12 Differenti realtà - maggio 2025
Maggio
La realtà dell’aiuola
Un uomo anziano ancora di bel portamento ogni giorno
sedeva su una panchina comunale sotto dei grandi alberi, un’area adibita a
parcheggio tuttavia resa fruibile e gradevole dall’avere riservato discreti
spazi alla sosta umana oltre che meccanica. Alcune aiuole, all’inizio di
maggio, precedevano l’impareggiabile e generosa fioritura dei tigli.
La parola aiuole contiene tutte le vocali del nostro alfabeto e la consonante “L”, l’osservatore
di tale realtà (vocale).
Un incipit fonetico per parlare
appunto di realtà, evidenziandone la
premessa necessaria: il linguaggio. Con le sue incredibili potenzialità, diversificazioni
(essendoci quello matematico, musicale… del corpo ecc.) e il limite intrinseco di
tutti i linguaggi: connettere l’osservatore e l’osservato attraverso le regole.
Senza le regole (o al di fuori da esse) ogni differente realtà e il concetto stesso non hanno significato… come
dei punti nello spazio che solo delle
regole, consentendone l’unione, permettono di ottenere una linea o una
figura… appunto un significato.
L’anziano preferiva sempre la stessa panchina, cedendo
alle seconde scelte per necessità. Nella prima mezz’ora osservava… persone in
altre panchine o in movimento, piante, fiori, uccellini, manovre di mezzi nel
parcheggio, l’andirivieni nei negozi lì vicini, il tutto intervallato ad
un’altra sorta d’osservazione, quella dei (pochi) pensieri che sorgevano a
distrarlo dal flusso della quotidianità.
Altri anziani come lui frequentavano quel luogo e quel
giorno uno di quei pochi pensieri era la constatazione dell’assenza di una persona.
Era accaduto altre volte e in una ricordò d’averne riconosciuto il volto in
un’epigrafe che da allora smise di guardare, affrancando la sua routine
quotidiana da quel gesto.
Nella seconda mezz’ora l’uomo, estratto il suo
taccuino, scriveva… qualcosa che aveva
osservato o uno dei pochi pensieri. Poi, ripostolo, mangiava il suo cioccolatino
e, a seconda dell’ispirazione del giorno, sceglieva uno dei cinque bar dove
prendere un caffè macchiato. Un ordine su più gradi di libertà.
L’essere umano è
naturalmente predisposto all’ordine, in grado di procurargli quel senso di
stabilità, di relativa sicurezza che gli consente di fronteggiare la perenne
sfida del divenire. Ogni evento è conseguenza di un ordine in corso e anche la rottura
di un ordine consolidato, ad esempio a causa di una guerra, non è che il
cedimento di quello ad uno superiore o di maggiore forza.
Analogamente le variegate strutture
(ed energie) dell’universo divengono in
funzione di regole in costante aggiornamento, non dissipando al momento (e
forse mai) il dubbio che vi siano ambiti, regioni, pieghe con altre regole.
Ma anche rimanendo a casa
nostra, nel nostro universo e ancor più umilmente nel nostro pianeta, variegati
accadimenti confliggono con le regole che (apparentemente) supportano l’interpretazione
della realtà e, umoristicamente, ci permettono il caffè al bar al mattino…
La realtà – ogni tipo di realtà – ha le sue regole.
Differenti
regole = differenti realtà.
L’uomo scrisse sul taccuino: “la signora col libro… da
due settimane non viene”. L’anziana ed elegante signora frequentava il piccolo
giardino da un paio d’anni e, specie ora in primavera, due o anche tre volte la
settimana, salvo la domenica e giorni festivi. Veniva, leggeva qualche pagina e
dopo una mezz’ora se ne andava… “come il vento, non si sa da dove viene né dove
vada” - pensò.
A molte domande potrebbe esserci risposta… poteva
seguirne un po’ il cammino o ancor meglio, cercare l’occasione per presentarsi
(magari con la scusa del libro) e scambiare qualche parola. Ma le sue regole, quelle
della riservatezza, non lo consentivano, così si limitava a gettare non più di
un paio di sguardi alla donna, stando ben attento a farlo distrattamente.
Come l’essere umano è
naturalmente predisposto all’ordine, così (almeno inconsciamente) sa che ogni
ordine terminerà e la realtà con le sue regole, come parole scritte sulla
sabbia, verrà cancellata dall’onda del divenire.
Fare testamento è uno dei
modi per “prepararsi” all’ultimo viaggio, dando (giusta o meno) importanza agli
aspetti materiali dell’esistenza, per farli “continuare” secondo il proprio
ordine, nella speranza (o illusione) di una realtà comune, condivisa almeno nei
principi.
Un altro modo (che non
esclude e anzi integra gli altri) è di “lasciare la stanza in ordine”,
declinato esternamente ed internamente, secondo misura e sensibilità. Personalmente,
associo la stanza in ordine con la conclusione dei miei romanzi in corso (se
sarà di meno o di più lo scopriranno i lettori), così come un attore con il suo
ultimo film, gli artisti con le loro opere ma anche atleti… ecc.
Quando si ha poco anche il poco è importante… l’uomo,
provando il senso di vuoto che tutte le perdite comportano, “riformulò” per se
stesso una delle sue regole e resistette, indirizzando a quella donna i suoi
scritti, immaginandola quale compagna
del suo ultimo tempo… arrivando persino (per lui) a confidarle il suo sentimento
d’amore.
Chiuse il taccuino e preso il cioccolatino si apprestò
a scartarlo quando gli cadde dalle dita…
Si risvegliò in ospedale (uno scompenso di pressione
con perdita di coscienza, fortunatamente rientrato) dove lo tennero qualche
giorno per accertamenti. Viveva solo e non aveva amicizie… pensò alle sue piante
nel terrazzino che avrebbero sicuramente resistito al par suo, quando un
pensiero come una saetta gli attraversò la mente… il suo taccuino, dov’era?
Nessuno ne sapeva nulla… ricordò che non l’aveva ancora
riposto nella borsa prima di prendere il cioccolatino e forse cadde dietro la
panchina al pari di quello. In quella arrivò l’infermiera e già stava per implorarla
d’aiutarlo quando lei gli disse che una persona desiderava consegnargli
qualcosa, se si sentiva di riceverla.
“Una visita? Forse qualcuno che ha trovato il mio
taccuino!” - osò sperare, dicendo di farla entrare.
La donna, di un’eleganza senza tempo, entrò… e il
monitor registrò il turbamento prodotto.
“Buongiorno signor Andrea, due giorni fa ero poco
distante (ritornavo da un soggiorno da mia figlia) quando l’ho vista accasciarsi.
Ho chiamato subito l’ambulanza e solo dopo mi sono accorta del suo taccuino che
oggi le riporto, contenta che si sia ristabilito. Mi sono permessa di leggere… scrive
bene.”
“Ma… hai letto anche le ultime pagine?” – chiese con imbarazzo,
non riuscendo neppure a meravigliarsi di darle del tu.
“Soprattutto quelle… nel caso.” – accennando un
sorriso, contenta del tu.
“Mi diletto di trasformare la realtà in racconti,
pensieri… realtà romanzata, così, per passare il tempo, non so come
ringraziarti…”
“Anna… mi ringrazierai magari offrendomi un caffè… c’è
un sesto bar pasticceria dove non sei mai entrato che ha dei cioccolatini
meravigliosi.”
“Ma… come sai dei miei cinque bar?”
“Semplice, quando lasciavo la panchina andavo nel mio lì
vicino e ti vedevo passare… come tu ogni tanto guardavi me anch’io ti guardavo ma
avevo un gran rispetto per la tua riservatezza…”
Andrea – (le cui guance “rosseggiarono” come le rose di
maggio) – perché dici “avevi?”
Anna – perché la tua realtà è passata in me attraverso
i tuoi scritti e, per reciprocità, consentimi di farlo con la mia.
La parola aiuole contiene tutte le vocali del nostro alfabeto e la consonante “L”, l’osservatore
di tale realtà che la connette all’osservato.
“L” come
“lettore”.
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