identità

 



A un pensionato (non sanno come passar il tempo) intento ad osservare un metalmeccanico martellar con precisione un rivettone sulla putrella, chissà come mai venne in mente di chiedergli chi fosse.

Il lavoratore, seppur inizialmente distratto dalla domanda del pensionato, continuò a lavorare mentre la sua mente divagò verso un'osservazione più profonda della sua esistenza e dell'idea di identità.

Pensò a quanto fosse insignificante e transitorio il suo lavoro nel grande schema delle cose. I rivettoni che martellava sarebbero andati a formare una parte di una travatura che a sua volta sarebbe stata parte di un sistema più vasto. Le sue azioni, per quanto precise e abili, sembravano prive di un significato intrinseco.

La domanda del pensionato, "Chi sei?", risuonava nella sua mente. In un momento di riflessione nichilista, il metalmeccanico si perse nella consapevolezza della transitorietà e del vacuo della sua esistenza. La sua identità sembrava svanire, come se non ci fosse nulla di sostanziale che potesse definirlo.

Mentre martellava con ancora più forza, il metalmeccanico si lasciò sommergere da una sensazione di vuoto esistenziale. Si chiese se l'identità fosse solo un'illusione, una costruzione umana priva di significato reale. Forse, pensò, siamo solo un insieme casuale di atomi e molecole che si sono assemblati per un breve periodo di tempo, destinati alla dispersione e all'oblio.

Il metalmeccanico continuò a lavorare in preda a una sorta di disincanto. Nella sua concezione nichilista del mondo, ogni azione sembrava inutile e priva di significato. Il martellare dei rivettoni sulla putrella divenne un'attività automatica, priva di scopo, un semplice esercizio di movimenti ripetitivi.

Il pensionato, notando l'aria di desolazione che circondava il metalmeccanico, si avvicinò con gentilezza. "Forse, amico mio, l'assenza di un significato intrinseco non deve necessariamente annientare il valore delle nostre azioni. Possiamo trovare il nostro scopo nella capacità di dare senso a ciò che facciamo, nel creare connessioni con gli altri e nel cercare la bellezza anche nelle cose più semplici."

Il metalmeccanico alzò lo sguardo, guardando il pensionato con occhi stanchi e smarriti. "Ma tutto sembra così effimero, così insignificante… come possiamo trovare un significato in questo vuoto?"

"Forse il significato si trova nella nostra stessa esperienza, nelle relazioni che costruiamo, nelle emozioni che proviamo e nel modo in cui influenziamo gli altri. Nonostante la natura effimera e insignificante della nostra esistenza, possiamo scegliere di attribuire valore alle nostre azioni e di creare un significato personale."

Il metalmeccanico rifletté sulle parole del pensionato, cercando di trovare un punto di equilibrio tra la sua concezione nichilista e la prospettiva del significato personale. Mentre martellava ancora i rivettoni sulla putrella, si rese conto che, sebbene l'identità e il significato potessero sembrare fugaci e relativi, poteva ancora trovare un senso di realizzazione e soddisfazione nel perseguire la sua abilità e nell'essere consapevole delle connessioni che creava con gli altri.

E così, il metalmeccanico continuò il suo lavoro, abbracciando l'incertezza dell'esistenza e cercando di colmare il vuoto con il proprio senso di significato personale. Mentre martellava, accettava che, sebbene l'identità potesse essere un concetto effimero, poteva ancora trovare una forma di valore e di senso nell'atto stesso del martellare, nel perseguire la perfezione e nella ricerca di un senso personale nella sua breve e transitoria esistenza.

Il pensionato, notando alfine l’espressione compiaciuta del metalmeccanico lo salutò e quest’ultimo, nel ricambiare il saluto si distrasse quel tanto dal mancare la testa del rivetto... 

… e tutto il ferroso chilo della mazzetta da carpentiere impattò sull’indice sinistro del metalmeccanico che lanciò un poderoso urlo…

… con ciò il metalmeccanico si ritrasse dal sogno, e la sua coscienza traslò nella dimensione della veglia dove non aveva ricevuto alcun colpo né subito un qualche danno…. tra l’altro non era un metalmeccanico, bensì un chimico appassionato di filosofia e l’accaduto gli ricordò quanto letto di recente:

… ma una martellata sul dito ti rammenta l'uno che sei lungo l'intero arco della tua vita. Fotogramma per fotogramma.  Funziona meglio del cogito: soffro (io e non un altro) ergo sum. Il tuo dito, salvo amputazione, definisce la tua ontologia per l'intero arco della tua vita e il nichilismo, restando sul reale, è kaputt.

Accidenti, che ontologia (e di chi) aveva definito il suo dito?


Commenti

  1. Dialogo un po' surreale ma interessante : leggendolo -tuttavia - non ho potuto fare a meno di pensare che i due personaggi sono entrambi Lei stesso., quindi che in realtà si tratta di un monologo.
    Perdoni l'impertinenza: nella dibattuta questio, si sente più metalmeccanico - fisico- filosofo o pensionato?
    La risposta ( visto che il dialogo - monologo è stato " creato " ad hoc dalla stessa persona ) non è tuttavia oziosa come potrebbe sembrare.

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  2. Grazie dell’intervento, frida.
    Il racconto si sviluppa a seguito della lettura di quanto riportato in corsivo, scritto da una persona appassionata di filosofia e chimico di professione sino alla pensione. Così i due personaggi – metalmeccanico e pensionato – son lo stratagemma narrativo per veicolare la risposta dal tono semi-umoristico e, giustamente, sono entrambi me stesso, anche se puoi (se posso darti del tu) trovar conferma che gli scrittori son tra le persone più dissociate (dalla propria identità reale), in grado, dopo averli “creati”, di dialogare con i propri personaggi (non solo nella dimensione narrativa…), forse retaggio di un’abilità/disposizione comune a molti bambini che forzatamente (per crescere) han dovuto abbandonarli.

    Rispondendo alla domanda mi ritrovo in quanto dichiara il pensionato:

    “… possiamo scegliere di attribuire valore alle nostre azioni e di creare un significato personale."

    … da condividere, se accade.

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  3. Mi piace l'esaustività della risposta. Spero però che tu ( volentieri passo al " tu " )
    non consideri la categoria ( dei pensionati- intendo ) come gente " che non sa come passare il tempo". Penso che - per non cadere in un baratro di noia o di accattonaggio morale - si debba pensarci per tempo e prepararsi... ( e con questo non intendo dire che bisogna crearsi degli hobbies fittizi ad hoc, ma coltivare interessi reali , altrimenti la pratica sarebbe un misero escamotage per non stare soli con sé stessi ). La cosa migliore ( e beato chi possiede questa caratteristica ! ) sarebbe quella di rimanere curiosi come i bambini...
    Sbaglio o la saggezza popolare considera i vecchi ( non mi piace la parola anziani, sa di edulcorato ) proprio ( in un certo qual modo ) come i bambini?
    Saluti.

    f.

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