12 Differenti realtà - aprile 2025

 


 

 

Aprile

 

Mia madre teneva le foto dei familiari davanti a sé su due ripiani; quando dovemmo cambiarla di stanza lo feci anche per le foto, tuttavia non con la disposizione precedente e ne ricollocai una di noi due casualmente con altre.

Al che lei mi invitò a spostarla, poiché  l’avevo posta assieme a quelle dei  defunti - vivi con i vivi - disse.

Negli anni non avevo prestato troppa attenzione al suo senso dell’ordine, limitandomi ad eseguire le sue indicazioni riguardo suppellettili, oggetti, ricette o altro. Visse (sempre più assistita) nel suo piccolo appartamentino popolare in cui orgogliosamente affermava esserci tutto, pulito e in ordine.

Tuttavia col peggiorare delle condizioni di salute dovemmo trasferirla in una struttura adeguata, assistita da personale preparato professionalmente e ancor più umanamente, dove nei limiti dello spazio a disposizione ripropose sul comodino una parte dell’ordine che tanto apprezzava, collocandoci le foto dei familiari più intimi, il telefono e alcuni oggetti personali.

Nel romanzo - Il colore nascosto della lavanda - il personaggio principale agisce secondo un ordine soggiacente ad uno scopo superiore che gli aprì la porta per influire e intervenire su quello umano. Jean riuscì a realizzare la sua massima aspirazione, lasciando al termine dell’esistenza la propria stanza in ordine.

Che strano, pur scrivendo e sentendo la profondità dell’ordine nascosto e tuttavia implicito nelle linee dell’esistenza, non mi accorsi che quell’ordine mi accompagnava attraverso la figura di mia madre.

Sono trascorsi quasi quattro mesi dalla sua scomparsa, la sola parola pregna della valenza e ineluttabilità associabile alla perdita definitiva del collegamento con una delle più importanti linee della vita umana, quella materna.

Alla fine di questo mese, nel riconsegnare l’appartamento (la stanza) di mia madre, liberato dell’arredamento e dei suoi oggetti personali, saluterò con un ultimo sguardo questo spazio ritornato vuoto, dove si è svolta una importantissima parte della mia vita. Alla scomparsa di un inquilino ne subentrerà un altro, conformemente all’immodificabile ed eterna legge del divenire che nel biglietto per il viaggio ha impressa l’esatta data e orario d’arrivo.

Una domanda che talora sorge è se vorremmo conoscerla in anticipo e magari  poterne cancellare la memoria, se non ci aggrada la risposta. Personalmente, rifacendomi all’esperienza di non gustare appieno una narrazione, film, evento sportivo… se ne conosco il finale, propenderei per l’ignoranza (beata), a garanzia della suspense riguardo l’unico romanzo che interpretiamo dal vivo.

Ognuno ha i suoi tempi per ogni cosa, compreso quello per elaborare un lutto, a cui preferisco l’espressione “vivere con la scomparsa (della persona)” che è diverso dall’accettarla.

Era tempo che progettavo di scrivere qualcosa al riguardo, ma solo adesso sono maturate le condizioni per farlo. In precedenza avrei scritto di scomparse senza averle vissute, al più avrei potuto (pur mettendoci tutta la buona volontà e sincerità) “interpretarle”.

Tuttavia come un giovane attore che impersona un vecchio, per quanto dotato mancherà sempre (internamente) della condizione che mette in scena; tanti attori attendono per certi ruoli che il tempo faccia il suo corso su loro stessi… fortunata categoria di umani che  trovano un motivo positivo (professionale) nell’invecchiare.

Anni fa (2019) ho incontrato (sulla mia isola…) Ivo Saganic (*), un ex marittimo la cui condizione di pensionato accrebbe ulteriormente energie e curiosità, usate per portare a compimento (in dieci anni di duro lavoro) un’opera unica, un libro di oltre 500 pagine, con moltissime fotografie e ricco di episodi, racconti, aneddoti.

Aveva fatto stampare da poco il libro e al termine del soggiorno chiesi di  acquistarne una copia (in croato) in segno di rispetto. Non conoscendo la lingua, fortunatamente il buon Ivo mi dedicò tempo ed energie per descriverne  il contenuto, ricordo (con gratitudine) le nostre conversazioni nelle quali riportava in vita per me personaggi e situazioni, per il piacere di condividere una autentica, genuina passione.  

L’importanza di quanto quest’uomo da solo è riuscito a fare è ampiamente riconosciuta e lascio ai lettori approfondirla per meravigliarsene ancor più, come accadde a me, affascinato del risultato di quell’impresa… quelle 512 pagine di pregiata fattura ricche di foto, aneddoti e molto altro, l’esatta fotografia di una piccola comunità che evolve nell’arco di duecento anni.

Già al tempo nello sfogliarne le pagine (in dialetto croato, poiché aveva esaurito le poche copie stampate nella mia lingua) mi soffermavo sulle fotografie, a volte scorrendovi le dita… perché (non è solo una mia impressione ma) una piccolissima parte della persona continua ad esistere attraverso di esse e, alla fin fine, tante cose rimangono nelle reti delle piccole memorie e TUTTO nella GRANDE MEMORIA.   

Vien detto che occorrano circa tre mesi affinché il residuo vitale (una sottile forma di energia) di un corpo deceduto si affievolisca e personalmente, in occasione della morte di mio fratello e ancor più in quella di mia madre, ne ho constatato la verità.

Svanito quel residuo, certamente nella mia piccola memoria posso rintracciare altri tipi di residui vitali, necessariamente cristallizzati e confinati nello spazio tempo che li accolse. La “scomparsa” è quanto di più traumatico possa occorrere alle persone, perché c’è qualcosa nell’uomo che vi si oppone strenuamente (un futuro argomento da sviluppare) e il solo modo, appunto a misura d’uomo, è vivere con la scomparsa.

Vivere con la scomparsa significa mantenere l’importanza delle linee della memoria in noi, riconoscendole quando si presentano – magari sotto forma di una foto, di uno scritto o altro – e seguirle, non perché ci possano dare di più di una vaga (… stella dell’Orsa) impressione allo scorrervi le dita (o la mente), ma per il fatto che il percorso della nostra coscienza al farlo, rimanda necessariamente alla Coscienza che le contiene tutte.                             

Poiché come nessuno è un’isola, non esistono linee che non ne intercettino altre.

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(*)

Naši Stari Vidošcani (L'antico popolo dei Vidovici)

Nel giorno del suo settantesimo compleanno, nel 2016, Ivo Saganic ha presentato il libro da lui autopubblicato, frutto di dieci anni di ricerca. Il villaggio di Vidovici è la casa natale della sua famiglia. Vidovici sorge su una collina che domina la città portuale di Martinšcica, simile a Lubenice, un importante punto di riferimento che domina il mare a poche miglia a nord. Vidovici è una delle diverse decine di comunità che un tempo esistevano sull'isola di Cherso, per lo più piccoli, alcuni direbbero minuscoli insediamenti, che sono andati in declino negli ultimi decenni. Vidovici è uno di questi villaggi che, nel suo periodo di massimo splendore, contava 150 abitanti, ma ora ne ospita solo due tutto l'anno.

Il Capitano Ivo Saganic ha avuto una carriera marittima di oltre 47 anni, di cui 37 come capitano di nave. Nel 1965 ha completato quattro anni di addestramento marittimo, dopodiché ha lavorato per la compagnia Jugolinija, viaggiando in Israele, Giappone e Nord America. Negli ultimi 12 anni della sua carriera è stato capitano di battelli di sollevamento che lavoravano nei giacimenti petroliferi nigeriani per le compagnie americane Halliburton e Hercules Offshore. Saganic è ora in pensione e risiede a Martinšcica.

I genitori di Saganic provenivano da Vidovici e avevano una lunga discendenza originaria della città. Saganic crebbe a Martinšcica, ma scrisse delle famiglie che avevano vissuto a Vidovici. A partire da 30 anni fa, Saganic annotò le informazioni del suo albero genealogico così come gli erano state trasmesse da suo padre, Ive, in memoria. Più tardi, nel 2006, iniziò la sua approfondita ricerca esaminando i registri del censimento ecclesiastico – lo Status Animarum – di Vidovici, che lo portò poi a esaminare i registri parrocchiali di tutte le comunità vicine. Saganic trascorse oltre dieci anni a ricercare le famiglie di Vidovici, documentando le biografie individuali, creando alberi genealogici, delineando la storia di ogni casa della comunità e scoprendo dove gli abitanti si trasferirono dopo la loro partenza. Saganic determinò che negli ultimi 200 anni Vidovici contava 665 abitanti. Il lancio di Naši Stari Vidošcani da parte di Saganic lo scorso luglio è il frutto del suo lavoro.

Presenta un'ampia documentazione sui residenti di Vidovici che emigrarono a Youngstown, Ohio. La sua ricerca lo ha portato negli Stati Uniti, dove ha trovato i registri di 58 Vidovišcani che emigrarono in Ohio, Pennsylvania, New York e New Jersey. Quattordici pagine descrivono dettagliatamente questo esodo verso l'America e includono fotografie delle navi su cui giunsero gli immigrati. Una mappa dettagliata illustra tutte le località di residenza a Youngstown, Ohio, dei Vidošcani che vi si trasferirono nella prima metà del XX secolo, mentre un'altra mappa elenca tutti i 58 che lasciarono il villaggio e le loro date di ingresso negli Stati Uniti tra il 1893 e il 1972.

Il libro fornisce anche biografie individuali in ogni sua pagina. Una grande quantità di dettagli accompagna queste biografie. Ad esempio, Franjo Saganich, nato nella casa numero 2 di Vidovici nel 1887, è descritto in diverse pagine con tre foto di famiglia e una foto della SS Argentina con cui arrivò in America. Tutti coloro che in America portano i cognomi Saganich (Saganic), Kucich - Cucci - Cucich (Kucic) e Stefanich - Stefani (Stefanic), possono rintracciare i loro nonni, bisnonni o altri parenti nel villaggio di Vidovici. Ora, con l'aiuto del libro di Saganic, possono risalire ai loro alberi genealogici fino a 8-12 generazioni fa. L'autore accetta comunicazioni scritte in inglese per le ricerche genealogiche. Afferma che: "È bene sapere che ogni uomo in America oggi che porta il cognome Saganic ha le sue origini ancestrali sull'isola di Cherso che risalgono all'inizio del XX secolo".  




La copertina di Naši Stari Vidošcani
raffigura Marija Saganic (1882-1925), 
nonna di Ivo Saganic.

Il primo abitante di Vidovici scoperto da Saganic fu Ivan Saganic, il cui cognome nei documenti è Zuanne Sagagnich. Ivan nacque nel 1672, uno dei tanti coloni che immigrarono nelle isole di Cherso e Lussino, dalla vicina Verbenico sull'isola di Veglia. La parte principale del libro di Saganic contiene capitoli su ciascuna delle 27 case che compongono Vidovici. Ventisei di queste case oggi sono chiuse durante l'inverno. Esaminando le date in cui queste case erano in uso, si scopre quando specifiche famiglie si stabilirono in queste residenze. Saganic è diventato il principale esperto in materia di origini e storia della famiglia Saganic. Gli alberi genealogici della famiglia forniscono una ricchezza di dettagli. Non solo gli alberi sono storie familiari uniche che risalgono, in alcuni casi, a oltre duecento anni fa, ma forniscono anche i discendenti attualmente viventi di quelle famiglie.

 Numero civico

 Cognome

 Cognome

 Individuo più anziano

 Date

 1

 Saganico

 Peritovi

 Anton Saganic

 1881-1964

 2

 Saganico

 Matovi

 Dinko Saganic

 1835-1918

 3

 Saganico

 Jakovjevi

 Jakov Saganic

 1871-1945

 4

 Saganico

 Bravarovi/Franovi

 Ivan Saganic

 1789-1849

 5

 Saganico

 Bravaro

 Ivan Saganic

 1851-1899

 6

 Saganico

 Preturovi

 Dinko Saganic

 1837-1873

 7

 Saganico

 Saganicevi

 Matija Saganic

 1750-

 8

 Balon

 Ivicevi/Blažovi

 Bernardo Balón

 1758-1836

 9

 Kucic

 Anticevi

 Anton Balon

 1787-1875

 10

 Kucic

 Kumpiri

 Anton Kucic

 1815-1905

 11

 Kucic

 Mortovi

 Damijan, Kucic

 1800-1876

 12

 Kucic

 Toninini

 Mikula Kučić

 1796-1865

 13

 Kucic

 Gašpicevi

 Ivan Kucic

 1769-1850

 14

 Kucic

 Memicevi

 Dinko Kucic

 1857-1942

 15

 Kucic

 Principi/Dumijanjevi

 Ivana Juranic

 1759-1831

 16

 Kucic

 Pašameti

 Ivan Kucic

 1835-1917

 17

 Kucic

 Perovi

 Mikula Kučić

 1796-1865

 18

 Kucic

 Karlovi

 Dume Jurjako

 1859-1905

 19

 Kucic

 Ive Gašpicev

 Ivan Kucic

 1908-1998

 20

 Kucic

 Gašpe Gašpicev

 Gaspar Kučić

 1911-2006

 21

 Kucic

 Tone Principov

 Anton Kucic

 1917-1993

 22

 Kucic

 Antonjevi

 Antun Kučić

 1809-1905

 23

 Kucic

 Coticevi

 Antun Kučić

 1815-1905

 24

 Saganico

 Capaftic/Pekovi

 Andrea Saganic

 1857-1920

 25

 Stefanic

 Skopcarović

 Andrija Stefanic

 1809-1881

 26

 Stefanic

 Ivankini

 Ivan Stefanic

 1781-1856

 27

 Stefanic

 Tone Ivankin

 Anton Stefanic

 1853-1902

L'aspetto più singolare del libro di Saganic è la sua lingua. La maggior parte del libro è scritta in dialetto ciacavo croato, noto alla gente del posto semplicemente come "Po našu", che si traduce approssimativamente come "nella nostra lingua". Il volume include un capitolo dedicato ai termini dialettali. Per il lettore inglese, il libro non è difficile da comprendere anche se non conosce la lingua. Grazie a un elenco di alcuni termini in dialetto ciacavo, è possibile comprendere gli alberi genealogici e avere una conoscenza di base delle informazioni biografiche. Il volume include un capitolo dedicato ai termini dialettali. Tuttavia, come concessione per coloro che non desiderano fare questo tipo di sforzo, all'inizio del libro è allegata un'introduzione in inglese, insieme ad altre versioni in croato standard, italiano e tedesco.

Il volume è una pubblicazione di grande formato, di 512 pagine, che fornisce una genealogia dettagliata di tutte le famiglie che hanno vissuto a Vidovici, in Croazia, dall'inizio del XIX secolo. Tutte le 27 case del borgo sono descritte nei loro profili biografici, costituendo un trattato genealogico per un'intera comunità. Ivo Saganic, nato nel borgo, non è a conoscenza della disponibilità del libro, stampato a Fiume. La distribuzione del suo libro da Martinšcica, la città più vicina a Vidovici, è curata da Ivo Saganic. Per conoscere la disponibilità del libro, è possibile contattare direttamente l'autore all'indirizzo:

Ivo Saganic
Martinšcica 6
51556 Martinšcica
Croazia
e-mail saganic.martinscica@vip.hr

Lo scorso luglio (2016) il libro è stato presentato in grande stile con una presentazione a Martinšcica. L'evento, che ha visto la partecipazione di oltre duecento persone, si è tenuto sulla terrazza dell'hotel "Golden Lion". Si è esibito il gruppo folkloristico Orlec. Gli interventi sono stati tenuti dal dott. Julijano Sokolić e da Bernard Balon. Balon è direttore di Zavicajne biblioteke Katedre Cakavskog sabora Cres-Lošinj (Biblioteche autoctone, Presidente dell'Assemblea ciacava di Cherso e Lussino), mentre Sokolić è giornalista e presidente della locale Katedre Cakavskog sabora (Consiglio ciacavo), autore di numerosi libri sulla storia e il turismo dell'isola di Lussino, comprese le città di Mali Lošinj, Veli Lošinj e Nerezine. Erano presenti anche la zia di Ivo Saganic, Dora Kucic, di 90 anni, e Gino Kucic Gaspicev, gli ultimi due abitanti indigeni del villaggio di Vidovici.



Ivo Saganic e la figlia alla presentazione del libro

Riferimenti e fotografie da: Vidovici dobili enciklopediju iz pera kapetana Saganica, di Bojan Puric, 10 luglio 2016 .

 

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Intervista a Ivo Saganic

 

All'inizio della conversazione gli chiediamo come, dopo aver trascorso tutta la vita su una nave, abbia iniziato a studiare la storia della sua regione.

– Mentre navigavo ancora, raccoglievo documentazione sulla mia famiglia per creare una genealogia per i miei figli. Mi chiedevo continuamente chi fossimo e da dove venissimo. Lentamente mi resi conto che c'erano molte informazioni ed eventi interessanti sulla mia città natale, che collegavano molte famiglie, e che sarebbe stato un peccato se tutto questo tesoro non fosse stato documentato. Sebbene il mio obiettivo iniziale fosse quello di creare una genealogia della mia famiglia, mi sono impantanato nel lavoro. Dopo oltre 10 anni di lavoro è nata la monografia "I nostri anziani di Vidovići", che descrive le storie di vita di 462 persone di 95 famiglie di quel solo villaggio, perché ho deciso di scrivere di tutti coloro che hanno vissuto a Vidovići negli ultimi 150 anni e la generazione di oggi può trovare lì dalle 10 alle 12 generazioni dei propri antenati. Non è solo la storia di queste famiglie, ma la storia della nostra regione, dei nostri Vidovići, che hanno perso di recente il loro ultimo abitante indigeno, Đino Kučić-Gašpićev, al quale ho dedicato il mio ultimo libro.

Il valore speciale del libro è che è scritto in dialetto: il nostro. Quindi come posso scrivere di mio nonno nella lingua croata standard? Mio nonno non lo capirebbe. È un dialetto che sta lentamente scomparendo, nemmeno i miei figli lo parlano, ed è per questo che questo libro ha un valore duraturo. Il mio collega residente Ivo Saganić-Meštrov, che è più bravo di me nel dialetto, ha revisionato il tutto e ne ha fatto la prima correzione di bozze; in seguito, la correzione di bozze e l'accentazione finale sono state eseguite da Bernardo Balon, per le quali gli sono molto grato.

Ho raccolto il materiale utilizzando il metodo della "storia orale", come mi hanno insegnato a chiamarlo. Ho intervistato la gente, sono persino andato in America a parlare con i nipoti dei nostri emigranti. Sono legato a queste persone ancora oggi. Ho detto loro che potevano essere orgogliosi di essere Saganići e che tutti i Saganići del mondo provengono esclusivamente dall'isola di Cherso.

Ho presentato il libro al pubblico il 10 luglio 2016, alla presenza di circa 250 persone, tra abitanti del posto e isolani. Personalmente partecipo a quasi tutte le presentazioni di libri sull'isola, ma non ho mai visto così tante persone radunate. Mi dispiace di non aver avuto il sostegno delle istituzioni locali in questo, ma il progetto dell'Unione Europea SIMRA (Innovazione sociale nelle aree rurali marginalizzate) ha riconosciuto il mio lavoro e in due occasioni ho presentato il mio "progetto Vidovići" a scienziati europei sulle trasformazioni sociali in quel villaggio insulare in cima alla collina sopra Martinšćica. Prima nel giugno 2018 presso l'Università di Padova, poi nel novembre 2019 presso il James Hutton Institute di Aberdeen, unico progetto proveniente dalla Croazia. La SIMRA ha pubblicato il mio libro in forma condensata e in inglese, con il titolo "Rural Life Revival", tradotto da Bernard Solis. L'anno scorso ho portato una delegazione SIMRA, composta dalla dott.ssa Tatiana Kluvankova e dalla dott.ssa Jirina Jirkova, nella città di Cherso per un incontro con il vicesindaco Marin Gregorović e il dott. Ugo Toić, per discutere della futura cooperazione. In quell'occasione abbiamo visitato i locali del Palazzo Moise, recentemente ristrutturato, che ospiterà il futuro vertice SIMRA.

Quindi sei riconosciuto come uno storico dilettante?

– Poiché stavo facendo qualcosa di nuovo nella mia vita, ho chiesto a persone più esperte di me se lo stessi facendo nel modo giusto, se stessi progredendo nella giusta direzione. Sono felice che il mio lavoro sia stato riconosciuto e sostenuto dal dott. Julijano Sokolić e gli sono molto grato per questo.

Oltre ai libri che ho pubblicato, sono membro del presidente del Parlamento ciacavo di Cherso e Lussino e per tre anni consecutivi ho partecipato attivamente alla conferenza internazionale Le cronache di Cherso, dove ho tenuto relazioni su "Le esigenze di una storia scritta di un insediamento", "I collegamenti marittimi degli armatori di Cherso con il porto di Ancona nel XVIII secolo" e "Il monastero camaldolese dell'XI secolo". secolo nella baia di Tiha.

Il Museo Andrije Linardić non è forse il primo spazio museale e espositivo da lei allestito?

– A Vidovići, nel 2013, ho ristrutturato una casa diroccata nel centro del paese, dove mia nonna cuoceva il pane e mio padre produceva la grappa. Non volevo costruire un altro appartamento o una casa per me stesso, ma ho invece allestito un piccolo museo in cui ho esposto vari oggetti legati a quel villaggio.

Ho visto che c'era molto interesse, soprattutto turisti, per una tale offerta culturale, così ho deciso di aprire un museo a Martinšćica dedicato ad Andrija Linardić, un visionario, un contadino ignorante che, già nel 1903, si indebitò e si procurò costose caldaie da Dresda in Germania, dando così inizio alla prima produzione industriale a vapore di oli essenziali sull'isola. Per tre anni offrì i suoi prodotti all'Europa e subì solo umiliazioni. Solo in occasione dell'esposizione austriaca di Londra del 1906 ottenne il riconoscimento, il suo primo diploma e una medaglia. Fu il primo al mondo a produrre olio essenziale dall'elicriso, o magriža come lo chiamiamo noi, nel 1908 e nel 1912 costruì un grande edificio per la distilleria a Martinšćica e operò in tre continenti. La sua storia di vita è il materiale ideale per un film su come si possa avere successo sull'isola attraverso un lavoro paziente e tenace. Per tre anni ho cercato senza successo l'aiuto delle istituzioni locali, così nel settembre 2019, insieme a un gruppo di gente del posto, ho fondato l'associazione Magriž. Con l'aiuto della gente del posto, di piccoli donatori e simpatizzanti della mia iniziativa, nonché con il supporto della Contea Litoraneo-montana, abbiamo avviato la ristrutturazione del magazzino, durata sei mesi, nella quale abbiamo investito 650 ore di lavoro volontario. L'inaugurazione del Museo Andrija Linardić, nonostante l'epidemia, ha riunito un gran numero di persone, il che ha rappresentato il più grande elogio per il nostro lavoro. E così la nostra piccola città ha avuto il suo museo, mentre molte città più grandi ancora non ne hanno uno.

Quindi, da quando sei andato in pensione nel 2012, dopo 47 anni in mare, sei riuscito ad aprire due musei e a pubblicare due libri. Hai più volte sottolineato che sei andato in pensione per aiutare tua moglie a gestire l'"attività" di famiglia: l'affitto di appartamenti.

- Quando sono tornato a casa, ho detto a mia moglie Zorica che ora io sono il primo ufficiale e lei è il capitano, perché è lei che gestisce meglio la nave. Insieme a mia moglie Zorica gestisco con successo da 20 anni due proprietà di famiglia, una a Martinšćica e l'altra a Vidovići, continuando così la tradizione familiare di affittare case al turismo, una tradizione che i miei genitori Ana e Ivan hanno iniziato più di 70 anni fa.


La marineria nei geni

Sebbene negli ultimi anni tu sia noto sull'isola per le tue ricerche storiche, nel profondo sei un marinaio, discendente di una famiglia di marinai.

– Mio padre, mio ​​fratello e mio nonno erano tutti marinai. Nel museo di Martinšćica ho esposto il permesso di viaggio di mio nonno del 1901; oggi sarebbe un libro per marinai. In particolare, quando i nostri emigranti andarono in America, avevano documenti e dati di nascita precisi, che molte altre nazioni non avevano. Altri potrebbero riuscire a mostrare la loro età sulle dita. Mio padre era un marinaio in un'epoca in cui la gente tornava a casa solo per necessità: per sposarsi, costruire una casa o aiutare la famiglia. Trascorse la maggior parte della sua vita navigando su navi italiane e, durante la Jugoslavia, visse un vero shock quando lo mandarono a casa in vacanza: "Devo tornare a casa ogni anno?", chiese.

Essendo figlio di un marinaio, trascorrevi molto tempo con tuo padre? Com'è stata la tua infanzia?

– I miei genitori sono di Vidovići, ma vivevamo a Martinšćica, in una piccola casa a Pojana, dove siamo nati io e mio fratello maggiore Feručo. Mio padre ha trascorso quasi tutta la vita in barca a vela. Durante la seconda guerra mondiale la sua nave venne silurata, così tornò sull'isola e vi trascorse il resto della guerra. Lavorò alle poste e nel Comitato popolare. Mia madre Ana, originaria di Vidovići, aveva un'opinione lungimirante, per quei tempi estremamente progressista, sull'importanza dell'istruzione, perciò decise di mandare i suoi figli a scuola fuori Martinšćica, nonostante lì ci fosse una scuola con circa 40 studenti e un insegnante. Per prima cosa mandò mio fratello maggiore a scuola a Lussino e nel 1953, quando ero in prima elementare, andammo a Cherso su una piccola barca di legno: mamma, papà, io, mio ​​fratello e una capra. Cito sempre quella capra perché era impossibile vivere senza di lei, dava qualche litro di latte ogni giorno. Alla fine dell'anno scolastico tornammo tutti a Martinšćica con la nave passeggeri. Ho vissuto a Cherso dal 1953 al 1961, vicino alla chiesa di San Giorgio nella Casa Rossa, al numero civico 53. Io e la mamma abbiamo vissuto a Cherso per tutti gli otto anni, e papà è salito di nuovo su una nave nel 1954. Ho visto poco mio padre perché era sempre sulla nave, ma niente di più. Anche il fratello maggiore Feručo nel 1957 intraprese la sua strada, imbarcandosi anche lui su una nave e rimanendo in America.

Dopo la scuola elementare a Cherso, hai continuato gli studi a Lussino?

– Quando ho finito la scuola media superiore a Cherso nel 1961, abbiamo caricato tutti i mobili su un camion e siamo andati a Lussino, dove abbiamo vissuto per i successivi quattro anni. Il fatto che oggi i bambini possano andare a scuola in autobus ogni giorno è una grande benedizione. Venivo a Martinšćica solo d'estate e rimpiangevo sempre il mio paese natale e gli amici che avevo lasciato lì.

Mi sono laureato alla Scuola marittima di Fiume nel 1970 e nello stesso anno ho incontrato la ragazza che poi è diventata mia moglie; stiamo insieme da 50 anni. Quell'anno trovai lavoro su una nave straniera e il mio primo contratto durò 11 mesi, ma rimasi sulla nave per 18 mesi. Navigavo nel Pacifico, lontano dall'Europa, e stare su una nave per 18 mesi non era facile, quando una lettera viaggiava per un mese e durante quel periodo non sapevi se stavi ancora con la tua ragazza, se ti stava aspettando oppure no. A quei tempi nessuno aveva un telefono in casa.

Ma la ragazza ti stava aspettando.

– Mi ha aspettato e mi ha accolto. Ci siamo sposati solo tre anni dopo, perché sono stato su una nave per 18 mesi e poi nell'esercito per un altro anno, quindi siamo stati insieme meno volte. Due mesi dopo il matrimonio, ripresi il viaggio per mare, con un contratto di un anno. Questa è la vita di un marinaio. In passato, le donne si sposavano sapendo che i loro mariti sarebbero stati raramente a casa. Oggi però è diverso, i contratti sono più brevi.

Si dice che il pane dei marinai abbia sette croste. Che ricordi hai dei tuoi viaggi?

– La vita in mare è meravigliosa, ma si sperimentano tante cose diverse, tutte ti influenzano. Immagino che il mio amore per la storia derivi dalle mie frequenti assenze da casa, perché pensavo costantemente alla mia città natale.

Ho trascorso 47 anni in mare. All'età di 29 anni sono diventato capitano di una nuova nave portacontainer di proprietà di un armatore tedesco e ho viaggiato principalmente su navi straniere. Nel 1978, per motivi familiari, decisi di tornare più vicino a casa e trascorsi i successivi 20 anni lavorando sui rimorchiatori nel porto di Fiume. Passai dalle navi portacontainer ai rimorchiatori, quindi mia madre mi disse che ero passato dai cavalli alle navi cargo. Ma ogni lavoro è onorevole e bello. A bordo di un rimorchiatore ho aiutato molte navi ad attraccare nel porto e le ho anche salvate in ogni tipo di condizione meteorologica avversa. Sono stati 20 anni di lavoro tra i più meravigliosi della mia professione e, poiché ero il più esperto perché ero arrivato come comandante, mi sono stati assegnati gli incarichi più impegnativi. Tra le altre cose, ho partecipato alla costruzione del ponte tra la terraferma e Veglia, ho gestito per quattro giorni il salvataggio della nave arenata Volgobalt 167 sulla Galiola e sono stato il comandante della nave Ecomar, la prima nave nelle acque di Fiume addetta all'ecologia e al trasporto di petrolio.

 

Anni africani

Dopodiché hai deciso di cambiare di nuovo?

– Si è presentata un'opportunità e ho deciso di andare in Africa, dove ho lavorato inizialmente su imbarcazioni sottomarine, navi che fornivano piattaforme. Sono andato in Nigeria con l'intenzione di restarci tre anni e ho finito per trascorrervi 14 anni interessanti. Di questi, 12 anni li ho trascorsi su una piattaforma americana, come una Lift boat o una Juck up barge. Ero sempre sulla stessa nave, che in quel periodo cambiò nome tre volte e cambiò proprietario due volte. Sono stato nominato capitano dell'anno due volte. Sono l'unico comandante che è stato prelevato in elicottero da Warri quando ho deciso di andare in pensione nel maggio 2012 e hanno organizzato una grande festa di pensionamento per me.

La costa nigeriana è nota per i pirati e altri pericoli, e tu parli di quel periodo della tua vita con nostalgia.

– Ancora oggi ho degli amici che ho conosciuto lì, di tutti i colori della pelle. Conosco persone che sono venute per lavoro e sono rimaste a vivere in Africa. Ti lasci travolgere da quel clima, da quel modo di lavorare e di vivere. I pericoli erano vari, ma si impara a conviverci. Ero l'unico bianco sulla nave, in mezzo a 40 neri. La troupe con cui lavoravo aveva un enorme rispetto per me. Mi hanno nascosto quando ero in pericolo perché ero bianco, e io li ho protetti sulla nave da tutti i problemi. L'equipaggio intuì e riconobbe che anch'io provenivo da una zona in cui la vita era difficile, dove regnava la povertà. Posso dire onestamente che ero l'unica sulla nave a non chiudere a chiave la porta, perché sentivo il dovere di essere sempre disponibile per tutti. Mi sono spaventato un paio di volte quando mi sono svegliato nel cuore della notte e ho visto solo denti e occhi bianchi nell'oscurità. Ricordo un episodio in cui il furgone impiegò un tempo sospettosamente lungo per portarci a destinazione a Port Harcourt di notte, così i membri del mio equipaggio mi nascosero e mi coprirono con una coperta, perché stavamo attraversando zone della città pericolose per i bianchi. Quando navigavamo tra i porti nigeriani, da Port Harcourt a Warri e Lagos, avevamo a bordo dai 5 ai 10 soldati per protezione, ma questo non significava nulla perché quei soldati erano proprio come i pirati. Entrambi sparavano per paura e noi eravamo in mezzo a loro. Durante le guerre tribali tra Ijaw e Shekiri, avevo a bordo membri di entrambe le tribù, ma non ci furono disordini. Tuttavia, quando una nave arrivò per portarli sulla terraferma, si prestò attenzione a trasportare separatamente i membri delle diverse tribù. Nonostante tutto, tornavo sempre volentieri in Africa perché lì avevo stretto tante amicizie e continuavamo a socializzare. Ho navigato due volte nell'Adriatico con una compagnia con cui lavoravo in Nigeria. C'erano persone provenienti dall'America, dal Sudafrica e dalla Slovacchia.

 

Dopo aver viaggiato per il mondo e aver incontrato persone e culture diverse, sei tornato nella tua piccola Martinšćica.

– È una piccola Martinšćica. D'inverno a Martinšćica siamo circa 120, mentre d'estate, con tutti i turisti, siamo fino a 4.000. Non mi riposo durante la pensione. Oltre a tutto ciò di cui abbiamo parlato, ho ristrutturato la casa di mio nonno a Vidovići e l'ho adibita ad uso affitto. Dopo 60 anni ho ripulito l'uliveto trascurato di mio nonno e ho salvato 50 vecchi ulivi. Ho anche piantato due nuovi ulivi. Quando sono tornato a casa nel 2012, non avevo un solo ulivo, mentre ora ne ho 75, dai quali solo l'anno scorso ho ricavato circa 500 kg di olive.

Con quattro compaesani ho ripulito la vecchia e trascurata strada per il villaggio di Vidovići

Da allora in poi ogni anno si è tenuta la gara ciclistica "4 Islands". Ogni anno alla fine di maggio organizzo e dirigo la pulizia della strada locale Martinšćica – Vidovići. Ho chiesto ripetutamente alla città di Cherso e all'Ente turistico di pulire anche altre strade locali in direzione di Lubenice, Grmov e altri lungomari nelle vicinanze, ma non ho ricevuto risposta. Su mia richiesta, il villaggio di Vidovići ha finalmente avuto il suo cartello sulla strada principale e una targa con il nome davanti al villaggio; fino a quel momento, i turisti che avevano prenotato un alloggio avevano vagato in giro alla ricerca dell'insediamento.

L'elenco delle tue attività potrebbe continuare all'infinito, ma come ti rilassi? Cosa fai nel tuo tempo libero?

– Sto facendo ricerche sulla storia locale. Questa è la cosa che mi rilassa di più. Durante il giorno svolgo i lavori domestici e, quando tramonta il sole, mi siedo al computer, faccio ricerche e scrivo. Gestisco anche la pagina Facebook "Martinšćica Homeland Collection", attraverso la quale promuovo la cultura e il patrimonio della nostra città. Non accendo la TV da giugno. D'inverno guardo il telegiornale, ma ho una montagna di documentazione da studiare. C'è ancora molto materiale negli archivi e se solo potessi incoraggiare i giovani di Cherso, i giovani scienziati, a rovistare tra quei documenti nell'Archivio di Stato a Fiume, che sono pieni di scatoloni e non sono ancora stati esaminati. Ho intenzione di scrivere la storia di Martinšćica partendo da questi archivi; ho imparato questo "mestiere" mentre lavoravo al mio primo libro. Posso dire di aver già scritto metà della storia di Martinšćica.

……………………

Commenti

  1. Siamo cresciuti in sieme e poi dipo il diploma nautico a Lussinpiccolo ci siamo persi in giro per il mondo.Visti al 48esimo raduno a Lussino e si troveremo se dio vora nuovamente in settembre questano.Gdande Ivo,il libro e ottimo dove ho scoperto tante cise della mia famiglia che non sapevo.Auguri Ivo.
    Un abbraccio da Trieste Pinucio.

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  2. MAIL DI IVO SAGANIC

    Signor Galvan,
    grazie tante per il bell'articolo sul suo blog del mio libro Naši stari Vidošćani pubblicato quasi 10 anni fa, la cui maggior parte prende polvere sugli scaffali domestici.
    Grazie a persone come lei e agli scienziati di professione che apprezzano il mio lavoro. Alcune persone al principio mi hanno detto "col passare del tempo il suo libro avrà più valore", certamente tra poco tante cose saranno dimenticate e sepolte.
    Proprio non lo so perché ho deciso di raccontare la storia di tutti gli abitanti di un paesino come Vidovići, le loro vite, quella della mia famiglia e ancora di più.
    Tutto è avvenuto al giusto momento, ho avuto la grazia di poter parlare con la gente di quell'epoca.
    Qualche volta provavo la sensazione di essere guidato da uno strano potere che al momento giusto mi portava informazioni che non stavo aspettando.
    Adesso andando con il libro nel cimitero di Martinšćica tutti i personaggi vengono rianimati.
    Grazie per i bei commenti sul mio lavoro. Tanti connazionali Croati non hanno capito il senso del libro come lei che è straniero e non vicino al nostro dialetto chiacavito, grazie!

    Il mio nuovo libro è già uscito, presentato nel novembre del 2024 a Martinšćica:
    "Martinšćica - povijest moga zavičaja" (Martinšćica - la storia del mio paese)
    é un libro di 530 pagine che riporta la storia di 1000 anni del mio villaggio nativo Martinšćica (San Martino) con inclusa tutta l’isola di Cres (Cherso).
    La presentazione è avvenuta anche a Cres e Lussinpiccolo nell’aprile di quest’anno.
    Alcune foto le può trovare sul mio facebook o sul facebook del mio museo Andrija Linardić - Zavičajna zbirka Martinšćice.

    Spero di incontrarci quest’estate in Martinšćica.
    Grazie di tutto!

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  3. Gentile signor Ivo,

    di lei (nel 2019, quando l’ho conosciuta) mi aveva colpito la passione che ho ritrovato quando l’ho rivista nel 2023 a Martinšćica nel suo museo, dove ho preso il DVD e altre cose.

    Poiché si chiede come mai ha deciso di raccontare la storia di tutti gli abitanti di un paesino come Vidovići, le loro vite, quella della sua famiglia e ancora di più, mi permetta di suggerirle una possibile risposta: perché tutte quelle persone, certamente morte nel corpo, non lo sono ancora in quella parte dell’anima che nonostante le difficili prove della loro esistenza ha mantenuto un legame con i luoghi di origine e le linee genealogiche.
    Solo una dedizione disinteressata (come la sua) poteva trasportare nel libro il canto di quelle storie di vita e le immagini dei loro volti.
    Mi piace pensare che siano state quelle anime a chiamarla e adesso andando con il libro nel cimitero di Martinšćica tutti i personaggi vengono rianimati.

    Pochi sono in grado di rispondere a tali chiamate, perché per farlo debbono dedicare sé stessi, completamente.
    Per il lavoro che ha fatto la più grande ricompensa non è nel riconoscimento di certi personaggi o nella (giusta) considerazione per un’opera unica, ma nella passione che, ricercando le vite dei morti, ha reso lei più vivo dei vivi.

    Siamo tutti di passaggio in questo mondo: coloro che vennero prima, noi adesso e quelli che verranno, percorriamo tutti la stessa strada, a volte guidati da quello strano potere che al momento giusto porta le informazioni che non stavi aspettando.

    Grazie infinite per aver gentilmente risposto.
    Auguro e lei e tutti i familiari tanta serenità.

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  4. Ciò che mi ha colpito a livello personale ( non conoscendo i personaggi di cui qui si parla ) è ciò che ho potuto ricavare dalla descrizione della mamma. Delle sue abitudini e del suo concetto di ordine " I vivi con i vivi e i morti con i morti ".
    Non sono ancora arrivata a questa distinzione; e credo che non ci arriverò.

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