarlo, erano sogni cupi, intrisi del dolore
dell’abbandono… ma questo la confortò tanto che non avrebbe temuto neppure di
morire, potendosi affidare a quel sentimento.
Che pensare… la sera prima il miracolo compiuto da Andrea o
attraverso di lui, col bimbo che esce dal suo mondo per incontrarlo e giocarci
assieme.
Anne le disse di non aver mai provato una gioia simile dalla
nascita di Jean. Neppure credeva che potessero esistere persone con la
sensibilità di Andrea e ringraziò la vita per il dono di quel tempo felice.
Avendo chiesto ad Andrea di fare colazione assieme quella
mattina, Marie si recò in cucina per allestire un vassoio (le bevande le
avrebbero preparate nella cucina della dependance)… trovandovi due torte appena
sfornate da Anne, con un biglietto: votre
petit-déjeuner s'il vous plaît.
Ne tagliò due doppie porzioni da ciascuna e si avviò a
incontrare… il destino, tanto era certa non fosse dovuto al caso quanto
accadeva, bensì a una volontà… magari la stessa che le permetteva quel po'
d’energia in più, quei respiri meno affannosi del solito… forse quella
“signora” c’era davvero, seppure in una differente realtà.
Andrea pensò che anche sulla dependance Maria non mentì… era davvero incantevole. Pavimenti e
soffitti travati in legno chiaro, tende veneziane a piccole alette verde embrun come gli infissi e le porte, muri
bianchi alla calce con bella scelta di piccoli dipinti e mensole con altri
oggetti collezionati. Una piccola cucina attrezzata di tutto punto con sedute
anch’esse in legno; due grandi divani affacciati, tanti cuscini colorati e solamente in un angolo un tavolo basso con
l’immancabile elettronica. Al piano superiore un bagno con la doccia in pietra,
una camera doppia e una singola dove Andrea decise di sistemarsi, soprattutto
perché dava sul lago.
M - … permesso?
A – buongiorno Marie, ti stavo aspettando… fammene indovinare
almeno una… direi frutti di bosco e l’altra…
M – crema di ricotta al limone con pinoli, una specialità di
Anne, rielaborazione della pastiera napoletana, queste due fette come vedi sono
più grandi... hai dormito bene, qui?
A – un posto davvero bello, tranquillo e delizioso, non ne ricordo
uno che possa reggere il confronto, Anne ha un grande senso dell’armonia.
M – sono contenta dell’apprezzamento e riferirò… Anne mi ha
pregato di ringraziarti per quello che hai fatto…
A - … quando c’è armonia è più facile combinare qualcosa di
buono.
M – non era solo qualcosa…
era vivo ed era per tutti…
A - … sì, concordo. Non ho idea di come abbia potuto farlo,
ti giuro che come voi ne sono rimasto sorpreso, è venuto, come un vento che spalanca la finestra…
la sola
parola, vento, riportò alla mente di Marie l’intero ricordo del suo sogno che
si sovrapponeva alla realtà, assieme alle sensazioni, a quel caldo senso di
conforto quando col fratello si presero a braccetto… Andrea si accorse della breve
assenza di Marie, rammentando quella di Gianni che nell’occasione percepì la
cicuta che lui stava visualizzando..
M - … scusami, mi è ritornato in mente il sogno di stamattina…
A - … c’era il vento..?
M - … sì! Come lo sai?
A – dopo aver pronunciato la parola vento ti sei assentata…
non hai sentito che ti ho chiesto se andava tutto bene?
M – davvero? No, non l’ho sentito… quanto mi sono assentata?
A – abbastanza da avere il tempo di prenderti dalle mani la
nostra colazione e metterla al sicuro sul tavolo…
M – non me ne sono resa conto… del rischio per la colazione (un po' di humor…). Comunque ti devo
dire che altre volte… mi sono accadute cose strane…
A – Gianni mi raccontò della tua visione di Franco il giorno della sua morte. Anche Gianni, in mia
presenza, si assentò… quasi dieci
minuti.
M – me l’aveva riferito… vuoi che ti racconti il mio sogno?
A – sono qui per questo - sogni
a colazione - si possono fare le due cose insieme?
M – Certamente! Scusami tanto…
Marie oltre
al sogno gli raccontò di quanto le accadde durante la commemorazione del
fratello… era solo ieri!
A – prima Franco e adesso Gerard …
M – Franco nella visione mi disse: … attendi un anno per cercarmi… quando mi
avrai trovato le cose accadranno da sole… riprenderai a vivere e vedrai grandi
cose, abbi fiducia. Non l’ho detto a Gianni per non creare aspettative che
poi… sai, il mio cuore non va bene. Dopo quell’anno di attesa davvero stanno
accadendo grandi cose a tutti… che mi dici di Gianni?
A – (cercando di dissimulare il dispiacere per la salute di Marie) - eh,
si è ritrovato in una situazione imprevista… non avrei immaginato potesse tirar
fuori un tale carattere… ci ho parlato qualche ora fa, i cani hanno abbaiato a
lungo stanotte… gli uomini si davano il cambio per controllare l’esterno… il
tuo cuore può sopportare queste notizie?
M - come sopporta la gioia… quello
che viene e quello che se ne va.
A – giusto, ma tu sei stata
invitata e dovrai andare da quella “signora”, chi potrebbe essere?
M – non ne ho idea, forse lo saprò
in un futuro sogno…
A – Gerard la conosce…
M – si, nel sogno…
A – magari la conosceva anche in
vita, fruga nei tuoi ricordi…
M – non ne ho al riguardo, Gerard
era molto riservato e non amava parlare delle “sue cose”, come diceva per
sottrarsi alle domande. Volevo stare con lui il più possibile ma…
A – capisco, i problemi di salute e
gli interessi insoliti lo hanno
rinchiuso in casa, il suo rifugio.
M – esattamente, è stato un
miracolo, quell’unica volta, portarlo alla mostra d’antiquariato.
A – quindi quella “signora” l’ha
conosciuta a casa.
M – non ricordo frequentazioni e
neppure visite occasionali, Gerard a suo modo era un eremita.
A - non l’ha necessariamente conosciuta
di persona, forse attraverso qualcun altro…
M – non c’era nessun altro, solo la
mia famiglia.
A – appunto, la tua famiglia…
M – mio padre morì che avevo appena
21 anni e a 27 mori mia madre, in un incidente. Tre anni dopo Gerard, a soli
trent’anni e a quel modo… pensò che questo era troppo per il suo cuore
malandato… ma Andrea, seguendo un’intuizione, le disse:
A - … non temere, se il tempo si è
fermato per chi va dalla “signora”, non ti accadrà niente di male durante il
“viaggio” nella memoria, procediamo?
M – lo spero… della mia famiglia
sono rimasta solo io… non ho figli, né nipoti...
A – hai Jean…
M – è il figlio della mia amica,
non siamo imparentati.
A – si, lo so. Ma Jean è più di un
figlio, molto di più…
M – cosa vuoi dire?
A – Anne mi ha detto che ieri,
quando sei arrivata, Jean non ti ha neppure salutato. Lei ha visto il tuo
dispiacere, ma il bimbo è fatto così… era assorto, stava colorando un disegno…
M – mi rammarico di non aver
dissimulato a sufficienza con Anne…
A - … poi ieri sera, prima di venire
qui in paradiso (la dependance), mentre
tu aiutavi Anne a riordinare, passando davanti alla sua camera Jean mi ha fatto
un cenno e sono entrato…
M - eh, un pochino d’invidia la
provo…
A – la proverei anch’io, è umano…
dicevo che sono entrato e lui, dal letto a due metri di distanza mi ha indicato
col dito il suo enorme tavolo da lavoro. Di migliaia di oggetti di ogni forma e
tipo non ce n’era uno fuori posto, direi un ordine implacabile. Anzi, uno c’era… solo momentaneamente, un
foglio con un disegno colorato, quello che stava facendo quando sei arrivata.
Mi ha detto “prendilo” (da un’occhiata a Marie prima di proseguire)
M – e..?
A - “dallo a Marie”. Eccolo qui, tieni…
M – (anche questo era decisamente troppo… dovette cedere alla commozione,
una calda, soffice commozione…)
grazie, non ho parole…
A – Jean ne aveva altre tre da
dirmi… “prendilo, dallo a Marie… per la
signora”
M - … dimmi che non è vero!
A – anch’io, come te, non so
mentire.
Marie osserva il disegno sul foglio… un uccello giallo con le ali aperte,
in volo sopra due case… per occhio un sole splendente come quello che mi ha
svegliato stamani, pensò…
M – Che bell’uccello giallo, con
l’occhio di sole!
A – bello davvero, giallo come un
canarino… Gianni ti ha parlato del mio?
M – si, gli è piaciuto tanto…
A – il canarino o il disegno?
M – il canarino che è arrivato da
te… e la grande voliera che hai in progetto. Quale disegno?
Andrea racconta le circostanze della busta avuta da Franco e di averla
lasciata a Gianni, prima della fuga. Le riportò le parole dello scritto e nel
descrivere l’uccello giallo ne disegnò sulla salvietta l’occhio chiuso.
M - … incredibili coincidenze!
A – dici bene… ricordo un aforisma
al riguardo:
La coincidenza è la fine del tempo
e non pensavo si potesse interpretare letteralmente, ma per chi va dalla “signora”…
M – il tempo si ferma…
detto questo, internamente sentì qualcosa
di “diverso”, pensando in prima battuta a un problema fisico cuore-cervello (escludendolo
poiché non ne riscontrava i sintomi) e quindi a una reazione forse dovuta
all’accavallarsi di troppi eventi, informazioni e sensazioni… qualcosa di
paragonabile all’overdose pittorica accadutale al Louvre. Quale fosse il motivo
era opportuna una pausa e probabilmente Andrea pensò la stessa cosa… poiché
entrambi si alzarono.
M – quando mi sarò riposata ti chiamo, va bene?
A – direi di prenderci un po’ di quella fine del tempo e
continuare domani… siamo entrambi ospiti e dobbiamo ricambiare, eh…
M – verissimo, allora ci si vede a pranzo?
A - … la cuoca che dice?
M – la cuoca che dice? La cuoca è felice!
…………………………………………………………………………….
14 – Anne
Andrea, sprofondato sul comodo divano rivolto all’ampia
vetrata aperta sulla verandina, pensò al paradiso, che tale gli pareva il luogo
e il momento. Paradiso… c’è una parola più appagante?
Quelli delle religioni, abitati dalle gerarchie celesti e
dalle anime degne, erano troppo lontani per la sua indole pratica, concreta… si
figurò il big bang, la nascita dell’universo. Ovvio che la Risposta, ammesso
fosse corretta l’ipotesi, risiedeva nella natura
di quel punto che innescò il divenire. Ma si poteva definire natura qualcosa prima della creazione
stessa? Ci si può perdere in innumerevoli congetture filosofiche ma
l’esperienza del tempo - passato/presente/futuro
- accomuna l’umanità.
L’implacabile scorrere del tempo potrebbe davvero arrestarsi
a causa di una vulnerabilità o un’evenienza che lo modifichi?
“ La
coincidenza è la fine del tempo” e quelle avvenute annichilivano le
interpretazioni statistiche… ma prima che la sua mente si mettesse nuovamente
in azione scese una foschia a smorzare la luce e man mano rendere indistinti i
contorni del paesaggio e dei suoi oggetti, al pari dei suoi pensieri… c’è un
tempo per agire e uno per riposare.
La mattina seguente Andrea incontrò Anne che come lui stava
uscendo.
Andrea – buongiorno… d’accordo che sono tuo ospite ma dopo
due cene, due colazioni e un pranzo dammi modo di rendermi utile…
Anne – ciao, Marie mi ha sollecitato a uscire… Jean in camera
sistema le sue cose (lo fa ogni giorno) e lei legge nel soggiorno.
Andrea – bene, vedrai che quei due si piaceranno sempre di
più! Se non sono indiscreto, vai in centro?
Anne – non lo sei, ne approfitto per fare spese e… la panna!
Se proprio vuoi renderti utile, guidare non mi entusiasma…
Andrea – se non facevo il barista avrei fatto l’autista!
Anne – salendo
nell’auto di Andrea – penso che tu potresti fare qualsiasi cosa…
Andrea – una no… quasi mi vergogno a dirtela, volare, non
l’ho mai fatto e non lo farò, l’aria non è il mio elemento.
Anne – davvero? Marie mi ha detto dei canarini.
Andrea – oh, il volo degli uccelli lo adoro talmente che… mi
basta e avanza!
Fu
piacevole per entrambi trascorrere qualche ora a fare spese e infine rifornirsi
di panna e formaggi introvabili. Ormai sulla via del ritorno, in auto, ci fu
ancora il tempo per una breve discussione.
Andrea – vorrei stampare una foto che mi ha mandato Gianni.
Anne – posso farla anche a casa… è il disegno del canarino di
Franco?
Andrea – ah, sei informata… fino a che punto?
Anne – solo fin qui, il resto dipende da te, se mi dai
fiducia.
Andrea – Marie non ti ha messo al corrente dei… nostri
problemi?
Anne – so che sono seri… altrimenti la mia amica non sarebbe
qui. Non mi pareva il caso di farle domande, senonché stamattina poco prima di uscire
mi ha detto di chiedere a te per ogni cosa… ha completa fiducia in te.
Andrea – farò del mio
meglio per meritare la sua e la tua… questa è la situazione: un anno dopo la
morte di Franco incontrai Gianni che cercava informazioni e da quel momento
delle persone… ci stanno tenendo d’occhio convinte che noi abbiamo un oggetto
di Franco, probabilmente datogli da Gerard,
a cui stanno dando la caccia da vent’anni. Non l’abbiamo e neppure
sappiamo cosa sia, parrebbe di piccole dimensioni, in quanto nell’appartamento
di Gerard hanno letteralmente sventrato tutti i libri e gli oggetti che
potevano contenerlo.
Dopo averla
informata sugli ultimi avvenimenti si domandava se fosse opportuno che lui e
Marie si trasferissero altrove. Come se gli avesse letto il pensiero…
Anne - Jean ha detto di stare con noi…
Andrea – (sorpreso) beh,
mi fa piacere come penso anche a Marie… ma, sinceramente, se ci trovassero qui?
Anne - qualcuno ci
avviserebbe per tempo…
Andrea – … se non ci riuscisse?
Anne – almeno qui c’è questa possibilità…
Andrea – potreste venire coinvolti, non sembra la cosa più
saggia, per te e Jean.
Anne – due giorni fa è accaduto… quello che sappiamo. Il mio
bambino, grazie a voi, pare stia uscendo da un guscio… a suo modo è estremamente
presente, a un livello diverso dal nostro. Avevo persino smesso di sperarlo… adesso
devo assecondarlo o non potrei perdonarmelo, mi comprendi?
Andrea – sì, meglio un rischio che un errore…
Anne – proprio così e poi… Marie, sai davvero come sta?
Andrea – so del cuore…
Anne – stavo per diventare medico, ho interrotto gli studi
quando è nato Jean. Non credevo che avrei più rivisto qui Marie… e non lo
credeva neppure lei sino al giorno della partenza. Fortuna o un altro miracolo
le sue condizioni sono migliorate ma il motore è sempre quello, non sappiamo
quanti chilometri potrà ancora fare, senza sforzarlo…
Dietro le tende della finestra del soggiorno, Marie li osservò arrivare, scendere dall’auto e prendere le provviste, contenta della confidenza che mostravano. La distanza, quando cede, diviene presenza.
...............................................
15 – Voi
siete con me
Gianni – Dimitri dice
che le auto sono due e forse quattro persone. La mattina lui, Veaceslav e Alexandru accompagnano i tre ragazzi più
grandi a scuola poi vanno al cantiere edile dove lavorano assieme. Io, Maxim,
Nicola, Liliana, Ludmila e i due bambini piccoli rimaniamo qui.
Il tuo assistente al bar ha trovato un apprendista in gamba e
non ci sono grossi problemi… a parte il tuo caffè con panna, rimpianto dagli
affezionati clienti a cui è stato detto di pazientare.
Oggi è il quarto giorno dalla tua fuga, sembra diminuita la sorveglianza della casa ma, purtroppo,
aumentata quella sul tuo bar, tuttavia non credo possano aspettarsi che tu
ritorni proprio lì. Il tuo assistente ha notato movimenti all’esterno… specie
quando sono arrivati due fornitori. Dimitri ha detto che sei assicurato, spero
sia vero…
Andrea – sì, lo sono. Come ti dicevo abbiamo deciso, sollecitati
da Anne, di rimanere qui. Marie ti ha messo al corrente delle strane cose che accadono,
una ragione di più, oltre alla sua salute, per attenderne gli sviluppi. Ho
stampato la foto del disegno di Franco e ti ho mandato quello di Jean… che mi
dici?
Gianni – che sono sbalordito, che altro… a parte l’ennesima
coincidenza, intanto direi che i due disegni rappresentano lo stesso uccello, giusto?
A – credo di sì, in quello di Franco l’occhio è chiuso mentre
è aperto e luminoso nel disegno di Jean…
G – già… una sorta di risveglio.
Nel primo l’uccello – il canarino – vola
sopra una casa, invece Jean lo raffigura spostarsi da una casa verso un’altra…
magari la tua, visto che un canarino c’è arrivato…
A – come ne è arrivato uno… lasciamo lì la cosa, non è tempo.
G – sì certo… mi
stanno chiamando, a dopo.
(Marie
entra nella dependance e Andrea le riassume il colloquio con Gianni).
M – beh, visto che oggi è la giornata del canarino ti
racconto anche la mia, successa stamattina. Avevo riposto il disegno di Jean
all’interno del libretto trovato a casa di mio fratello. L’ho aperto per prenderlo
e portarlo qui e - scusa l’emozione -
nel toglierlo ho visto uno schizzo a matita nella pagina dov’era collocato. Il
ritratto di una signora, guarda… (viene
fatta una foto da mandare a Gianni).
A - la signora, quella del sogno… capelli,
lineamenti, abbigliamento… non sembra sia occidentale, forse euroasiatica. Ti
sei ricordata chi fosse?
M – questa persona non l’ho mai vista… ma mi è tornata in
mente una favola che raccontava mia madre a me e Gerard da
piccoli… riguardava una maga che ci aiutò a venire in questo mondo, aprendo per
noi il cancello dell’esistenza (la porte
de l'existence). Mi piaceva ascoltarla, parlava di paesi distanti e mondi
sconosciuti, animali, piante... e magie, naturalmente. Un giorno sentii mio
padre – Patrick – dire a mia madre di smettere di raccontarla perché Gerard sperava
in una magia che potesse guarirlo…
A – la signora
ritratta potrebbe essere lei, frutto di fantasia oppure conosciuta… che
facevano i tuoi?
M – mio padre era impiegato in banca sino alla morte del nonno
che gli lasciò, unico figlio, un buon patrimonio così che con l’esperienza
maturata lo investi finanziariamente e non ebbe più necessità di lavorare. Aveva
cinquant’anni e proprio allora conobbe mia madre (Claude di 36 anni) con la quale girò il mondo.
Poiché non venivano figli, per dieci anni continuarono a
viaggiare, fino a quando incredibilmente,
a 45 anni rimase incinta. Mia madre non si mosse più dalla nostra casa per
dedicarsi ai figli, soprattutto a Gerard che ebbe problemi sin dalla nascita.
Mio padre invece continuò ad alternare lunghi viaggi e brevi soste a casa, non
il massimo per dei figli in crescita. Per ricambiare
la sua mancanza di interesse per la famiglia, a mia volta non gli chiesi mai
più nulla sui suoi viaggi, irritandomi nel vedere invece mio fratello
attenderlo per ascoltarne i resoconti. Pur volendo un gran bene a mio fratello,
non accettai che per interposta persona mi
aggiornasse sulla vita del nomade (il
soprannome che diedi a mio padre).
Col senno di poi… rimpiango di non aver ammorbidito la mia
posizione e quando mio padre smise di
viaggiare, stabilendosi definitivamente a casa, ormai il danno – e la distanza
– erano incolmabili.
A – capisco… tornando al disegno, chi l’ha fatto?
M – credo mia madre che amava disegnare, anche se lo stile è
un po' diverso.
A – è plausibile che l’abbia incontrata in uno dei loro
viaggi. Gerard certamente conosceva la storia del disegno, custodendo il
libretto. A proposito, posso dargli un’occhiata? (Marie dopo avergli mostrato il ritratto e scattato la foto lo stava
tenendo chiuso tra le mani, un inconscio atteggiamento protettivo. Andrea
poteva quasi percepire il filo del ricordo emergere da quelle pagine alla
ricerca dell’altro, quello appartenente a Marie, da lei reciso e ora richiamato
in vita dai meandri delle memorie negate. Non fu Marie a trovare il libro ma
viceversa…)
M – sì, tieni…
A – (con delicatezza lo
prese, lesse il titolo e lo sfogliò, senza soffermarsi, quel tanto che gli permise di scorgere delle brevi
note a matita … preziose memorie, ponti tra il passato e il presente). Direi
che ti sei ricordata della signora… però senza il disegno di Jean non
sarebbe accaduto. Il bambino sta interagendo con le nostre vite, con i nostri
destini, sei d’accordo?
M – sì, anch’io pensavo se non fosse stato meglio
allontanarci da qui visto quello che succede… quando sei uscito con Anne stavo
leggendo in soggiorno e poco prima che tornaste Jean mi è venuto vicino, senza
guardarmi direttamente ha mosso una mano dicendo: voi siete con me. Poteva dire
state, ho pensato che c’è differenza tra la parola siete e state…
A – quando Anne mi ha detto “qualcuno ci avviserebbe per tempo…” ho pensato che si riferisse a
persone che controllano il territorio, poliziotti… stranamente non mi è venuto
di chiederle chi fosse.
M – … stranamente quel “siete
con me” ha dissolto la mia preoccupazione…
A – già, questo indica che quanto sta accadendo è collegato,
un unico disegno…
M – come i due disegni dei canarini… rappresentano un unico
soggetto.
A – i bimbi, e Jean è parecchio speciale in questo, sono più nel cielo che in terra… dove colgono
cose al di là del tempo.
……………………………………………………………….
16 – Come
le rive di un lago
Marie, dopo la discussione mattutina con Andrea, passeggiò un
po' nel giardino, contenta di non provare l’usuale senso d’oppressione in tutte
le attività che richiedessero anche solo un minimo sforzo. Impegnò la mente a
sottrarsi a ogni congettura al riguardo, rigettando l’aspettativa sulla durata
di quello che per altri è il normale stato del corpo in equilibrio, ponendo
tutta l’attenzione sulla percezione dei sensi. Gli odori dell’ambiente umido
del lago, i richiami degli uccelli e soprattutto la luce solare che
intensificandosi faceva risplendere le gocce di rugiada come piccole, perfette
gemme, una magia che faceva apparire tutto nuovo, al prezzo di dimenticare se
stessi e i propri problemi.
Al punto di provare la sensazione di non essere davvero lì, che tutto fosse un sogno da cui si sarebbe
svegliata, aprendo i “veri” occhi sulla “vera” realtà.
Si sedette sulla comoda panca di legno rivolta al lago - sotto
la pergola chiusa da tre lati per fermare il vento - dove lo sguardo poteva
spaziare in lontananza. Pensò che la realtà, come le rive di un lago, fosse su
quella opposta alla sua, tanto vicina quanto irraggiungibile senza disporre di
un’imbarcazione. Certo, ci sono quelli che fidandosi delle proprie forze
attraversano lo specchio d’acqua a nuoto. Molti rinunciano, altri periscono e
per quelli che riescono c’è la fatica del ritorno, nel caso volessero o
potessero.
Ma, come per tutte le decisioni umane, non si tenta l’impresa
così, d’improvviso… deve accadere “qualcosa che chiama o comanda” a cui
rispondere, ammesso vi sia il libero
arbitrio di deciderlo.
In quello stato di rilassamento percepì qualcosa di diverso,
come se la nota di fondo che caratterizza ogni persona nel suo caso si fosse
alzata di tono, quasi una sorta d’adrenalina fosse entrata in circolo per preparare
il corpo a qualche evenienza pericolosa.
Davvero una strana condizione, la mente quasi sospesa e il
fisico allertato di suo conto, in attesa… d’incontrare la signora che l’attendeva, forse all’origine di quella sorta di
timore corporeo.
Il disegno di Jean, come il biglietto del cinema, era stato
“consegnato”, la maschera aveva aperto le porte dall’altra parte dell’esistenza
e ormai non aveva più dubbi che l’avrebbe incontrata in quella differente
realtà, nell’opposta riva a cui il sonno conduce. Intuiva che “quello” era il
punto di svolta che inconsciamente aspettava e che poi tutto sarebbe cambiato...
“vedrai grandi cose, abbi fiducia”,
le disse Franco.
Prese dalla borsa di tessuto il libretto di Gerard e lo aprì sull’ultima
pagina dove c’era il disegno della signora… adesso poteva lasciarsi andare,
piangere tutte le lacrime che si portava dentro, lasciare scorrere i ricordi
come un fiume uscito dagli argini. Suo padre, sua madre e poi Gerard, Franco… e
però Gianni, Anne, Jean e Andrea, quell’uomo arrivato dal nulla, la colla che altruisticamente
stava rimettendo insieme i pezzi delle loro fragili vite.
Anche Marie aveva scorto le note scritte sulle pagine e, come
chi conservi il cibo senza abusarne, se ne cibava poco alla volta. Presagiva che
l’appuntamento con la signora era
vicino.
……………………………………………………………….
17- Ultima
cena
Il primo pomeriggio del giorno dopo, il quinto dall’arrivo,
Andrea e Marie si diedero appuntamento sulla veranda di fronte al lago, un
luogo particolarmente congeniale alla donna.
La temperatura e la calma di vento permettevano un
abbigliamento leggero: Marie una tunica di cotone non smaccatamente colorata e
cardigan in tono; Andrea completo di lino tinta indaco naturale (isatis tinctoria) e camicia.
Entrambi vivevano un tempo d’attesa, di non essere più
ostaggio dei malfattori l’uno e dell’incontro con la signora l’altra. Come una
corrente profonda l’inquietudine si muoveva nel loro intimo, confliggendo con
l’apparente tranquillità esibita.
Marie – nelle 65 pagine del libretto, ci sono tre annotazioni
prima dell’unico disegno (della signora) sull’ultima. Vuoi sentirle?
Andrea – sì, grazie.
M – la prima:
settembre
’97 - Gerard se l’è tolto e peggiora a vista d’occhio ma Marie migliora,
riuscirà a sposarsi.
In quel tempo la mia salute subì un tracollo, tanto che
pensai di rinunciare a sposare Franco. Come riporta la nota il mio
miglioramento purtroppo coincise con l’aggravamento di mio fratello.
A – Gerard aveva qualche ausilio medico che si è levato?
M – no, che io sappia. La seconda nota:
ottobre ’97
- Paul ha saputo che la signora è morta, mi ha promesso che sarebbe tornato a
cercare il secondo, la nostra sola speranza.
Paul era il “socio” di Gerard che gli ha procurato negli anni
la gran parte della sua collezione. Ti anticipo, non ho idea di chi o che cosa
sia il secondo.
A - … è un “secondo” molto importante, associato a una
speranza che forse riguarda la salute. Dunque questo Paul conosceva la signora…
tu lo conoscevi?
M – mio fratello era la discrezione in persona, non ha mai chiesto
il mio aiuto, purtroppo anche dopo la morte di mio padre Patrick nell’87, ho
mantenuto la distanza dai loro interessi. Ho visto Paul qualche volta e sempre
da lontano, quando andava da mio fratello (i nostri appartamenti sono indipendenti),
non ci ho mai parlato e non saprei riconoscerlo. Qualche pagina prima del
disegno della signora c’è l’ultima nota:
marzo ‘98 - Franco ha dato la collezione a Paul.
Domani faremo la spedizione, speriamo vada tutto bene.
A - … non hai commenti?
M – è andato tutto male, mia madre ha perso la vita
nell’incidente del 23 marzo ’93. Guidava l’auto che ribaltandosi si è
incendiata… ma lei era stata sbalzata fuori prima. Lo shock fu immenso… io, Gerard
e Franco ne fummo sconvolti… in pochi mesi passai dai fiori da sposa a quelli
da morto.
A – una tragedia dietro l’altra… in poche parole, com’era tua
mamma?
M – ne basta una sola: squisita… un animo artistico, che
guardava sempre al bicchiere mezzo pieno. Cantava davvero bene, non alla Edith
Piaf, piuttosto Trenèt. Quando intonava la
mer chiudevo gli occhi e mi lasciavo trasportare, dimenticandomi di me…
a Marie
sfugge il libretto dalle mani e dalla camicia non del tutto abbottonata di Andrea,
chinatosi a raccoglierlo, sporse un
piccolo ciondolo di legno, tenuto da un semplice cordino. Al vederlo Marie si
ricordò quello di Gerard, durante la commemorazione.
M – porti un
ciondolo?
A – sì, e riguarda Franco… ho atteso a dirlo (anche a Gianni)
perché la consideravo una questione personale… come per le note di tua madre.
Nella busta datami da Franco c’era il foglio scritto/disegnato e un altro foglio
ripiegato che conteneva questo piccolo ciondolo, dove aveva scritto:
Il ciondolo
è un oggetto protettivo, ti raccomando di tenerlo sempre con te perché ha un
valore – non venale – inestimabile e non può essere sostituito in alcun modo.
Non esibirlo, non parlarne.
M – (un brivido
percorse Marie… la stessa sensazione, amplificata cento volte, che si prova
avvicinando la tessera di un complicato puzzle a un’altra, perfettamente
combaciante).
… ecco cosa si tolse Gerard, un ciondolo!
A – lo portava anche lui, come il mio?
M – Non era come il tuo, me ne sono ricordata quando andai
nel suo appartamento per commemorarlo…
… questa volta accadde che l’immagine che aveva
ben imparato a rievocare si stagliò nella sua mente con una tale definizione
che, sbalordita, riaprì gli occhi ritrovandosela ancora davanti… e scorse in
quella qualcosa che fino a quel momento non aveva mai notato: la camicia un po'
aperta di Gerard lasciava intravedere qualcosa che portava al collo, un
semplice spago che reggeva un oggetto lungo e stretto.
A – adesso l’annotazione rende il senso! Anch’esso un oggetto
“protettivo”, perché toglierlo?
M – Gerard l’ha tolto ma io non l’ho avuto e sono migliorata
ugualmente…
A – la protezione (venuta a mancare dalla sua parte) si è
“diffusa” tra te e lui, non abbastanza per le serie condizioni di Gerard che
per mantenerle stabili abbisognava dell’intera dose e viceversa per te. Ti
torna?
M – sì… un gesto intenzionale, quindi.
A – penso che Claude e Gerard conoscessero assai bene il potere di quell’oggetto. Il “secondo”,
forse uno simile, l’aveva la signora che
non l’avrebbe certamente dato al primo che passa, se era, come pare,
altrettanto importante di quello di Gerard.
Per cosa si spera se non per la
salute?
M – i due oggetti avrebbero aiutato sia me che Gerard?
A – beninteso, le mie sono solo congetture… non ho esperienza
se non da alcune letture di tali oggetti di potere, seguo un mio filo logico…
un po' metafisico. Secondo cui è plausibile che la “collezione” citata fosse
proprio di quel tipo di oggetti.
M – … se questa nota è l’ultimo scritto di mia madre, cercare
di spedire la collezione è stato fatale.
A – speriamo vada tutto
bene… nell’incidente di Claude - senza descriverlo - furono coinvolte altre
auto?
M – no, ma ricordo che Franco era convinto fosse stato
innescato da un delinquente… pensi a una premeditazione?
A - penso a Ludmila, che mi ha aiutato a scappare e del
rischio che ha corso…
M – Andrea, il tuo ciondolo è come la stele di Rosetta (ndr – la lapide che ha permesso di
decifrare i geroglifici), adesso sappiamo che cercavano e cercano tuttora
quello di Gerard, a cui il trauma della morte di nostra madre fece peggiorare
ancora di più la sua salute. Sapevo che soffriva molto ma rispettavo la sua
scelta di non farsi mettere le mani
addosso, come diceva, rifiutando eventuali visite e trattamenti. I suoi
ultimi mesi di vita furono un calvario, non solo per la salute; Franco lo
imputava al socio che era cambiato, diventando addirittura un pericolo, tanto
che alla fine lo dovette affrontare e metterlo alla porta. Anche Franco purtroppo
cambiò… aveva sempre i nervi a fior di pelle e verso la fine (di Gerard) lo
vedevo addirittura impaurito…
A – Gianni me l’ha raccontato, comunque il Franco che ho
conosciuto io era gentile, tranquillo, ironico e per nulla impaurito, neppure
di fronte alla morte.
M – mi fa immensamente piacere saperlo. È quasi il tramonto e
Anne come al solito vorrà stupirci a cena… visto che siamo diventati amici,
curiosità di donna… ti piace Anne?
A - (sorridendo)…
visto che mi sai leggere, perché lo
chiedi?
M - … perché l’ho chiesto anche a lei di te…
A – e non mi diresti cos’ha risposto?
M – (ricambiando il
sorriso) - che gli piace qualcosa in particolare di te…
A – (tono scherzoso) – beh,
non ha che l’imbarazzo della scelta!
M – (sullo stesso tono
di lui) – beh, ha risposto come fai il caffè!
A – (tono
confidenziale) – senza la sua panna introvabile
non verrebbe così buono…
M – (ridendo) - già,
come disse Jean… li sposiamo!
……………………………………………………………………
18 – Brutte e belle sorprese
La mattina dopo, domenica, Marie sentendosi debole rimase
nella sua stanza; Anne riferì d’averla trovata molto stanca ma cuore, pressione
e saturazione erano normali.
Anne - le ho prescritto un giorno di riposo… da amica, non da
medico mancato…
Andrea – quanto ti mancava alla laurea?
Anne – un paio d’esami… con la tesi già pronta…
Andrea – accidenti! Bastava poco…
Anne – già… volendo
si poteva cambiare, prima di perdere il treno.
Andrea – mi hanno raccontato il motivo della rottura…
sinceramente mi pare debole.
Anne – hai ragione… quello vero non l’ho mai detto a nessuno,
neppure a Marie. Per come ti stai comportando con mio figlio potrei dirlo solo
a te.
Andrea – se Jean è speciale
deve esserlo anche la mamma… ti ascolto, se vuoi un aiuto a scaricare il
bagaglio dal treno.
Anne – grazie… quando
il mio compagno si rese conto del deficit di Jean – se è un deficit, cosa di
cui ho sempre dubitato – non riuscì ad
accettarlo. In mia presenza teneva un comportamento “normale” col figlio… però,
da mamma, un giorno mi accorsi che quello di Jean, al di là dei limiti della
sua condizione, era cambiato nei confronti del padre. In poche parole era come
se avesse chiuso la porta… a un estraneo. Mi chiedevo se non stessi
enfatizzando troppo e temendo di urtarne la suscettibilità aspettai prima di
parlarne al mio compagno. Un pomeriggio ritornata in anticipo dall’università con
buone notizie – pensavo ancora di terminarla – entrai in casa silenziosamente,
per fare una sorpresa… e sentii il mio compagno parlare a Jean con una voce
cattiva, dandogli del deficiente… la sorpresa l’ho avuta io, sono uscita e
ritornata all’ora prevista e da quel momento non ho più lasciato Jean da solo
con lui.
Andrea – un brutto, pesante bagaglio, Anne… dev’essere stata
davvero dura.
Anne – nel bene il male e nel male il bene… la sorpresa ci ha salvato la vita, a me e
Jean.
Man mano
passarono ad argomenti più leggeri, ritrovando il semplice gusto di condividere
il proprio pensiero già provato durante l’uscita per le spese. Sembra facile,
ma occorre che allo stesso tempo vi sia chi parli e chi ascolti – chi parli
senza secondi fini e chi ascolti senza pregiudizi… il mondo sarebbe diverso se
accadesse davvero.
Andrea - visto che ormai ci conosciamo un po'… per caso Marie
ti ha chiesto se… c’è qualcosa di me che ti piace?
Anne – oh, sì… parlavamo della cucina, non ho avuto dubbi nel
dirle che come prepari tu il caffè non lo fa nessuno! Te l’ha riferito?
Andrea – (pensò che neppure
questa volta Maria aveva mentito…) sì, per un barista è il massimo dei
complimenti, eh…
Anne - … però mi piacciono anche altre cose di te…
Andrea – ah… per esempio?
Anne – beh, come ti vesti e i colori degli indumenti… come ti
muovi, l’attenzione che hai e… di me?
Andrea – la passione per la panna… una pericolosa passione
direbbe il medico, no?
Anne – basta non eccedere… qualcos’altro?
Andrea – beh, come ti vesti
e i colori…
Anne – pare che abbiamo gusti simili, no?
Andrea – già, e quindi, per pranzo…
in quel
momento Jean uscì dalla camera di Marie, senza che né Anne e Andrea si fossero
accorti di quando vi entrò… li raggiunse in soggiorno e guardando dalla vetrata
disse:
J – andiamo in città.
Anne – (sbigottita) – Jean,
non ci siamo mai andati, potrebbe essere rischioso…
Andrea – (intervenendo)
– ma noi staremo bene attenti!
J – io voglio la pizza.
Andrea – (guardando
Anne che s’era ammutolita dalla sorpresa… una bella sorpresa, questa… mai
accaduto qualcosa del genere!) – stavamo proprio pensando cosa mangiare… la mamma ci porterà in una pizzeria, con
questa bella giornata possiamo pranzare all’aperto, davanti al lago… Anne, la
conosci una pizzeria che faccia al caso nostro?
Anne – (con gli occhi lucidi,
mentre la sua memoria gli fornì un’immagine lontana, creata dalla fantasia di
una novella mamma) – sì, la conosco, con
tanti fiori, come il walzer…
Dopo aver provato la felicità, si può descriverla? Che parole
potrebbe usare uno scrittore per rendere quella luminosità, quel respiro… quella sensazione che
ogni cosa sia perfetta e almeno uno degli scopi dell’esistenza raggiunto?
Intanto che questo
scrittore ci pensa, voi… fate altrettanto.
..................................
19 - Fine dell’incubo
Appena ritornati a casa arrivò un messaggio di Gianni: chiama, è urgente.
Andrea ringraziò che non fosse arrivato prima, permettendo a
tutti loro di assaporare la cosa più difficile da assaporare… la normalità. Un
bimbo non può comprendere cosa sia la normalità, perché sono infinite, ognuna
dipendente da infinite combinazioni di circostanze, persone, luoghi…
sensazioni, emozioni.
Ma per una coscienza in grado di discriminare la normalità è
la situazione più… normale, meno complicata… semplice come una famigliola che
si ritrova a mangiare una pizza e poco importa se sia una vera famiglia, o il
destino l’abbia assemblata per l’occasione, per far provare a quei due adulti
che cielo e terra, a volte, sono più vicini di quel che si crede.
Gianni - è successo di tutto ma, la cosa più importante,
nessuna ingiuria alle persone né danni alle cose.
Oggi (domenica) i moldavi non lavoravano e sono rimasti a
casa, salvo Maxim e Nicola che sono
andati col furgone a fare spese e sulla via del ritorno sono andati al tuo bar,
per un caffè. Proprio in quell’occasione al tuo assistente, Michele, è venuta la malaugurata idea di dar loro un
pacchetto arrivato due giorni prima, indirizzato espressamente a te. Maxim e
Nicola non potevano immaginare che uno dei clienti seduti ai tavolini faceva
parte della banda ed era lì per controllare. Quando i moldavi sono usciti – ha
riferito Michele – quello è uscito a sua volta, ha fatto un cenno col braccio
ed è subito arrivata un’auto nera dov’è salito.
Hanno certamente seguito il furgone mantenendosi a debita
distanza, infatti non se ne sono accorti. Giunti a pochi chilometri da casa
un’altra auto (di grossa cilindrata, con la vernice metallizzata) uscendo in
velocità da una stradina laterale, gli si mette davanti rallentando
progressivamente e alle loro spalle sbuca quella nera.
Maxim stava quasi per rischiare qualche manovra ma per
fortuna Nicola capì immediatamente che non avevano alcuna possibilità con
quelle persone - dei professionisti – e intervenne staccando le chiavi dal
cruscotto (spegnendo il motore) e intimando a Maxim di tenere come lui le mani
ben in vista…
Dall’auto davanti scese velocemente un passeggero con un’arma
in mano, dall’auto alle spalle arrivò un’altra persona che tenendo una mano in
tasca con l’altra aprì la portiera, scorse il pacco e fece cenno a Nicola di
porgerlo, assieme alle chiavi del furgone.
In meno di due minuti finirono il lavoro…
A – meno male che c’era Nicola… con Dimitri finiva male…
G – già, l’ho pensato anch’io… sono passate un paio d’ore e
ti puoi immaginare come sono gli animi qui… del pacco, che mi dici?
A – che spero sia finito un incubo… tra un po' parto per
essere lì domattina… il tempo di salutare…
G - Marie mi ha detto che stavi bene… con loro. Mi dispiace,
ma qui aspettano il boss…
A – Marie dice sempre la verità… di’ a Dimitri che sto
arrivando.
………..
Solo al termine di una vacanza
ci si rende conto che la realtà usuale era stata progressivamente sostituita dalla nuova e, soprattutto
quando è andata bene, determinato un diverso flusso temporale dove le eccezioni diventano parte della nuova normalità. Questo uno dei motivi della
difficoltà del rientro, quasi si
dovessero dismettere i nuovi e più confortevoli abiti per riprendere i vecchi…
il più delle volte non altrettanto comodi.
Seduto in quello che era diventato il suo posto preferito, sulla
destra del divano che dava sul giardino, Andrea si prese un po' di tempo per inserire
(mentalmente) le tessere (del puzzle) degli ultimi avvenimenti nel quadro che
si andava formando, passando in rassegna gli innumerevoli episodi successi in
meno di una settimana e il proprio coinvolgimento emotivo associato a gran
parte di essi.
Era quasi del tutto sicuro che i delinquenti, ottenuto quel
che cercavano (se quel pacco lo conteneva, altrimenti…) fossero andati via,
così che non ravvisò rischi nel tornare direttamente a casa, dove avrebbe
discusso con Gianni l’intera storia.
Ci sarebbe stato tempo, dopo, per ipotesi e congetture…
mentre ne restava poco per accomiatarsi dalle persone e da quel posto che gli
erano entrati nel cuore. Doversene distaccare – come da una vacanza – gli
procurò un senso di vuoto come non provava da anni. Mentre sistemava le sue
poche cose suonarono alla porta…
Andrea – ah… Anne, stavo proprio per venire da voi…
Anne – lo so… Gianni ha parlato con Marie e lei con me. La
cosa più importante è che sia finito, il resto viene dopo…
Andrea - … anche il resto, per me, è diventato importante.
Anne – vedi, oltre ai gusti simili abbiamo un modo simile di
affrontare gli argomenti, per sottintesi.
Forse anche a te in passato è accaduto qualcosa… che ha cambiato le tue
prospettive?
Andrea – hai colto nel segno… i miei sogni d’un tempo si sono
infranti sugli scogli della realtà - in poche parole, è arrivato un altro a
prendersi la mia principessa - non avevo ancora finito di sistemare il castello
(il casale) e non riuscivo più a sopportare il vuoto… stavo per mollare tutto e
andarmene.
Anne - … e invece?
Andrea – invece è arrivato Dimitri a bere un caffè nel mio
bar… si vedeva che aveva problemi, gli ho detto che glielo offrivo e che venisse
pure quando voleva, sempre gratis…
Dimitri – grazie,
tu molto gentile…. Io lavoro ma soldi non basta per venire mia famiglia, moglie
Natasha e Matej, tre anni. Deciso che
domani chiudo lavoro e torno Moldavia. Questo è ultimo caffè… porto in cuore,
ciao.
Gli ho proposto di venire da me, avevo un casale enorme e
poteva sistemarne una parte per la sua famiglia. Non puoi immaginare lo sguardo
di Dimitri…
Anne – oh sì, lo immagino… come quello di Jean quando hai
iniziato il ballo del caffè! Sei un gran brava persona, Andrea…
Andrea – va là… solo fortuna, ogni tanto sono al posto giusto
nel momento giusto… ha dato più lui una mano a me che viceversa.
Anne – anch’io ho una proposta, vuoi sentirla?
Andrea – accidenti, pure io ne avrei una… sentiamo la tua,
spero non sia troppo complicata...
Anne – molto semplice, considera la mia casa come tua. E tu?
Andrea – il castello è
enorme, al tempo pensavo di farci un agriturismo e ho ancora il progetto
esecutivo per altri tre piccoli appartamenti, magari ci dai un’occhiata e
suggerisci come ne vorresti uno…
Anne – (ridendo) ma
come, io ti do l’intera casa e tu solo un appartamento?
Andrea – beh, per iniziare… ok, la mia casa è la tua casa, va
bene così?
Anne – così accetto… totale reciprocità, se deve continuare niente
vie di mezzo tra noi.
Andrea – non è che stiamo correndo troppo… dopo solo una
settimana ci impegniamo a tal punto?
Anne – hai ragione, ci sono tanti aspetti che non abbiamo
ancora considerato…
Andrea – quali?
Anne – quanti anni sono che non abbracci… qualcuna?
Andrea – intuito femminile, eh… da quella volta, dieci anni
fa.
Anne – io da sette… però ho Jean, sono più fortunata, mi sa
che tocca a me, dai, avvicinati…
……………………………………………
20 –
Ritorno
Dopo l’esperienza di un affettuoso abbraccio con Anne,
avendolo trovato estremamente confortante, Andrea nell’accomiatarsi ripropose
quel gesto con Marie.
Se dall’esterno apparve
come doveva essere, internamente mancò quel senso di conforto tipico di tale saluto. Per quanto arrugginito
Andrea colse una dissonanza, qualcosa
di indefinibile, restandone sorpreso e un po' turbato ma, poiché era la prima
volta anche tra loro, si disse che come non tutte le ciambelle riescono col
buco, ci sono corpi fisici non sufficientemente compatibili… forse per una questione di misure, angoli e
impostazioni. Se era così niente di strano, tanto più che la controparte mentale corrispondeva alla perfezione a
quella conosciuta.
Intanto Jean uscì dalla sua stanza per venire a salutarlo e
quella che adesso sembrava la normalità qualche giorno prima non era neppure
l’eccezione, proprio non esisteva.
Andrea – ciao Jean, sono contento di averti conosciuto, purtroppo
devo tornare al lavoro…
Jean – c’è la pizza da te?
Andrea – perbacco, certo che c’è… un giorno verrai, eh…
Jean – sì, e facciamo il ballo?
Andrea – sicuro! Sai,
ci sono tante persone dove abito… rifaremo il ballo per tutti!
Jean – ci sono anche i canarini gialli?
Andrea – Picchio, mon
canari, t'attend e staremo ancora insieme.
Jean – noi siamo
insieme, ciao – disse, dando la mano ad
Andrea.
L’attuale normalità di
Jean andava oltre le capacità di Anne di assorbirla emotivamente, così dopo il
commiato, anche per scambiarsi le ultime impressioni privatamente, accompagnò
Andrea all’auto e nel farlo lo prese sottobraccio… Jean forse sorrise e Marie
riprovò la sensazione dell’analogo gesto con Gerard, nel bosco del sogno… o di
una diversa realtà.
Anne - non pare anche a te che Marie sia… un po' diversa?
Andrea – te ne sei accorta?
Anne – tu l’hai abbracciata, cosa hai sentito?
Andrea - te lo spiego con esempio: intreccia le dita delle
mani tra loro. Io metto il pollice destro sopra il sinistro… non mi viene mai
da fare il contrario, tu?
Anne – uguale…
Andrea – adesso inverti, il sinistro sopra il destro… la
senti la spigolosità delle dita, come
se non fossero più al loro giusto posto?
Anne – sì, buon esempio… il corpo di Marie, c’è qualcosa di diverso, non riguarda la salute, non
so spiegarlo…
Andrea – sono d’accordo… sai cosa penso, vero?
Anne – … la signora?
Andrea – infatti… e Jean.
Anne – Jean?
Andrea – Jean in qualche modo è in contatto con la signora, altrimenti non si spiegherebbe il
disegno dell’uccello giallo. Marie disse che era come il biglietto per entrare
al cinema…
Anne – e quindi… aspetta, ti riferisci a stamattina, vero?
Andrea – sì… Jean è sbucato dalla camera di Marie come dal
nulla, io non l’avevo visto entrare.
Anne – neanch’io, strano perché lo osservo continuamente…
l’unico momento “cieco” è quando sono venuta ad aprirti e dopo abbiamo parlato
per più di un’ora.
Andrea – non è andato da Marie per salutarla ma per stare con lei da solo, senza di noi.
Anne – per quale motivo?
Andrea – forse stava per accadere qualcosa a Marie… qualcosa
che noi avremmo potuto sbagliare a interpretare… per esempio un fatto fisico
con delle reazioni incontrollabili…
Anne – mi sarei preoccupata tantissimo, conoscendo la sua
salute.
Andrea – appunto, avresti potuto interpretarlo nel modo che
conosci, medico… interferendo – pur con tutta la buona volontà - con un processo in atto… mi capisci?
Anne – ma che tipo di processo
intendi?
Andrea – non lo so, ma a Marie stanno accadendo cose che… non
conosciamo, per dire, i santi volavano…
Anne – stai dicendo che Jean la sta proteggendo, quindi la pizza…
Andrea – esatto, uno dei motivi è stato per sgomberare il
campo dalle interferenze, da noi… credo che Jean agisca senza pensarci,
istintivamente.
Anne – se è così e ormai non ne dubito, si spiega anche la
richiesta che Marie mi ha fatto, dopo aver parlato con Gianni e saputo del tuo
ritorno… di trasferirsi nella dependance… adesso tutto torna.
Andrea – Anne, hai un compito difficile, Marie è così fragile…
il consiglio è di guardare cosa fa Jean… dice che noi siamo con lui ma non possiamo davvero capirlo… però pare che istintivamente conosca i nostri limiti.
Adesso devo andare.
Anne – mi raccomando, guida con prudenza, in questa borsa frigo c’è la panna introvabile, per fare
il caffè a Gianni, Dimitri e tutte le persone che ti sono vicine, salutale da parte mia… spero di vederti presto.
Andrea – grazie di tutto Anne, sono arrivato da solo e
riparto in compagnia, la vita toglie e la
vita dà…
Anne – (sorridendo) -
pensiero filosofico?
Andrea – no, economico:
partita doppia, entrate e uscite.
…………………………
21 – Di
nuovo a casa
Il calendario, con la sua suddivisione in giorni, settimane e
mesi, oggettivamente impone la legge del
divenire, simbolicamente scandita dall’orologio. Ma la percezione del trascorrere del tempo è soggettiva e diversi fattori
possono modificarla: nel caso di Andrea le situazioni e interazioni con le tre
persone incontrate.
Alla guida dell’auto noleggiata, come in un cinema, rivide il
cortometraggio di quei sei giorni della sua vita, nitido e dettagliato grazie
alla buona memoria.
Pensò che i cattivi ricordi allungano il viaggio nella
direzione del tempo mentre quelli buoni accorciano quella dello spazio… non
sentendosi in obbligo (verso la parte logico-deduttiva di sé) di sviluppare e
spiegare l’aforisma prodotto. La
cui validità poggiava sulla propria percezione: settecento chilometri di strada
condensati in pochi passaggi chiave e in quanto all’allungamento dovuto a quelli cattivi… beh, non c’era stato
affatto poiché il cortometraggio (convenientemente montato) li collocò nel backstage, per una futura visione.
Come era partito col buio così Andrea fece ritorno, nel cuore
della notte (le due); facendo il minimo rumore possibile si sistemò sul comodo
divano del soggiorno, dove prima di sprofondare in un sonno profondo ritornò
col pensiero a dieci anni prima, quando la sua (ex) principessa decise di cambiare
castello ed egli evitò la loro camera, poi usata per gli ospiti.
Adesso la ruota del tempo riproponeva, invertita, una
situazione che aveva qualche analogia con la precedente ma con una prospettiva
ben diversa, di fiduciosa attesa nell’evolversi degli eventi.
Alle cinque del mattino si svegliò di botto, tanto che pensò
di non essersi neppure addormentato, solo assopito quel tanto da perdere
coscienza. Tuttavia si sentiva perfettamente
riposato, con una indefinibile sensazione proveniente dai meandri
dell’inconscio, dove forse aveva visionato il backstage che allungò le
tre ore di riposo. Neanche il tempo di pensare a un corposo caffè per iniziare
l’impegnativa giornata che già la memoria (olfattiva) gliene riproponeva
l’aroma… solo che non era la memoria l’artefice, ma Gianni che nel lato cucina
stava trasferendo quello appena uscito dalla caffettiera in due capienti tazze…
Gianni – sono contento di rivederti… il caffè è pronto.
Andrea – anch’io e grazie per il caffè, dev’essere stato il
profumo a svegliarmi. Avrò una giornata
impegnativa… dopo la vacanza.
G – conta su di me... a proposito, hai parlato due volte nel
sonno.
A – ma tu eri sveglio?
G – avevo riposato a lungo nel pomeriggio perché ci tenevo a
prepararti il caffè, ringraziandoti per l’aiuto dato a Marie.
A – ci si aiuta uno con l’altro… sei stato davvero in gamba a
tenere il timone, è proprio vero che le circostanze rivelano il carattere. Che
ho detto stanotte?
G – la prima volta, un’ora dopo che hai spento la luce, ho
afferrato le parole - “noi siamo insieme”.
La seconda - “lo scopo, posso farcela, Franco”. Rammenti
qualcosa?
A – purtroppo nulla… noi
siamo insieme sono le parole di Jean e dello scopo ha scritto Franco nel messaggio.
G – l’ho portato per rileggerlo assieme:
“Caro
amico, sono profondamente afflitto poiché credo che avrai serie difficoltà a
causa mia… diverse volte sono stato tentato di andarmene per non tradire la tua
fiducia, rinunciando allo scopo della mia vita. Ma non ho potuto farlo perché
in quello scopo ci sono persone che le hanno dato un senso e tu, l’ultima, sei
la più importante... se lo scopo sarà
raggiunto anche tu avrai una ricompensa che inonderà di senso la tua vita.
Vorrei, ma non posso dire di più. Il
tuo amico Franco.”
Sulle difficoltà non sbagliava. Adesso la prima questione, la
più importante è: i delinquenti hanno ottenuto quello che cercavano?
Altrimenti…
A – ne sono sicuro, altrimenti non se ne sarebbero andati.
G – lo credo (e spero) anch’io. La seconda questione riguarda
chi ha mandato il pacco… ho verificato, non è arrivato tramite posta o da
qualche altro spedizioniere… nessun mittente, solo il tuo nome e indirizzo, è
stato portato a mano da qualcuno, sfuggendo ai delinquenti che controllavano le
consegne. Se al tuo assistente non fosse venuto in mente di darlo a Maxim…
A - … sarebbe stato peggio, non potevamo reggere ancora.
G – hai ragione, ben tredici persone in ostaggio…
A – tu il quattordicesimo e da un’altra parte io, Marie, Anne
e Jean. Adesso posso dirlo, solo a te… quando sono andato con Anne per le spese
e la panna mi è parso che un’auto ci seguisse. Con quanto accadde a Ludmila
basta poco per allertarmi, speravo in
una suggestione ma al ritorno ho visto nuovamente l’auto stare debitamente a
distanza nonostante la strada libera. Per quello parlai ad Anne
dell’opportunità di trasferirci e se non mi avesse riportato l’incoraggiamento di Jean…. anche per me
è stata dura tenere il timone.
G – sono costernato di averti cacciato in questo guaio…
A – sono i guai che ci vengono a cercare, forse per metterci
alla prova... credo che controllassero la casa di Marie e forse conoscevano le
sue condizioni di salute, per cui è stato bene che si sia allontanata, non
l’avevano previsto al pari della mia fuga. Ieri, andando in pizzeria, ho
prestato la massima attenzione… tutto tranquillo, come lo era Jean… credo
proprio che sia finita.
G – solo Franco avrebbe potuto mandarti il pacchetto… deve
aver incaricato qualcuno per farlo dopo un anno dalla morte. Marie mi ha detto
del ciondolo di Gerard, c’era quello nel pacco, un amuleto?
A – sei sorpreso, come lo sono stato anch’io… per un semplice
ciondolo una banda di delinquenti ha tenuto in ostaggio diciotto persone e non
avrebbe esitato a ricorrere alla forza per impadronirsene. Il valore non è
nell’oggetto ma in quello che permette a chi lo detiene… pare che abbia
influito positivamente sulla salute di Gerard e Marie (prima che accadesse
qualcosa), c’è qualcosa di più importante?
G – no, non c’è… dimmelo sinceramente, come sta Marie?
A – dopo il discreto miglioramento che le ha permesso il
viaggio, ha ripreso a passeggiare e stare all’aperto. Come sai ieri mattina era
debole ma Anne, da medico, dice che i parametri sono nella norma,
compatibilmente con le condizioni del suo cuore. Quando l’ho salutata nel
pomeriggio si era ripresa, ma…
G – ma?
A – la signora…
G – quella che ha sognato…
A – sì, quella del sogno… per lei Jean ha disegnato l’uccello
giallo con l’occhio di sole e… mi hai chiesto di essere sincero, credi che il
miglioramento della salute di Marie sia avvenuto per caso, proprio in
coincidenza col mio arrivo? Anne dubitava persino di poter rivedere la sua
amica e invece…
G – pensi sia successo qualcosa di… ultraterreno?
A – quando dormiamo si apre la porta di un altro mondo di cui
non conosciamo le regole. Sovente la memoria conserva il ricordo dei nostri
viaggi ma almeno in alcuni l’interazione è così reale da farci dubitare quale
sia la vera realtà. A Marie è accaduto quando ha incontrato Franco e qualche
giorno fa con la signora, è evidente che
la tua compagna, la mia amica… ha qualcosa di speciale, come Jean del resto.
G – ma c’è un motivo per tutto questo?
A – l’ha scritto Franco, non dimenticarlo…
G – lo scopo…
A – hai tutte le informazioni e molti avvenimenti li hai
vissuti di persona… man mano collega i punti, in questo momento cosa ottieni?
G - … un disegno?
A – esatto, quello fatto da Jean. A Marie sta succedendo
quello che la signora vuole che succeda…
la sta preparando per l’incontro (gli riferì l’ultimo colloquio con Anne) e
in un modo che non possiamo comprendere Jean la sta proteggendo. Se non l’accettiamo non c’è
nessun disegno, solo punti scollegati nello spazio e nel tempo… è lo scopo che via via unisce i punti, noi
possiamo solo osservare il risultato e credere di fare la mossa successiva, ma
qualunque sia noi vivremo il copione senza
– in questa realtà – poterlo leggere prima.
G – qualcuno può farlo?
A – credo che la signora, quand’era in vita, potesse…
G – e Jean?
A – Jean è un dono, per Anne e per tutti noi…
G – Anne l’ho incontrata un paio di volte ma il bambino non
l’ho ancora conosciuto, mi farebbe davvero piacere…
A – eh, magari un giorno li portiamo qui, ho dei progetti al
riguardo… accidenti, la sveglia non ha suonato…
G – boss, sono io la tua sveglia e sono già pronto! Che
facciamo?
A – (dandogli un
buffetto sulla spalla) temi che me la svigni di nuovo, eh… allora tu prendi
la mia auto e mi segui, riconsegno quella noleggiata e poi andiamo al bar.
G – i tuoi clienti vorranno fare il bis, lascia un po' di
panna per stasera… l’ho promesso ai moldavi che quando tornavi avremmo offerto
il caffè… la cena la preparano loro, non ti dispiace, vero?
A – figurati, Anne mi ha dato un bricco di panna introvabile proprio pensando ad una cosa
del genere, eh, l’intuito femminile!
G – Marie dice che c’è del tenero tra voi, sono proprio
contento!
A - Marie non mente mai…
………………………………………………….
22 –
Progetti (1)
Uscendo
incontrarono Ludmila
Andrea – ho saputo quello che ti è successo, mi dispiace ma non
potevo immaginarlo.
Ludmila – niente successo,
io correvo più forte. Felice che sei tornato!
A – grazie, anch’io sono contento di rivederti, Gianni mi ha
detto che stasera festeggiamo! Ci sarete tutti?
L – sì, tutti vogliono
salutare e stringere mano, anche bambini… Dimitri ancora arrabbiato con Nicola,
tu puoi dire che fatto bene a spegnere motore, eh?
A – non preoccuparti, stasera a cena sistemo tutto! Gianni,
come si dice buon appetito?
G - Bucura-te de masa ta (buon
appetito)… suntem impreuna cu prietenii nostri!
L – (sorpresa) - inveti
limba noastra… tu impari lingua nostra, băiat bun! (bravo).
G – Mulțumesc… (grazie)
A – allora a stasera… bună! (ciao)
L - Bună ziua! (ciao a
voi)
G – bună, Ludmila.
Ludmila
sorridendo si allontana.
G – băiat bun (bravo) Andrea, una parola l’avevi
imparata!
A – tu ben di più… non posso competere con un bibliotecario.
Dopo buon appetito che hai detto?
G - suntem impreuna – noi
siamo insieme, cu prietenii nostri -
ai nostri amici…
A – riesci sempre a sorprendermi!
Riconsegnando l’auto Andrea domandò quanto fosse richiesto
quel modello e, interloquendo con la segretaria (un barista dev’essere un chiacchierone) seppe che il giorno stesso della consegna
un’altra persona le fece quasi le stesse domande. Dopo poche ore avevano già
individuato l’auto; una volta di più Gianni si stupì dell’efficienza di quei
delinquenti, dei professionisti.
Arrivati al bar, Andrea si rese conto di quanto la settimana
di assenza avesse modificato la sua percezione delle cose e in ultima della
vita stessa. Gli pareva di essere ritornato nella classe (di scuola) dove aveva
concluso l’anno scolastico, dopo la breve vacanza, tuttavia sufficiente a creare
uno stacco, una frattura che separò le due sponde della sua esistenza: prima della fuga e dopo.
Nella sponda del prima c’erano
le memorie di tutti gli avvenimenti, pensieri,
sensazioni, emozioni e sentimenti. Ognuna era come una casa, una
costruzione più o meno grande collocata in un punto di una strada e così via le
altre. Aveva percorso quelle strade innumerevoli volte e conosceva la maggior
parte degli edifici, taluni sin nei minimi particolari. Ma solo adesso, dalla
sponda del dopo, si rese conto di
poter vedere tutte quelle costruzioni – quei punti – unite da tenui linee
luminose. Prima conosceva gli edifici
della città, adesso la vedeva… le
linee che collegavano i punti (gli edifici) ne avevano rivelato la forma e molte
(di quelle linee) erano aperte, il
capo libero proteso verso direzioni sconosciute.
Nella sua mente si formò il pensiero che vedere la propria città è partecipare allo scopo… poi sarà lo scopo che farà incontrare altre
persone (Gianni, Marie, Anne, Jean,
Dimitri…) che già vedono o vedranno la loro città, e una volta insieme (… noi siamo insieme) non guarderanno
agli edifici ma alle tenui linee luminose che collegano ogni cosa… una differente realtà coesistente a quella
ordinaria.
Andrea – (sorridendo
scherzoso) allora, Michele (l’assistente del bar), come stanno
andando le cose… abbiamo ancora clienti o li avete fatti scappare tutti?
Michele – (sorridendo a sua volta) … spiritoso, quelli vecchi
(clienti) ci sono ancora perché li hai viziati e i nuovi- sì ne abbiamo di
nuovi, eh – perché mi sono permesso (con Pino, l’aiutante temporaneo) di ampliare la ristorazione e già non
riusciamo a soddisfarli tutti… che te ne pare?
Andrea, da
persona pratica quale era, colse al volo la nuova prospettiva e Gianni una
volta di più rimarrà allibito dalla velocità d’azione dell’amico.
A – bravi ragazzi… allora facciamo sul serio, il locale
adiacente è libero… ci starebbero più di dieci tavoli, per i permessi e gli
arredi non ci sono problemi, l’importante è cominciare, d’accordo?
Pino – (che aveva
rizzato le orecchie) … potrei restare anch’io?
A – se a Michele va bene (Michele
mostra il pollice – ok) fai parte del team.
Però…
M – però..?
A – però per assumervi stabilmente, coprire le spese e
naturalmente non andare in perdita… dobbiamo proporre anche un attraente servizio
serale, per il quale non potete contare su di me… comincio a invecchiare e vado
a letto con le galline. Se dopo l’avvio funziona, in più dovrete arrangiarvi quando
frequentemente dovrò assentarmi, patti chiari… ok?
M – chiarissimi… in
due non possiamo farcela, però già un paio di ditte hanno chiesto per la
consegna in sede, se avessimo un’altra persona che ci aiuti qui e si occupi del
trasporto…
A – ce l’abbiamo, di assoluta fiducia!
M – accidenti, allora dobbiamo proprio accettare (Pino sprizzava felicità), non te ne
pentirai. Ci sono grandi potenzialità - il locale a fianco ha anche un
giardinetto sul retro…
A – oh, una cosa alla volta… bravi ragazzi, vero Gianni?
G – sicuro, i migliori che potevi trovare… e l’altra persona (era certo che pensasse a Ludmila) è
perfetta per il ruolo!
A – benissimo, tutto a posto! Vado subito a prendere
informazioni.
M - magari non proprio subito, i tuoi viziati clienti stanno
attendendo il famoso caffè con panna, non puoi deluderli, eh…
A – no davvero… L’oiseau
jaune non delude nessuno!
G & M & P - … che è?
A – (sorridendo) il
mio canarino e il nuovo nome del bar…
……………………….
23 –
Progetti (2)
Andrea, dopo avere avuto conferma della disponibilità del
locale adiacente, contattò il suo commercialista e il geometra affinché
procedessero speditamente col progetto.
Gianni – vorrei partecipare e sono certo che Marie
approverebbe, all’ampliamento dell’attività
mettendoci un po' di denaro. Non come prestito da dover rendere ma come
donazione di un supporter del
progetto che coinvolge tutti noi.
Andrea – che dire, non
me l’aspettavo e ti ringrazio… più perché credi nel progetto che per il denaro,
al momento non ne ho bisogno…
G – non dovranno mai esserci momenti di difficoltà riguardo questo progetto, istituiremo
un’associazione dotata di un fondo - da cui attingerà per ogni evenienza – che
si ricaricherà automaticamente garantendo sempre la cifra iniziale.
A – eh..? Ma a che scopo prendersi un tale impegno?
G - … stamattina mi hai detto di non dimenticarmi dello scopo di cui parlava Franco… e dopo
questa settimana forzatamente in compagnia degli amici moldavi mi sono reso
conto che forzatamente è stata, per
me, una benedizione… mi mancava il contatto con le persone semplici… solo Maxim
e Nicola potevano apprezzare la mia semplice cucina… pasta aglio, olio e
peperoncino o al pomodoro… mi capisci?
A - … solo Anne e Jean potevano aprire una porta che tenevo
chiusa… certo che ti capisco, vada per l’associazione... mi sa che quando Anne lo
saprà vorrà partecipare!
Al ritorno
a casa nel pomeriggio, Andrea accennò
all’amico il progetto di ristrutturazione del casale e dei tre piccoli
appartamenti (uno dei quali per lui e Marie) senza addentrarsi troppo nei
dettagli, avendo notato il suo interesse… Si preparò per la cena con gli amici
moldavi e aggiornò Anne riguardo il bar – senza dirle del nuovo nome – e lei,
come aveva immaginato, chiese di far parte dell’associazione prospettata da
Gianni.
Andrea
recuperò le vecchie planimetrie del casale che sistemò sul grande tavolo e
chiese a Gianni di far venire tutti i moldavi, una mezz’ora per parlare di cose
pratiche prima della cena.
G – anche i bambini?
A – i bambini… ce la faresti a intrattenerli intanto che io
spiego le novità?
G – quattro ragazzini e un bimbo, affidati a un pigro
bibliotecario in pensione… qualche idea?
A – qualcosa di pratico...
G – ah, ci sono… mi dai carta bianca, posso girare per il
casale?
A – come no, vai e fai quello che ti pare, mi basta mezz’ora!
G – bueno, ti
prendo in parola, eh…
Quando
arrivarono i moldavi Andrea, intuendo che alcuni di loro erano preoccupati,
prese subito la parola…
Andrea - Bună ziua! (ciao a voi)… so dire solo questo grazie
a Gianni (che rimase al pianoterra con i
ragazzi).
Accomodatevi: alla mia destra
Dimitri e Natasha, a sinistra Nicola e Maxim; di fronte Veaceslav, Ludmila,
Liliana e Alexandru. Intanto,
la prima cosa: buone notizie! (...
respiri di sollievo).
La seconda: senza Dimitri voi non sareste qui e nemmeno io…
lo rispetto e so che posso sempre contare su di lui. Ma se non ci fosse stato
Nicola sul furgone a togliere le chiavi… quelli erano armati e poteva succedere
una tragedia, per noi e i ragazzi… quindi grazie Dimitri, grazie Nicola e
grazie a tutti per l’aiuto che ci avete dato.
Si alzò in
piedi e porse la mano destra a Dimitri e l’altra a Nicola, guardandoli come
farebbe un padre, nonostante non ne avesse l’età. I due capirono e si strinsero
la mano… Ludmila e Liliana piansero. Nicola e Maxim erano loro cugini. Andrea
continuò…
Dopo quello che è accaduto ho deciso di cambiare un po' di
cose, qui e altrove. Dieci
anni fa, con la mia compagna di allora, stavo per ristrutturare questo casale e
adibirlo ad agriturismo… ma lei preferì un altro progetto, senza di me. Avevo
pensato di vendere tutto e andarmene quando incontrai Dimitri che finalmente
poté riunire la sua famiglia e in seguito far venire quella del fratello
Veaceslav.
Alexandru e Ludmila sono ospiti, qui non c’è abbastanza
spazio e solo due bagni per tredici persone… per tre coppie (e cinque figli) servono
due appartamenti grandi e un
appartamento piccolo per gli ospiti…
Del mio laboratorio (la vecchia stalla) di oltre duecento
metri quadrati me ne basta un terzo, nei due terzi più gli spazi dove siete
adesso… realizziamo due grandi appartamenti con stanze per tutti e due bagni
ciascuno.
Del fienile esterno ho già il progetto approvato per tre
appartamentini… due servono a me e uno è per Ludmila e Alexandru, non più
ospiti ma residenti…
Mentre illustrava
la futura destinazione degli spazi, indicandoli nelle planimetrie, gli uomini –
tutti lavoravano nell’edilizia – capita
la complessità del progetto e l’impegno richiesto, si guardarono tra loro,
attoniti… contrariamente alle donne che superato lo stupore iniziarono a
figurarsi come sarebbe cambiata la loro vita e quella dei ragazzi potendo
disporre di tali spazi e comodità. Ludmila era la più emozionata, la generosa ospitalità dei parenti e la
tolleranza di Andrea non potevano che essere temporanei e già da un po' lei e
Alexandru stavano cercando una sistemazione. Poter usufruire di un appartamento avrebbe
risolto la maggior parte dei loro problemi senza doversi allontanare dai parenti.
… bene, questo è il progetto, le spese per le pratiche
edilizie e tutti i materiali sono a mio carico ma dovreste fare voi la maggior
parte dei lavori, poi ci accorderemo sui tempi necessari. Naturalmente
troveremo la forma appropriata che vi dia la garanzia di una residenza stabile
e duratura. Che dite?
La mezz’ora
era passata e Gianni, ritornato con la sua “classe”, fece in tempo ad ascoltare quest’ultima parte
del discorso e prendere la parola…
Gianni - Sunt de acord! (io
sono d’accordo!) . Uno degli appartamentini sarebbe per me e la mia compagna
Marie. Adesso, per farla breve che i ragazzi hanno fame, alzi la mano chi è
d’accordo… ah, unanimità, uno per
tutti, tutti per uno!
Andrea – andate pure per la cena, vi raggiungo subito…
Ludmila, aspetta un momento, devo chiederti una cosa…
L – io non so come ringraziare… perché tu fa tutto questo?
A – a te posso spiegarlo, dove sono stato ho incontrato Anne
e suo figlio Jean di sei anni… mi capisci, vero?
L – sì, Gianni dice che fai famiglia.
A – Gianni è un simpatico chiacchierone, non sa tenere i
segreti. Quando sono entrato nella grande stanza di Jean ho visto centinaia di
oggetti, tutti bene in ordine su scaffalature e tavoli… e mi è venuto in mente
il figlio di Dimitri, Matej, quando il mese scorso mi ha aiutato a mettere al
sicuro il canarino (Picchio) dalle
grinfie dei gatti. Avevo pensato di fargli un regalo e aspettavo di avere
l’idea giusta. Tu sai cosa piace a Matej?
L – sì… lui piace giochi con TV ma di più piace fuori, alberi,
piante e camminare…
A – già, quando i bambini sono piccoli puoi metterli dove
vuoi ma quando crescono, come le piante, hanno bisogno del proprio spazio.
Matej ha undici anni ed è qui da otto, l’ho visto crescere… dove dorme la
notte?
L – stanza di mamma c’è anche due bambini, stanza piccola
data a me e Alexandru… Matej apre letto di cucina…
A – questo (una stanza
tutta per lui) è il regalo di cui ha bisogno, lui e tutti voi avete bisogno
di spazio e io ce l’ho… dovevo capirlo prima.
Ludmila trattenne
a stento la commozione ma ancor prima di parlare…
A - Adesso una cosa che ti riguarda… ho un altro progetto che
riguarda il mio bar. Voglio ingrandirlo e assumere i due assistenti, ci sarà molto
da lavorare anche lì…
L – io posso aiutare, fare tante cose, ho tanto tempo, tu
chiedi tutto quello che serve…
A – abbiamo bisogno di un’altra persona che lavori nel bar e
che si occupi delle consegne di cibi alle ditte. Io, Gianni, la sua compagna e
Anne costituiremo un’associazione e lavorerai per quella, assunta regolarmente…
Dalla
sorpresa quasi le si bloccò il respiro, l’impiego stabile le avrebbe risolto il
problema maggiore, il permesso di soggiorno. Non riuscì più a trattenere le
lacrime e istintivamente abbracciò Andrea… avendo 23 anni poteva essere sua
figlia.
La Mămăliga viene
servita generalmente con la panna acida e il Brânză,
un formaggio tipico, molto saporito, che viene sbriciolato. Per gustarla al
meglio si intinge un po’ della polenta moldava nella panna acida e poi nel
formaggio.
La Plăcintă è una sfoglia
di pasta sottilissima farcita con formaggio, cipolle, patate, cavolo, ma anche ciliegie e mele. Dolce
o salata che sia, la Plăcintă è un capolavoro di creatività di
chi la prepara… e se si tratta di donne moldave sarà indimenticabile.
La storia di
questo piatto è davvero molto antica e sembra essere greca.
L’etimologia del nome, però, sembra risalire al periodo della dominazione
dell’Impero Romano su queste terre. Il nome romano di questa specie di
torta era Placenta (o Libum) ed era la tipica focaccia che
consumava l’esercito romano. Con l’avanzata sul resto dei Balcani, questa
preparazione si diffuse un po’ ovunque e la Plăcintă ricorda il burek della cucina
balcanica.
Le Sarmale,
piccoli involtini di foglie di vite ripieni di riso e carne
vengono fatti cucinare all’interno di contenitori di terracotta smaltati nel
forno.
La Babă neagră,
torta al cacao è uno dei dolci tipici moldavi delle campagne al nord
del Paese. Per prepararla servono farina, uova, cacao, zucchero e kefir (latte
fermentato). Una volta pronta la Babă neagră avrà un aspetto poroso e
morbido, una consistenza perfetta per intingerla nella crema alla vaniglia servita
insieme alla torta.
https://viaggichemangi.com/europa/moldavia/piatti-tipici-moldavi/
Pur avendo
degli ottimi vini i moldavi accettarono il prosecco portato da Gianni (che non
voleva presentarsi a mani vuote).
Per il caffè… rimando alla descrizione di quello fatto a casa di Anne con una piccola aggiunta… essendo ormai di dominio pubblico l’inizio della relazione di Andrea e Anne, Ludmila volle che un caffè, dedicato a lei, Jean e Marie, fosse lasciato sul tavolo. Alla fine della cena l’avrebbe offerto a una immaginetta cui era devota.
Il valore non è nella forma ma nell’intenzione.
………………………………………………
24 – Matej
Gianni – giornatona
ieri, eh..?
Andrea – accidenti, mi hai svegliato tu anche questa volta!
G – (sornione) te
l’ho detto, sono la tua sveglia… ma non prenderci l’abitudine, costo caro…
A – (sorridendo) costi
caro, che vuoi dire?
G - gli appartamenti… io ho venduto il mio perché inutilizzato e
disporne di uno qui, in questo bel posto vicino al mare (sperando Marie possa riprendere a viaggiare) ci farebbe davvero
piacere…
A – (riproponendo il
fare sornione dell’amico) non perché
ci sono io e la tribù moldava, eh…
G – (sorridendo) … ci farebbe davvero piacere, per rivedere gli
amici moldavi e verificare i miei progressi linguistici, non sia mai che mi
superi anche in quello… in quanto a te, come detto ho un costo e i veri amici
dividono tutto, fifty-fifty.
Il bel progetto del bar, far lavorare i ragazzi e Ludmila… la
generosità che hai dimostrato offrendo la tua casa, insomma, fammi partecipare,
i moldavi sono diventati miei amici…
A – avevo notato il tuo interesse ieri, quando ti ho
accennato agli appartamenti ma penso che hai, avete già fatto molto con
l’associazione… i soldi non crescono nell’orto.
G – ti racconto un episodio, una coppia di amici, pensionati
prima di me, possedevano tre case ed ebbero un’eredità da aggiungere ai
cospicui risparmi… in più erano frugali e senza vizi. Alla domanda sulla
consistenza del loro patrimonio (per curiosità, mica per farmi gli affari loro)
non risposero e mi ci volle un po' per capire che non volevano rispondere, probabilmente considerandola
un’informazione sensibile, da tenere riservata.
Per me e Marie basta la mia pensione, in più lei è proprietaria della
sua casa, riscuote a vita gli interessi degli oculati investimenti del padre e
abbiamo oltre quattro milioni di euro di risparmi… che aumentano di mese in
mese. I soldi non crescono nell’orto ma sui soldi stessi… tu quanto hai?
A – perbacco… ho quello che mi basta per i progetti, a
centomila ci arrivo, magari aggiungo un mutuo…
G – l’avevo immaginato… pur con tutta la buona volontà dei
moldavi non basterebbero, prosciugheresti i risparmi e dovendo anche rimborsare
il mutuo non potresti neppure cambiare la tua vecchia auto (il motore fuma azzurro, ti sta lasciando), non è che puoi sempre
noleggiarla per andare in Savoia, eh…
A – su questo hai ragione… ma conto sui guadagni del bar…
G – lo sai bene, all’inizio sono solo spese, forse tra un
anno… perché rischiare?
A – vuoi proprio saperlo?
G – certo, per capire come comportarmi con te, il mio miglior
amico…
A – per Anne… sento di doverle rendere conto non della mia
vita passata ma delle scelte dopo averla conosciuta… quando Ludmila mi ha detto
che Matej tutte le notti prepara il letto in cucina mi sono sentito un verme,
ho visto crescere quel ragazzino come si vede un film, senza interessarmene
davvero… ho duecento metri quadrati usati solo per riporre quintali di scartoffie
e oggetti, neppure valessero qualcosa…
G – sai, ho parlato con Anne giorni fa… mi ha detto che non
ha mai conosciuto una brava persona come te, se posso dirlo… è davvero
innamorata, non di quello che hai ma di ciò che sei… vedi, per gli stessi tuoi
motivi sento di dover partecipare a tutti i progetti che ti verranno in mente,
quale che sia il prezzo… per Marie. Ovvio che il denaro è un mezzo e non un
fine, come l’hai appena dimostrato a me anch’io devo farlo con te… la reciprocità ha la sua logica.
A – e sarei io quello della filosofia… cosa suggerisci?
G – ci ho pensato giusto stanotte, la soluzione è presto
detta, dare il giusto valore alle cose… un
vero amico vale almeno il venti percento di quello che ho. Con quella cifra
facciamo l’associazione, arrediamo bene il bar e ristrutturiamo qui… ponendoci
l’obiettivo di finire i lavori in tre-quattro mesi. Dovrebbe bastare metà della
cifra, il resto messo in deposito fruttifero a basso rischio, a garanzia
dell’associazione. Con una parte dei tuoi risparmi ti prendi una buona auto per viaggiare e sei a
posto… l’associazione pagherà gli stipendi a tutti e poi mica scompaio, ti darò
una mano per occupare il tempo…
A – chi trova un amico
trova… il venti percento del suo tesoro! Mica male, non avrei mai creduto
di valere così tanto! Un giorno troverò un modo per reciprocare… ah, cosa ti sei inventato ieri per intrattenere la tua
“classe” di bambini moldavi?
G – evidentemente non sei passato dal laboratorio… ho
lasciato che i ragazzini aprissero un bel po' di scatoloni, oddio, con un’altra
mezzora li aprivano tutti… avevi detto carta bianca…
A – e carta bianca doveva essere… così ci portiamo avanti con
il trasloco.
Suona la
sveglia, sono le sei.
Anche
quella fu una “giornatona” con impegni e appuntamenti a ripetizione. Le due
volte che ritornò a casa per documenti e altre questioni pratiche, si sentì in
imbarazzo nell’incontrare i moldavi, sia gli adulti che i bambini… mancava poco
che, devoti com’erano, al vederlo si facessero il segno della croce… così
delegò Gianni (almeno per un po') per tutte le questioni da discutere con loro.
Il metodico amico bibliotecario pare non aspettasse altro che organizzare
movimenti, misure, liste di materiali, scalette dei lavori e così via,
riempiendo man mano di appunti un’agenda di grande formato che si era
anticipatamente procurato…
Per
rilassarsi un po' Andrea si dedicò ai canarini… promettendosi di iniziare
quanto prima la costruzione della voliera, per allontanarli dal cantiere che in
breve tempo sarebbe diventato il casale. Aveva giusto terminato quando arrivò
Ludmila e, dieci metri indietro, Matej,
in attesa.
A – ciao Ludmila, adesso non parliamo dei progetti…
L – no, no… capisco tu proprio stanco. Perdona ma Matej insiste
vuole dire qualcosa a te, ho detto aspetta che chiedo…
A – Matej può venire da me quando vuole, portalo qui.
Ludmila
esegue e li lascia soli.
A – ciao, è tanto che non parliamo noi due…
Matej – si, boss… da quando è arrivato Picchio (il ragazzino frequentando la scuola ha
appreso la grammatica).
A – sei stato proprio bravo, siamo riusciti a prenderlo prima
dei gatti che lo avrebbero ucciso. Volevi dirmi qualcosa?
M – Ludmila mi ha spiegato cosa farai qui, che eri triste per
me che dormo in cucina ma io sono contento di aiutare mia zia, lei è felice di
stare con noi…
A – anch’io sono felice di stare con voi e mi dispiace di non
averti dedicato un po' del mio tempo, magari andando a fare una passeggiata nel
bosco… ci sei mai stato nel bosco?
M – io lo conosco bene il bosco… ti prego non dirlo a mio
papà Dimitri, lui non vuole che mi allontani.
A – beh, i cinghiali sono pericolosi… ma quanto bene lo conosci il bosco?
M – tutto, da qui sino ai lavatoi…
A – sei andato da solo fino ai lavatoi! C’è un sentiero ma ormai
è diventato una giungla, l’ho fatto una settimana fa e mi sono completamente
graffiato. Qui nessuno conosce il sentiero, ne sono sicuro… chi te l’ha
insegnato?
M – Ludmila vuole che tutti ti rispettino, dobbiamo dirti
ogni cosa che succede, rispondere a quello che domandi e dire la verità… ma
avevo paura che tu dicessi a Dimitri che vado nel bosco…
A – sei andato più di una volta… non è possibile senza che nessuno
te l’abbia insegnato, non puoi dirmelo?
M – sì, adesso posso dirlo, Ludmila ha pregato per me… me
l’ha insegnato Picchio…
A - il nostro canarino? E quando?
M – quando anche tu l’hai visto era qui da una settimana,
stava proprio dove comincia il bosco e l’ho visto, l’ho raggiunto e seguito…
A – accidenti Matej, potevi perderti, farti male…
M – la prima volta è volato poco avanti… io penso che voleva vedere
se lo seguivo… poi è scomparso tra le foglie e sono tornato indietro.
A – e dopo?
M – il giorno dopo era ancora allo stesso posto… questa volta
ha volato di più, sino all’inizio del sentiero che hai detto, dove c’è la
pietra bianca con il numero. Di nuovo è scomparso. Il terzo giorno ancora ma
arrivati alla pietra è andato in giù, ha volato tantissimo ma avevo lasciato
dei segni (rami spezzati) per tornare.
A – come fai a essere sicuro che non hai fatto il vecchio
sentiero?
M – Ludmila mi detto che quando è venuta a prenderti erano
passate due ore ed eri tutto graffiato. Per il
sentiero che mi ha insegnato Picchio ci vuole tre ore, camminando
veloci. Io sono sicuro che non è il tuo sentiero perché non ci sono spine.
A – tre ore! Altrettante per tornare… e Picchio ha volato
tutto quel tempo…
M – per cinque giorni mi ha accompagnato sempre più avanti, il
sesto è rimasto all’inizio del bosco e sono andato da solo, avevo imparato ed
ero felice come non sono mai stato… al ritorno ha volato sino da te e poi… si è
fatto prendere, poteva volare via.
A – era senza forze quando l’abbiamo trovato.
M – le aveva consumate tutte per insegnarmi il sentiero, se
non imparavo sono sicuro che moriva, per quello l’ho fatto…
A – Matej, ti credo e hai fatto bene ma non diremo niente a
nessuno, è un nostro segreto, ok?
M – grazie boss… anche per la stanza, sono contento!
A – anch’io sono contento, ogni tanto dobbiamo passeggiare
assieme noi due, che ne dici?
M – quando vuoi ti porto nel sentiero di Picchio… non ci sono
spine.
A – sono proprio curioso… davvero hai raggiunto i lavatoi?
M – sicuro! Picchio ha volato fino alla vasca, a casa ho
fatto anche un disegno, vuoi vederlo?
A – sì… portalo domani e chiedi alla mamma (erano cominciate le vacanze) di darti
il permesso per stare con me tutto il giorno... domattina prendiamo anche i
cani, facciamo il sentiero che hai scoperto e mangiamo ai lavatoi, porto io
panini e bevande, ok?
M – (gli occhi gonfi
dalla sorpresa) nessuno cammina con me, non interessa… dici sul serio, un
giorno intero, non devi lavorare?
A – dico sul serio, la nostra amicizia è la cosa più
importante… avviso Ludmila di andare al bar al mio posto, così comincia a
prendere confidenza.
Si avvicinò
al ragazzino e lo abbracciò, aveva imparato come farlo, col cuore.
…………………………………………………….
25 – Reciprocità
Andrea – (cena con
l’amico) non ci credi, vero?
Gianni – ne sono accadute di tutti i colori, ma questa… un
canarino che insegna un sentiero al ragazzo, sinceramente è troppo… si tratta
di una fantasia di Matej (che sta sempre da solo), una sua interpretazione che
casualmente ha avuto successo.
A – Matej è un ragazzo sincero, sono certo che non mente sul
canarino. Se ha detto sei giorni sono sei giorni, durante i quali volava dentro
il bosco, poi, come dici tu potrebbe aver fantasticato e interpretato… domani
ne saprò un po’ di più.
G – ho parlato con Marie, dice che si trova bene nella dependance
e riposa quasi tutto il giorno… non se la sente di conversare, neppure con Anne
perché le porta via energie, invece non ha problemi con Jean che va da lei e
rimane ore per suo conto, senza parlare. Sembrava stesse recuperando…
A – ha sicuramente recuperato un po’ di salute, anche il
cuore va meglio e passeggiava all’aperto sino al giorno prima della mia
partenza. Sai come la pensiamo io e Anne,
che quello che sta passando abbia un’origine… non fisica. Tra le cose accadute quelle che la riguardano sono
le più sconcertanti e le conosci tutte… i disegni, il comportamento di Jean e
soprattutto la signora che potresti
interpretare come un contenuto che
risiede nel suo inconscio, attivato dalle circostanze e sostenuto da coincidenze
sincroniche, per dirla alla Jung. Il
perché stia passando questa fase di
ritiro dal mondo ancora non possiamo saperlo ma credo che sia appunto una
fase e non possiamo che avere fiducia - in quello che vuoi ma assolutamente
senza interferire - Marie è più fragile di un bicchiere di cristallo. Anne discretamente la sorveglia e l’assiste
insieme a Jean che lo fa in un modo che non possiamo comprendere.
G – quando hanno rubato il pacchetto ho pensato che fosse
tutto finito e già mi stavo preparando, al tuo ritorno, a raggiungere Marie…
non sono passate nemmeno due settimane e mi pare un anno. È la prima volta che
stiamo lontani tutto questo tempo… perdonami il momento di debolezza.
A – non c’è niente da perdonare, è umano… le circostanze che
ci separano dai nostri cari sono le prove più dure da superare, ti capisco
benissimo.
G – grazie… passiamo oltre. Visto che domani vai in gita e fatalità arriva
l’architetto – poiché me ne intendo di ristrutturazioni – potrei interessarmene
io?
A – di cosa non ti intendi..? Ieri mi hai detto del motore
della mia auto e per scrupolo sono passato dal meccanico… avevi ragione, dice
che costerebbe un botto sistemarlo e poi ci sarebbero sospensioni, frizione,
freni… addirittura il serbatoio del gasolio arrugginito, senza parlare della
carrozzeria… meno male che proprio ieri un
amico mi ha valutato e assegnato il venti percento del suo patrimonio,
salvandomi da una futura bancarotta… certo che puoi interessartene, mi
solleveresti da un impegno enorme… però non completa carta bianca, seguire il
progetto, eh…
G - … almeno qualche piccola modifica?
A – accidenti, ma non dormi mai… ti sei già studiato il
progetto?
G – se sono impegnato non penso…
A – buona cosa, a me succede il contrario, più mi impegno e
più penso… meno male che domani stacco tutto il giorno! Gianni… fai tutte le
modifiche che vuoi, ho completa fiducia in te.
G – reciprocità… Marie ce l’ha in te. A proposito di impegni,
hai detto a Ludmila di sostituirti al bar, domani.
A – sì, così comincia a prendere confidenza… come mai è
venuta a dirtelo?
G – hai presente quelle persone che si credevano ormai estinte…
che quando gli dai un incarico si studiano prima cosa e come farlo, prendono
informazioni e approfondiscono tutti gli aspetti?
A – quelli come te, intendi?
G – già… pensavo di essere l’ultimo della specie, prima che
venisse Ludmila a chiedermi gentilmente se
avevo dieci minuti di tempo. Voleva informazioni sul bar, sulle persone che
lavorano… come dire se non si sa fare qualcosa, se ci sono parole da non usare,
come vestirsi… e per finire come imparare bene l’italiano. Le ho proposto uno
scambio, lei l’italiano e io il moldavo.
A – siete troppo bravi voi due!
……………………………………………………………….
26 – Il vecchio lavatoio
I setter inglesi intuirono subito che le intenzioni di Andrea riguardavano anche loro e presero a girargli attorno in un carosello abbaiando festosi.
Se
l’eccitazione raggiunse il culmine al vedere il loro padrone impugnare il bastone
da passeggio, non c’è aggettivo oltre quel culmine quando arrivò anche Matej
che spesso se ne prendeva cura, facendoli giocare e correre.
Matej – ieri avevo detto a Natasha (la mamma) che portavi tu
i panini e le bevande ma lei ha voluto preparare la Plăcintă con la marmellata
di ciliegie, perché la sera della cena ha visto che ti piaceva… così
abbiamo anche il dolce, va bene?
Andrea – ottimo, faremo un bel picnic oggi… guarda i cani come
sono contenti! L’hai portato il disegno?
M – sicuro! Vuoi vederlo?
A – non ora, pensavo di guardarlo con calma quando
raggiungeremo i lavatoi, direi che possiamo partire, da che parte?
M – là in fondo, dopo la grande quercia.
Arrivati alla quercia Matej si inoltrò senza indugio in una direzione del tutto nuova per Andrea che si rese conto di non poter competere con le gambe lunghe, magre e forti del ragazzo e ne moderò l’andatura fermandosi a intervalli per scattare delle foto.
Una prima cosa era certa, sapeva perfettamente dove procedere.
In mezzora raggiunsero, per un’altra via, la pietra bianca (il cippo di confine) senza aver trovato i rovi (spine) presenti sin dall’inizio nel vecchio sentiero.
Già quel primo step dissolse gli ultimi dubbi di Andrea che propose una sosta e assaggiò la prima, squisita Plăcintă, imitato da Matej. Anche i cani, acquattati ai loro piedi, ebbero una manciata di cibo secco e una ciotola d’acqua.
Il sole del mattino stava prendendo forza e la sua luce, intercettata dalle fronde degli alberi, giocava con le macchie blu-nere del manto dei setter.
Tutto
era perfetto… stand by me… https://youtu.be/Us-TVg40ExM
Quando cadrà la notte
e la terra sarà buia
e l'unica luce che vedremo sarà la luna
no, non avrò paura
oh, non avrò paura
finché tu sarai con me, sarai con me
Quindi cara, cara
stai con me, oh stai con me…
Se il cielo sopra di noi
dovesse crollare e cadere
e le montagne dovessero sbriciolarsi nel mare
non piangerò, non piangerò
no, non verserò una lacrima
finché tu sarai con me, stai con me
Quindi cara, cara
stai con me…
Conclusa la
sosta per Andrea iniziò l’ignoto… poco oltre il cippo il ragazzo scartò sulla
sinistra, proseguendo in una discesa senza riferimenti. In corrispondenza di
cambi di direzione Matej indicò i segni che aveva lasciato, rami spezzati annodati
a vitalbe (piante simili a liane) pendenti. Sovente
i cani li precedevano come conoscessero la direzione o percepissero chissà
quale improbabile traccia odorosa.
Vi fu una
seconda sosta, più lunga della prima, per raccogliere le energie per affrontare
la parte più impegnativa, la lunga salita di un costone abbastanza impervio.
Pensò con dispiacere a Gianni, purtroppo non sarebbe mai stato in grado di
percorrere insieme a loro quel misterioso sentiero (per quello man mano lo
fotografava).
I due camminatori,
completamente assorbiti dal viaggio, in quell’ultimo tratto non scambiarono neppure
una parola e anche i cani rispettarono l’incredibile silenzio che li avvolgeva.
Infine Andrea individuò l’arrivo del vecchio sentiero, dove si stavano
dirigendo.
Tutto era
magico… Puff The Magic Dragon… https://youtu.be/z15pxWUXvLY
Puff, il drago magico
viveva vicino al mare
e si divertiva nella nebbia autunnale
in una terra chiamata Honah Lee
Little Jackie Paper
amava quel mascalzone Puff
e gli portava fili, ceralacca
e altre cose fantasiose
Oh, Puff, il drago magico
viveva in riva al mare
e si divertiva nella nebbia autunnale
in una terra chiamata Honah Lee
E insieme viaggiavano
su una barca con le vele spiegate
e Jackie stava di vedetta appollaiato
sulla gigantesca coda di Puff
Nobili, re e principi
si inchinavano ogni volta che arrivavano
le navi pirata abbassavano le loro bandiere
quando Puff urlava il suo nome
Oh, Puff, il drago magico
viveva in riva al mare
e si divertiva nella nebbia autunnale
in una terra chiamata Honah Lee
Un drago vive per sempre
ma non i ragazzini…
Ali dipinte e anelli di giganti
fanno posto ad altri giocattoli
Una notte grigia accadde
Jackie Paper non arrivò più
e Puff, quel potente drago
cessò il suo impavido ruggito
La sua testa era piegata dal dolore
scaglie verdi cadevano come pioggia
Puff non andava più a giocare
lungo il viale dei ciliegi
Senza il suo amico di sempre
Puff non poteva essere coraggioso
così Puff, quel potente drago
ritornò tristemente nella sua caverna
Oh, Puff, il drago magico
viveva in riva al mare
e si divertiva nella nebbia autunnale
in una terra chiamata Honah Lee
”) è un remix di
Finalmente raggiunsero i lavatoi dove i setter si rinfrescarono mentre loro, appoggiandosi con le schiene ai bordi, stesero la tovaglietta dove disposero il sostanzioso buffet, e, qualche metro più il là, quello (più semplice e senza tovaglietta…) per i due cani.
Andrea preferì l’acqua della fonte e Matej, incoraggiato, accompagnò il pranzo con le due lattine della famosa bevanda.
Al termine, il ragazzo consegnò il disegno all’amico che attese ancora un po’ prima diguardarlo… stava seguendo uno dei pochi pensieri che era riuscito a farsi strada in quel giorno di vacanza dalla vita quotidiana.
Il
pensiero riguardava la natura che li aveva accolti emanando la sua silenziosa
ma penetrante essenza… davanti a lui c’era uno spiazzo ricoperto da
innumerevoli piante diverse, alcune fiorite e altre in procinto di farlo, dove
non era intervenuta la mano dell’uomo a imporre il suo ordine, scegliendo quali
privilegiare e quali togliere dalla competizione… davvero competizione? –
continuò il pensiero – che mutò in un’immagine… quella di tutte le radici delle
piante, intrecciate tra loro e in simbiosi con miliardi di microrganismi diversi,
a costituire una sotterranea rete della vita dove ogni cosa aveva il suo posto,
dove…
Tutto è lo
scopo, lo scopo è tutto… tutto l’universo obbedisce all’amore… https://youtu.be/Q0pH-AEtdgw
Rara la vita in due fatta di lievi gesti,
e affetti di giornata consistenti o no,
bisogna muoversi come ospiti pieni di premure
con delicata attenzione per non disturbare
Ed è in certi sguardi che si vede l'infinito
Stridono le auto come bisonti infuriati,
le strade sono praterie
accanto a grattacieli assolati,
come possiamo tenere nascosta la nostra intesa
Ed è in certi sguardi che s'intravede l'infinito
Tutto l'universo obbedisce all'amore,
come puoi tenere nascosto un amore.
ed è così che ci trattiene nelle sue catene,
tutto l'universo obbedisce all'amore
Come possiamo tenere nascosta la nostra intesa
Ed è in certi sguardi che si nasconde l'infinito
Tutto l'universo obbedisce all'amore
come puoi tenere nascosto un amore,
ed è così che ci trattiene nelle sue catene,
tutto l'universo obbedisce all'amore
(obbedisce all'amore)
Come un
sipario si chiuse la visione e Andrea si dedicò al disegno…
A – chi ti ha aiutato, Ludmila?
M – nessuno mi ha aiutato, mi piace disegnare con la matita!
A – (non poteva credere
che a undici anni un ragazzino avesse una tale padronanza tecnica)… hai
altri disegni a casa?
M – sì, tanti… tutti a matita!
A – immagino che li hai fatti vedere ai tuoi, li hai portati
anche a scuola?
M – boss… io non voglio che mi vedano disegnare e li tengo
nascosti. Solo Ludmila sa che disegno ma non li ho mai mostrati neppure a lei.
A – perché a me lo hai mostrato?
M – … perché tu sei l’unico che ha camminato con me… siamo
amici?
A – (le parole del
ragazzo lo attraversarono come una lama, togliendo il superfluo
dall’essenziale)… per sempre Matej, te lo prometto!
M – questo è il più bel disegno che ho fatto. Sai, quando eri
via sognai che l’avrei regalato a un amico…
………………………………………………………………
27 – All’amore
Gianni – (dopo aver
ascoltato il resoconto della giornata, visionato le foto del sentiero
invisibile e soprattutto guardato il disegno di Matej, dovette ricredersi…)
faccio ammenda dei miei dubbi e accetto la storia del canarino, altrimenti
dovrei rifiutarmi di credere che Matej sia l’autore del disegno… ti vedo
proprio rilassato, certo che camminare per otto ore dev’essere stato molto faticoso.
Andrea – sì, comunque sempre meglio delle due ore della prima volta, per il sentiero inselvatichito e col cuore in gola.
Matej è uno stambecco, potrebbe farcela in
meno di sei, andata e ritorno, ma il rilassamento è anche dovuto a qualcos’altro…
sei stato bambino anche tu o (ridendo) sei
venuto al mondo già “cotto”?
G – … mi sono ritrovato adulto a lavorare in una biblioteca.
A causa del conflitto con mio padre credo di aver rimosso tutto, adolescenza e
infanzia compresa, quando ho capito che - panta
rei - era troppo tardi, come per
Marie e suo padre. Ascolterei volentieri qualcosa di te…
A – io nemmeno li ho conosciuti i miei genitori biologici…
orfano e adottato a sei anni. Una coppia senza figli un po' avanti d’età mi ha
portato in questo paradiso dove mi sono trovato subito a mio agio. I
grandi spazi del casale e l’ambiente esterno sollecitarono a tal punto la mia
immaginazione che… lei si serviva di
me e non viceversa.
G – non credo ci sia differenza, è una relazione biunivoca, quando si instaura i feedback forniscono
l’energia che la fa continuare.
A – … una relazione tra due soggetti?
G – beh, no… tra un soggetto e una sua abilità, come per gli
artisti, man mano acquisiscono padronanza (per esempio di una tecnica) e non ci
devono più pensare.
A – appunto, così l’abilità (alimentata dai feedback) lascia
la scena.
G – quando hai imparato una lingua non serve più ricordare
regole e grammatica, diventa automatico comprenderla e parlarla.
A – d’accordo, quando hai imparato
come metterti in ascolto non devi
far altro che… ascoltare, no?
G – direi di sì.
A – ma, come hai detto, essendo una relazione biunivoca con
una propria abilità, non si può che ascoltare se stessi, giusto?
G – il soggetto e la propria abilità non sono separati.
A – vero… nel caso di un artista, per esempio Mozart, che fin
dalla più tenera età aveva innatamente
tale abilità, quando si metteva in ascolto
(attraverso o per mezzo della propria abilità)… chi ascoltava, se stesso?
G - contenuti inconsci…
A – ah… di chi?
G – propri o collettivi.
A – ok, adesso visto
che è biunivoca, facciamo l’inverso… un “contenuto inconscio” richiede di essere ascoltato, stimolando
in qualche modo il soggetto ad apprendere la tecnica o sviluppare l’abilità,
che permetta la comunicazione. La domanda finale è la stessa, chi ascolta?
G – … il soggetto
ascolta.
A – e chi parla?
G – sempre il soggetto…
A – solipsismo?
G – Berkeley nega
che la realtà esterna abbia un’esistenza indipendente dal soggetto
(conoscente).
A – … all’opposto l’oggettivismo
ammette una realtà (materiale o ideale) alla quale il soggetto è subordinato.
G – una classica dicotomia
(divergenza)… e quindi?
A – quindi si rimane all’ascolto…
senza intervenire sul risultato (quale che sia) concettualizzandolo e
trasferendolo in categorie rigide e, come abbiamo visto, contrapposte.
G – facile a dirsi, è immediato…
A – per i bambini non è difficile…
G – … se non cambiate e
non diventate come i bambini non entrerete nel regno dei cieli.
A – sì, quel passo (ndr
- Matteo 18:1-4) si riferisce a bambini piccoli, fino a quando (cinque-sei
anni) si radica il senso dell’io che
non verrà più scalzato.
G – non abbiamo speranze…
A – l’io non potrà
chiudere tutte le porte…
G – ah… intendi l’arte, vero?
A – infatti si dice spirito
artistico, no?
G - e qui ritorniamo a Matej, dico bene?
A – dici bene, l’ispirazione
lo ha scelto… non solo quando disegna, per qualche motivo alcune porte del
ragazzo sono ancora aperte…
G – per l’arte convengo… quali altre porte?
A – adesso posso spiegarti quello che tu hai interpretato come il mio rilassamento. Anzitutto camminare con Matej non è come farlo con altri… quando te la senti potresti chiedergli di accompagnarti sino al cippo di confine, noi ci siamo arrivati in mezzora, non è impegnativo e non ci sono spine.
Là
abbiamo fatto la prima sosta e… hai mai provato la sensazione, nel ritornare in
un posto che ti piace (magari dove hai fatto una bella vacanza), di non essere
mai andato via di lì, di sentirti a tuo agio come al ritrovare un amico e,
soprattutto, che quella realtà
risuona come un’eco lontana dentro di te?
G – sì, diverse volte.
A – allora puoi immaginare come mi sentissi durante la prima
sosta…
Andrea propose una sosta e assaggiò la prima, squisita Plăcintă, imitato da Matej. Anche i cani, acquattati ai loro piedi, ebbero una manciata di cibo secco e una ciotola d’acqua. Il sole del mattino stava prendendo forza e la sua luce, intercettata dalle fronde degli alberi, giocava con le macchie blu-nere del manto dei setter.
Tutto
era perfetto…
G - stand by me, la
canzone e il film…
A – proprio così. Quando riprendemmo il cammino man mano che
seguivo Matej qualcosa dentro di me cambiava… si dissolveva e sentivo di essere tornato indietro nel
tempo, quando ero un ragazzino che seguiva il suo istruttore, l’immaginazione, che lo guidava
nell’esplorazione del mondo. Che era lo stesso ma, visto da una diversa
prospettiva… acquisì il potere di interagire
con me, con l’osservatore.
… vi fu una
seconda sosta, più lunga della prima, per raccogliere le energie per affrontare
la parte più impegnativa, la lunga salita di un costone abbastanza impervio. I
due camminatori, completamente assorbiti dal viaggio, in quell’ultimo tratto
non scambiarono neppure una parola e anche i cani rispettarono l’incredibile
silenzio che li avvolgeva. Tutto era
magico…
G – c’è una
canzone, Puff The Magic Dragon, parla
di un bambino che crescendo abbandona il mondo dell’immaginazione. Tu hai
potuto ritornarci…
A – sì, per un bel po' di tempo. Arrivati al vecchio lavatoio
mangiammo come mangiano i bambini… la differenza? Come se fosse l’ultimo cibo al
mondo… e al termine un pensiero s’illuminò nel mio cinema interiore…
… il
pensiero riguardava la natura che li aveva accolti emanando la sua silenziosa
ma penetrante essenza… davanti a lui c’era uno spiazzo ricoperto da
innumerevoli piante diverse, alcune fiorite e altre in procinto di farlo, dove
non era intervenuta la mano dell’uomo a imporre il suo ordine, scegliendo quali
privilegiare e quali togliere dalla competizione… davvero competizione? –
continuò il pensiero – che mutò in un’immagine… quella di tutte le radici delle
piante, intrecciate tra loro e in simbiosi con miliardi di microrganismi diversi,
a costituire una sotterranea rete della vita dove ogni cosa aveva il suo posto,
dove…
Tutto è lo
scopo, lo scopo è tutto.
G - … ti sono venute in mente le parole di Franco! Lo scopo di cui parla collega tutto…
A – auguriamoci sia così… e la canzone?
G – beh, non può che essere di Battiato, tutto l’universo obbedisce…
A - … all’amore.
……………………………………………………..
28 – Onde
A sua volta Gianni fece il resoconto della giornata all’amico
che una volta di più si stupì delle sue capacità, come ebbe modo di accorgersi
anche l’architetto, venuto a discutere il progetto.
Forte della delega Gianni impose metodo, condizioni e tempi
lasciando sbigottito il professionista col quale, dopo aver verificato le
tempistiche dell’ufficio tecnico (un mese per presentare il progetto e ottenere
le autorizzazioni) si accordò affinché l’esecuzione dei lavori fosse affidata a
una ditta (proposta dall’architetto) che garantisse un tempo di esecuzione di
tre mesi, lasciando ai moldavi il solo compito di agevolare la logistica
(esentandoli dal dover ulteriormente faticare dopo il proprio lavoro).
Per la durata della ristrutturazione si sarebbero affittate
tre case su ruote (due grandi e una piccola) dove alloggiare i moldavi.
Gianni diede qualche giorno (voleva essere pronto nel caso potesse raggiungere Marie) all’architetto
per sbrigare tutte le questioni e staccò l’assegno col primo acconto sul suo
onorario… che magicamente ne fugò gli ultimi dubbi e fece mutare
l’atteggiamento da un conosco il mio
mestiere a un amichevole tutto si può
risolvere…
A mezzogiorno aveva terminato, prese l’auto e andò al bar per
provare la cucina di Michele e vedere come se la cavava Ludmila, stavolta
rimanendo lui sorpreso…
Michele – (indicando
Ludmila) dobbiamo assolutamente
tenerla qui… sta dando una mano e gli sono bastati due servizi per imparare… i
clienti sono affascinati dal suo sorriso (ah,
è impegnata…) e se sa almeno un po’ guidare potremmo già assicurare le
consegne… che dice il boss?
Gianni – (ridendo) il boss è furbo, ha trovato chi far lavorare
al posto suo, non può che essere contento. Bisogna accelerare anche qui i
lavori e sollecitare il commercialista per farvi mettere tutti in regola … in
quanto al guidare scommetto che Ludmila col furgone ci farebbe mangiare la
polvere a noi in auto… a proposito, che si mangia qui oggi?
Pino – c’è molto da scegliere… e magari tra un po’
presentiamo anche qualcosa di moldavo…
G – perbacco, non perde un colpo la ragazza!
Soddisfatto
del pranzo si commosse un po’ dall’ennesimo ringraziamento di Ludmila che fu
contenta di servirlo, e dell’atteggiamento riguardoso dei ragazzi che ormai lo
consideravano il vice-boss… mentre salutava la squadra Pino disse…
Pino – ho sentito che Andrea deve cambiare l’auto… se
interessa mio zio svende la sua, una Audi di qualche mese con pochissimi
chilometri, praticamente nuova, perché si trasferisce negli Stati Uniti… un prezzo
dovuto all’urgenza, un affarone incredibile, unico!
G – … quale modello e che importo? (Pino fornisce le informazioni). Telefonagli subito e opziona
l’auto, ci penso io a convincere Andrea!
Andrea – (al termine
del resoconto, sorridendo) devi proprio avermi combinato qualcosa di grosso
per trattarmi così…
G – (perplesso) ma…
cosa avrei fatto?
A - … in questa vita solo cose buone nei miei riguardi,
intendevo in un’altra… non si scappa alla legge del karma. Dimmi un po’, a cosa
si deve questo tuo corso accelerato in bontà, capisco l’affetto per i moldavi
ma anche l’auto! (che secondo gli accordi va sul mio conto)
G – l’auto è stata un’occasione irripetibile da cogliere al
volo… rivendendola guadagneresti un bel po’!
A – non ci penso proprio… mi serve davvero! Quindi..?
G – a cosa si deve… sopra una tavola da surf devi attendere
l’onda e se arriva quella grossa e alta di strada ne fai parecchia… nella mia
vita diverse volte mi sono messo in gioco (salire
sulla tavola – affrontare le sfide) ma che vuoi, per prudenza, paura o
altro attendevo le piccole onde per
muovermi… mi capisci?
A – certo, bella metafora… poi ti sei ritrovato qui, in
questo oceano…
G – dove le onde sono belle alte… ho provato e a volte ho
avuto paura di non farcela, qui si muore (rinuncia)
o si vola!
A – sei volato ben alto, amico mio…
G – anche tu, Andrea…
A – Marie, Anne, Jean… Matej, Ludmila, tutti i moldavi.
G – Michele e Pino… ognuno ha le sue onde.
A – e tutte le onde vengono dal mare…
G – … dove alla fine ritorneremo tutti.
A – sicuramente, ma lo
scopo fa la differenza, quando raggiunto conclude, altrimenti persiste.
G – cos’è per te lo
scopo?
A – quello che sta accadendo, attraverso di noi… fermiamoci
qui, va bene?
G – ok, boss…
…………………………………………………………….
Mi è piaciuto tantissimo....aspetto con ansia il continuo!!!!!
RispondiEliminaGrazie.
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