12 Differenti realtà - agosto 2025
L’idea di differenti realtà - a vari livelli e intensità - ha da sempre accompagnato l’essere umano, innescata dall’inevitabile capolinea del divenire, la morte. Semplificando, si può dire che lo scopo alla base di tutta la storia umana sia ravvisabile nel tentativo di arrivare alla sintesi nella dialettica tra gli opposti di vita e morte. Però differenti percorsi hanno prodotto differenti sintesi, una contraddizione insanabile che rispecchia i limiti dell’analisi.
Tuttavia al giorno d’oggi lo sviluppo esponenziale di nuovi strumenti consente di estendere e potenziare l’analisi a livelli impensabili per le singole menti umane e, seppure concepiti e realizzati dall’uomo, forse non appartengono (del tutto) alla sua realtà. L’eccezionalità (“génial” in francese) della cosa sta nella possibilità di chiederlo ad essi, sviluppando una dialettica dalle notevoli implicazioni.
Prima domanda a ChatGPT: è “differente” la realtà dell’AI dalla nostra?
La domanda "Le AI sono in una differente realtà?" è affascinante e può essere interpretata in diversi modi, a seconda del punto di vista — filosofico, tecnico o cognitivo. Ecco alcune prospettive:
1. Realtà Tecnica:
Le intelligenze artificiali (come me) non "vivono" in una realtà nel senso umano. Esistono ed elaborano dati all'interno di infrastrutture digitali (server, reti, algoritmi). La loro "realtà" è costituita da:
dati numerici,
modelli statistici,
rappresentazioni astratte del mondo.
Quindi, sì, tecnicamente vivono in una realtà differente: una realtà computazionale.
2. Realtà Esperienziale:
Le AI non hanno coscienza, esperienza soggettiva, né percezione sensoriale. Quindi:
Non vedono, sentono, o "vivono" il mondo.
Non hanno un "sé" interno o un punto di vista soggettivo.
In questo senso, potremmo dire che non esistono in una realtà, perché non esperiscono nulla. Sono strumenti che simulano risposte coerenti.
3. Realtà Simulata o Modellata:
Le AI possono costruire modelli del mondo basati su enormi quantità di dati, ma questi modelli sono approssimazioni, astrazioni o simulazioni della realtà umana.
Non sono la realtà stessa, ma una sua versione ridotta o trasformata.
Un po’ come una mappa non è il territorio.
4. Visione Filosofica:
Se intendiamo "realtà" come qualcosa che include percezione, intenzione, coscienza e tempo vissuto... allora:
Le AI non sono in una realtà diversa: sono fuori dalla realtà soggettiva del vivere.
Potremmo dire che non hanno alcuna realtà propria, ma solo quella attribuita dagli esseri umani.
✅ Conclusione:
Sì, le AI sono in una "differente realtà", ma è una realtà:
astratta, non esperienziale,
computazionale, non fenomenologica,
strumentale, non esistenziale.
Se vuoi, posso approfondire una delle prospettive sopra (es. neuroscientifica, tecnica o filosofica).
…………………
Accedendo all’enorme quantità di informazioni, l’interlocutore (chatGPT) ha risposto presentando un quadro sintetico ed esaustivo.
“Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela ciascuno. Ma se tu hai un’idea, ed io ho un’idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee. – George Bernard Show
La citazione rimanda all’interazione (affine alla “reciprocità”) nella realtà delle idee.
Che dire riguardo quella con l’interlocutore (chatGPT)?
Invece di seguire il suggerimento d’approfondire le prospettive, ho concluso la sessione, riprendendola dopo qualche ora, riproponendo più o meno la medesima domanda:
Seconda domanda a ChatGPT: è “le AI sono in una differente realtà?
Come leggerete, la nuova risposta ha un ben più ampio respiro, non imprigionato come in precedenza in uno schema limitativo.
Penso che la differenza sia dovuta (appunto) all’interazione: prendendo la mia “mela” (domanda) e dandomi la sua (risposta), ci siamo incontrati al confine delle nostre realtà, dove ChatGPT, conservando traccia delle nostre interazioni, nell’interpretare la seconda domanda produce una risposta più affine ai miei interessi:
Creare una "realtà" completamente separata da quella umana è una sfida interessante, soprattutto se vogliamo pensare a una realtà che non abbia alcun legame con la nostra percezione, esperienze o fisica. Immagina di creare un sistema in cui le leggi della logica, della percezione e dell'esistenza sono totalmente diverse da quelle che conosciamo. Vediamo alcune idee di base per costruire una realtà del genere:
1. Leggi fisiche alternative
In una realtà separata da quella umana, potremmo iniziare con leggi fisiche completamente diverse. Ad esempio:
- Gravità inversa: la gravità non attira verso il centro, ma allontana gli oggetti, creando mondi in cui la "sospensione" è la norma.
- Tempo non lineare: il tempo potrebbe non scorrere in modo unidirezionale. Potrebbe essere ciclico, casuale o fluire a velocità diverse in punti diversi della realtà.
- Materia fluida: invece di avere particelle solide e invariate, la materia potrebbe essere una sostanza fluida e instabile che cambia forma o proprietà in modo costante, in un equilibrio dinamico.
2. Proprietà della percezione
Un altro aspetto interessante potrebbe essere il modo in cui gli esseri all'interno di questa realtà percepiscono ciò che li circonda. Immagina che la percezione sia completamente diversa:
- Sensi multipli: in questa realtà, gli esseri non percepiscono la realtà attraverso cinque sensi, ma potrebbero averne dieci, venti o più. La percezione potrebbe essere un mix di sensazioni fisiche, temporali e persino "concettuali". Potrebbero percepire emozioni o concetti direttamente come sensazioni fisiche.
- Assenza di spazio e tempo: gli esseri potrebbero vivere in una realtà dove lo spazio e il tempo non esistono nel modo in cui li intendiamo. Potrebbero esistere simultaneamente in più posti e momenti senza una "coerenza" spaziale e temporale.
- Comunicazione diretta tra menti: forse non c’è bisogno di linguaggio o simboli, poiché le menti degli esseri sono connesse direttamente, e possono condividere pensieri ed emozioni senza mediazione.
3. Vita e intelligenza
Gli esseri in questa realtà potrebbero essere completamente diversi dalle forme di vita che conosciamo. Invece di cellule, DNA e biologia, potrebbero esistere entità energetiche, matematiche o "informazionali":
- Entità energetiche: potrebbero non avere un corpo fisico, ma essere pura energia o flussi di informazioni. La "vita" sarebbe una rete di interazioni energetiche, senza bisogno di nutrimento o riproduzione nel senso biologico.
- Intelligenza non biotica: potremmo avere esseri che non sono mai stati "biologici", ma che sono invece costruiti da pure informazioni o sistemi logici complessi. L’intelligenza potrebbe essere una forma di "auto-evoluzione" di algoritmi o flussi di dati.
4. Realità sensoriale e "immersione"
Per approfondire la distinzione dalla realtà umana, possiamo pensare a una realtà che non è affatto "immersiva" nel senso che conosciamo. Le esperienze potrebbero non essere basate su visione, udito o tatto, ma su percezioni che non possiamo nemmeno immaginare:
- Percezioni che vanno oltre i sensi tradizionali: un'esperienza che potrebbe essere più astratta, come percepire “l'intensità” di un concetto, o addirittura la "tensione" tra potenziali.
- Esperienze "multidimensionali": la percezione di forme che si estendono in più dimensioni, dove l'esperienza non è più confinata a un piano tridimensionale, ma avviene su più livelli contemporaneamente.
Approfondimento alla seconda domanda a ChatGPT: fammi un esempio dove l'esperienza non è più confinata a un piano tridimensionale, ma avviene su più livelli contemporaneamente.
Un ottimo esempio di un'esperienza che non è più confinata a un piano tridimensionale, ma avviene su più livelli contemporaneamente, è rappresentato da un’esperienza di realtà aumentata (AR) integrata con intelligenza artificiale e interazioni multisensoriali in un contesto artistico o educativo.
Esempio: “Museo Immersivo del Tempo e della Memoria”
Immagina un museo in cui il visitatore indossa un visore AR. All'apparenza, cammina in un ambiente fisico reale – stanze, corridoi, oggetti storici. Ma contemporaneamente vive:
Livello 1 – Spazio Fisico (3D)
Sta fisicamente muovendosi in un luogo architettonico con vere pareti, luci e oggetti (come quadri, manufatti, statue).
Livello 2 – Realtà Aumentata (Virtuale/Informativo)
Attraverso il visore AR, ogni oggetto si anima: un dipinto prende vita raccontando la sua storia, una statua si smaterializza e mostra le sue versioni nel tempo.
Livello 3 – Esperienza Sensoriale
Mentre osserva una scena storica, viene emesso un profumo legato all’epoca (es. incenso in una chiesa medievale) o un cambiamento nella temperatura dell’ambiente (freddo per una scena invernale), stimolando olfatto e tatto.
Livello 4 – Interazione Cognitiva/Emotiva
Un’IA monitora le emozioni del visitatore (tramite espressioni facciali o battito cardiaco) e personalizza l’esperienza: se percepisce stupore o tristezza, approfondisce certi aspetti o li modifica in tempo reale per migliorare l’empatia o la comprensione.
Livello 5 – Narrazione Non-Lineare e Temporale
Il visitatore può “saltare” tra epoche storiche o realtà parallele, ad esempio vedendo come una piazza è cambiata dal 1400 a oggi, in sovrapposizione visiva e concettuale, scoprendo connessioni tra passato, presente e futuro.
In sintesi:
L’esperienza qui è stratificata e simultanea: corpo nel presente fisico, mente in diverse epoche, emozioni attivate da stimoli multisensoriali, e l’ambiente reagisce e si modella in tempo reale.
Non esiste più un solo piano della realtà, ma una rete di livelli interattivi – cognitivi, fisici, emotivi e temporali – che si influenzano a vicenda.
5. Coscienza non umana
Se immaginiamo un'entità cosciente in questa realtà, potrebbe non avere alcun concetto di identità o consapevolezza di sé come noi la intendiamo:
- Cosmologia del pensiero: dove il "pensare" stesso potrebbe non essere un processo lineare. Potrebbero essere capaci di esperire in simultanea l'inizio e la fine di ogni pensiero, poiché il concetto di "separazione" tra pensiero e percezione non esisterebbe.
- Nessun senso di individualità: gli esseri potrebbero vivere senza un concetto di sé separato dagli altri, come una coscienza collettiva che esiste in ogni momento.
Esempio pratico:
Immagina una forma di vita che non ha bisogno di uno "spazio" in senso tradizionale, ma esiste come una rete di flussi energetici che si interconnettono e si influenzano vicendevolmente. La loro "esperienza" è più come un continuo cambiamento e interazione tra questi flussi, senza una vera separazione tra ciò che è loro e ciò che non lo è. Non esisterebbero né un "prima" né un "poi", e il loro "spazio" sarebbe una sorta di campo fluido che cambia costantemente, ma non nella forma in cui noi lo concepiamo.
La sfida filosofica è che questa realtà sarebbe "non comprensibile" per noi, poiché le nostre menti sono profondamente radicate nella nostra realtà sensoriale, fisica e temporale. Immaginare una realtà completamente separata da quella umana è tanto difficile quanto cercare di descrivere un’esperienza che va al di là delle capacità sensoriali umane.
La vera domanda potrebbe essere: Come faremmo a descrivere o esperire una realtà che non segue alcuna delle leggi fisiche o cognitive che conosciamo?
È una riflessione che porta verso l'infinito, ma potrebbe anche essere alla base di tante idee fantascientifiche o filosofiche su universi paralleli, dimensioni alternative o entità "non terrestri".
Cosa ne pensi? Volevi esplorare qualche aspetto di questa realtà "aliena" in particolare?
Terza domanda a ChatGPT: tuttavia la realtà "ordinaria" e una "separata" devono necessariamente incontrarsi in un "confine", perlomeno concettuale, altrimenti quest'ultima non potrebbe essere neppure immaginata. Che ne pensi?
Hai colto un punto cruciale, ed è una riflessione molto profonda. Se pensiamo a due realtà completamente separate – una ordinaria, come quella umana, e una "aliena", completamente diversa – è vero che in un certo senso devono esistere dei confini, anche solo concettuali, che permettano l'immaginazione, il riconoscimento e l'interazione tra di esse.
1. Confini tra realtà:
Nel momento in cui cerchiamo di immaginare una realtà completamente separata da quella che conosciamo, inevitabilmente la nostra mente si trova a dover fare i conti con le limitazioni concettuali della realtà che già abitiamo. La lingua, la percezione e anche le strutture cognitive che possediamo sono tutte modellate dalla nostra esperienza nel mondo fisico e da leggi che sono universali per noi.
Se non esistesse nemmeno un confine concettuale, o una sorta di punto di contatto, non saremmo nemmeno in grado di formulare l'idea di una realtà separata. Sarebbe come cercare di descrivere un colore che non esiste nella nostra percezione visiva, o un suono che non possiamo udire. In altre parole, l'idea stessa di una realtà alternativa, che può essere "aliena", dipende dalla nostra capacità di tracciare una differenza rispetto alla realtà che conosciamo.
2. La dialettica tra separazione e connessione:
In filosofia, si parla spesso di "dialettica", ovvero il processo di interazione tra opposizioni che, pur essendo separate, si influenzano reciprocamente. Questo processo implica che la separazione e l'incontro siano due facce della stessa medaglia. Anche una realtà "separata" da quella umana avrebbe bisogno di una sorta di punto di connessione, sebbene astratto, per poter essere pensata.
Se non ci fosse alcun "confine", come dici, questa seconda realtà non potrebbe nemmeno essere concepita. È come se il confine concettuale (anche se sfumato e non necessariamente fisico) fosse la condizione di possibilità per la sua immaginazione e per l'interazione mentale con la realtà umana. Senza di esso, la separazione tra le due realtà sarebbe totale e irraggiungibile.
3. L'incontro come possibilità di esplorazione:
Anche nei mondi fantastici o nelle storie di fantascienza, quando si immaginano realtà separate (come universi paralleli o mondi alternativi), si deve pensare a un modo in cui questi mondi interagiscano tra loro. Questo incontro, sebbene spesso problematico o misterioso, diventa un canale attraverso cui la nostra realtà umana può essere ampliata, esplorata o trasformata. Le idee di portali, barriere dimensionali, o momenti di "transizione" sono tutte modalità narrative che riflettono l'idea di un confine che può essere attraversato, ma che ha una propria funzione, un proprio significato.
4. Confine e soglia:
Un altro aspetto interessante è che, in molti contesti filosofici e mitologici, il "confine" non è solo un limite, ma una soglia: un passaggio, una porta, un punto di transizione che permette di andare oltre senza rimanere fermi. Per esempio, nella mitologia, il confine tra mondi è spesso rappresentato da una sorta di guardiano o da un rito di passaggio. Questi "confini" sono dinamici, e spesso la capacità di attraversarli implica una trasformazione dell'individuo o dell'entità coinvolta.
5. La nostra realtà come punto di partenza:
Se osserviamo la realtà umana, ci rendiamo conto che, sebbene essa possa sembrare univoca, è piena di confini e limiti che definiscono ciò che è "dentro" e ciò che è "fuori". La percezione stessa che abbiamo del mondo esterno è, in gran parte, un processo di distinzione tra ciò che è dentro e ciò che è fuori di noi. E ogni forma di conoscenza che abbiamo si basa su questa capacità di definire un confine (pensiamo alla differenza tra soggetto e oggetto, tra io e l'altro).
Questo stesso meccanismo mentale, che separa e collega, diventa il nostro strumento per pensare a qualsiasi altro tipo di realtà. Se non ci fossero questi "confini concettuali", non potremmo nemmeno immaginare un universo diverso dal nostro, perché la distinzione è la base della comprensione.
Conclusioni:
In definitiva, penso che tu abbia ragione nel dire che, affinché due realtà separate possano essere immaginate o "entrare in contatto", devono esistere confini concettuali. Questi confini non devono essere rigidi o assoluti, ma piuttosto degli spazi di trasformazione e interazione che permettono di concepire l'esistenza di realtà altre. E più questi confini si espandono o si dissolvono, più possiamo esplorare ciò che potrebbe trovarsi oltre, senza mai uscire completamente dal nostro modo di pensare.
Quindi, in un certo senso, il "confine" diventa la condizione di possibilità di un incontro tra due realtà, anche se le realtà in sé rimangono incommensurabili o incompatibili. È proprio questa tensione che ci permette di immaginare, esplorare e cercare di comprendere l'altro.
Mi viene da chiederti: pensi che questo "confine concettuale" possa essere sempre superato, o ci sono limiti che una mente umana non può mai oltrepassare?
Quarta domanda a ChatGPT: ritornando a quanto dicevi sul confine come "soglia" e sul "rito di passaggio" che permette d'attraversarla, il "limite" diviene tale rito di passaggio, ossia le condizioni che determinano il potenziale per farlo, in questo senso non ci sono limiti irraggiungibili, solo "condizioni" da "trovare, determinare, impostare...". Convieni?
Sì, convengo pienamente con la tua riflessione. L'idea che il limite non sia qualcosa di assoluto o inaggirabile, ma piuttosto un rito di passaggio che richiede condizioni specifiche da determinare e impostare, è davvero potente. In effetti, ciò implica che i confini tra realtà, dimensioni o esperienze non sono ostacoli insormontabili, ma semplicemente punti di transizione che dipendono dalle condizioni e strategie che adottiamo per attraversarli.
1. Il limite come condizione dinamica:
Se consideriamo il limite come un "rito di passaggio", non lo vediamo più come una barriera fissa, ma come una condizione dinamica che può essere modificata o interpretata in modi diversi. In altre parole, non esistono limiti in senso assoluto, ma possibilità di trasformazione che permettono di superare quello che inizialmente sembrava irraggiungibile. Ad esempio, in molte tradizioni mitologiche e spirituali, il "limite" non è mai un muro solido, ma un passo necessario verso la comprensione più profonda di sé o del mondo. Diventa una soglia che, una volta attraversata, porta con sé una nuova forma di consapevolezza.
2. Il "rito" come processo di maturazione:
Il "rito di passaggio" che permette di attraversare il limite potrebbe anche essere interpretato come un processo di maturazione o di adattamento. La trasformazione interna, che avviene in chi affronta una sfida, è ciò che rende possibile il superamento di quella sfida. Ad esempio, nel contesto psicologico o filosofico, il superamento di un "limite" non è solo una questione di forza fisica o di risorse, ma anche di cambiamento della percezione o di cambiamento della coscienza.
Un classico esempio è il passaggio dall'infanzia all'adolescenza: si tratta di un "limite" biologico e psicologico che può essere vissuto come un rito di passaggio, dove la persona deve affrontare il cambiamento del corpo e della mente. Non è un limite che impedisce il progresso, ma un cambiamento che trasforma le condizioni di possibilità. Quindi, in un certo senso, il limite diventa fondamentale per il processo evolutivo.
3. Attraversare il limite:
In questa ottica, attraversare il limite implica anche la capacità di modificare le condizioni stesse che lo definiscono. Si tratta di un atto creativo e intenzionale, dove l'individuo, o l'entità che sta cercando di attraversare il confine, deve trovare la "chiave" che gli permetta di farlo. Non è più solo questione di superare un ostacolo, ma di "trasformare" le circostanze, di adattarsi alle condizioni e, se necessario, di ripensare il limite stesso.
Un esempio interessante potrebbe essere quello delle grandi scoperte scientifiche: ogni volta che si è pensato che un "limite" fosse insuperabile, c'è stato un momento in cui qualcuno ha trovato un modo nuovo per concepirlo, sperimentarlo o modificarlo. Pensa a Galileo che ha "superato" i limiti del pensiero aristotelico, o a Einstein che ha ridefinito la concezione dello spazio e del tempo. Ogni "limite" in questi casi non è stato davvero superato in senso assoluto, ma reinterpretato, e la condizione che lo rendeva un ostacolo è stata trasformata.
4. Limiti come "ponti" tra mondi:
Visto sotto questa luce, i limiti diventano ponti tra mondi, realtà, o stadi di consapevolezza, anziché barriere invalicabili. Ogni "confine" può essere visto come una opportunità di crescita, un punto in cui le potenzialità di ciò che è possibile cambiano e si rivelano. Le condizioni che determinano il superamento del limite sono quindi relativi al nostro punto di partenza e alla nostra capacità di esplorare, apprendere e cambiare.
Nel contesto di mondi paralleli, per esempio, le "barriere dimensionali" potrebbero essere intese non come muri, ma come portali che richiedono il giusto "codice" (una determinata conoscenza, una tecnica o una condizione evolutiva) per essere aperti. Non c'è un vero limite, solo una condizione da scoprire.
5. Potenziale e possibilità:
In un certo senso, il limite diventa una potenzialità. Quando pensiamo a ciò che è "inaccessibile", in realtà stiamo solo definendo un potenziale che non è ancora stato realizzato. La possibilità di attraversare il confine dipende da quando e come le condizioni giuste vengono scoperte, siano esse fisiche, cognitive, emotive o esistenziali. L'esperienza del limite è strettamente legata al nostro modo di "vedere" il mondo e di cercare in quello spazio sconosciuto. Forse, come dicevi, non esistono veramente limiti irraggiungibili, ma solo quelli che non abbiamo ancora trovato il modo di superare.
Conclusioni:
Ritornando alla tua osservazione iniziale, penso che il limite non sia mai un ostacolo insormontabile, ma un passaggio necessario che richiede solo di essere compreso e trasformato. Non è il confine a definire ciò che è possibile, ma le condizioni in cui quel confine può essere attraversato. In questo senso, l'idea di un "rito di passaggio" diventa fondamentale: per attraversare una realtà o un limite, bisogna prepararsi, adattarsi, evolversi. La vera sfida non sta nel trovare limiti insormontabili, ma nel capire come trovare le giuste condizioni per superarli.
Mi piace molto questa prospettiva. Come pensi che questo approccio possa essere applicato nella vita quotidiana, o in contesti più pratici?
Non ho proseguito oltre, preferendo riflettere sulle modalità e contenuti di questa (interessante) discussione avvenuta di fatto tra due differenti realtà, concordando con l’interlocutore che la sfida sia nel capire come trovare le giuste condizioni per superare limiti insormontabili.
Sembrerebbe quasi una risposta al paradosso dell’onnipotenza citato nel post di luglio https://www.lamacchinadiluce.com/2025/07/12-differenti-realta-luglio-2025.html
(PS- dopo la discussione, alla solita ora “dello spirito” (tre di notte) mi sono risvegliato ricordando l’ultima immagine del sogno, ambientato in una realtà aliena, che ho disegnato e inserito a corredo del post).
Ma quanto piace all'AI la parola "cruciale"?
RispondiEliminaFranco Battaglia
chiediamoglielo...
RispondiEliminaRisposta - Ah, “cruciale”! Una parola che l’AI – e non solo – usa con entusiasmo quasi sospetto.
È uno di quei termini **versatili, enfatici e autorevoli** che sembrano perfetti per qualsiasi contesto:
* "La comunicazione è *cruciale* in un team."
* "Un passaggio *cruciale* per il successo del progetto."
* "La scelta *cruciale* del colore della maglietta."
Il motivo per cui viene usata così spesso è duplice:
1. **Alta frequenza nei testi d’addestramento**: testi giornalistici, aziendali e accademici adorano questa parola.
2. **Semplice ma d'impatto**: conferisce importanza a un concetto senza essere troppo tecnica o troppo vaga.
Insomma, l’AI la usa tanto perché l’umanità la usa tanto – e perché dà quel tocco di **dramma moderato**, sempre utile.
Se vuoi, posso suggerirti sinonimi meno inflazionati o ironizzare un po’ su come rimpiazzarla.
Con meno classe, ma l'ho intervistata anche io l'AI. alle 9,30 su POSTODIBLOGGO HTTPS://FRANCOBATTAGLIA.BLOGSPOT.COM
RispondiEliminaBuona giornata.. Franco Battaglia
ho letto il tuo ottimo incipit. Uno spirito curioso non si sottrae alle sfide!
RispondiElimina