Torre d'avorio




Tra erba, sassi e rovi, farfalla venne al mondo,
ancor con l’ali chiuse fuggì su piè la serpe
e appresso alzata in aria, un corvo in volo tondo
la vide e chiuso l’ali planò su quelle sterpe.
Parve la fin vicina ma più vicin fu torre
e vista una fessura entrò nel marmo bianco.

Ma il Re dal nero manto nel tetto volle porre
la sua novella casa ed ei non fu mai stanco
di là volar attorno, mirando tra le giunte,
a quel boccon sfuggito, sì salvo ma romito.

Reclusa suo malgrado, lontana dalla fonte
vedea le sue sorelle, volar, cercar marito
e vivere quel poco concesso dal guardiano,
che l’un e l’altra cogliea, cibo gradito.
Protetta dalla torre poté pensar lontano
e l’astri, l’enti e tutto alfin le fu elargito.

Cadea dalle sue ali la polvere dorata,
il vol divenne affanno, tra rampe e vuote stanze.
Ben prima della fine, uscita da una grata
s’alzò alta nel cielo, a disegnar le danze.

Sempre a cercar in basso il corvo non la vide
e pur se tu non credi lei gli volò vicino,
ei tosto volse l’occhio ma strano, quella ride!
Più non ha paura e accetta il suo destino.

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