Immaginate...

 



Immaginate di acquistare una casa con un bel pezzo di terreno – ve lo auguro – dove un vecchio pino si oppone all'idea e alle geometrie che avete elaborato con vostra moglie sul luogo.

Dov'è il problema? Si taglia. Ma se non lo fate subito, meglio se prima di andarci ad abitare, potreste accorgervi che una coppia di cince si rifugia in un foro del tronco, il loro nido.

Adesso forse è più difficile, bisogna almeno aspettare primavera quando se ne andranno con i piccoli divenuti autonomi. Con la bella stagione arriva il sole e quell'albero, per quanto esteticamente lasci a desiderare, provvede un'ombra già pronta dove mettersi con una seggiola.

Si può sfruttare anche un condannato a morte se la sentenza è giusta: non voleva saperne di adeguare la sua geometria al progetto. Il fatto è che proprio non può, troppo rigido e avanti con gli anni per cercare di imitare i flessuosi bambù neri che dovrebbero prenderne il posto.

 

Quando ormai in famiglia avete deciso per un grande ombrellone – già lo vedete, bianco circondato da bambù neri! – e nonostante il temporale appena passato andate a verificare le misure sotto al pino vi accorgete che, a differenza di quel telo l'albero emana un odore resinoso, secco e balsamico.

È il suo modo di parlare, e purtroppo per voi l'avete ascoltato.

Dovrete cercare un'altra scusa con vostra moglie che era già sicura di liberarsi una volta per tutte di quegli aghi morti e delle gocce di resina che talvolta sono cadute dove non dovevano.

Sull'auto messa là sotto al fresco o sui panni stesi. Per lei è colpa del pino, che c'entri la forza di gravità come per la pioggia è un modo di sviare il problema.

Quando si è presi tra due fuochi, il desiderio di sospendere l'esecuzione del pino da una parte, e l'impazienza di chi vi è caro che si sta domandando se lo fate apposta dall'altra, non bastano le parole per uscirne. In aggiunta ci si mette anche un dannato colpo della strega a costringervi a letto una settimana, immobile. Come quel pino che però fa ondeggiare le sue fronde davanti alla vostra finestra, distraendovi dalla monotonia.

I bambù non arriverebbero a quell'altezza.

 

Uscire dallo stallo è spesso doloroso. In un modo o nell'altro sono passati degli anni e il pino è ancora là. Anche vostra moglie è ancora con voi e ha atteso abbastanza.

Nella sua testa la geometria troppo a lungo repressa reclama soddisfazione, se non l'ha capito sinora che il pino è entrato in voi difficilmente lo capirà attendendo ancora. Così andate da lei e gli dite che deve fare quello che desidera, solo che voi non ci sarete quando accadrà. Andrete a trovare un vecchio amico o a passeggiare sotto altri pini chiedendo di perdonarvi, siete solo un uomo.

Questa storia può finire in molti modi. Se non aveste visto quel pino non sarebbe neppure cominciata – solo legna da spostare – ma non siete voi a decidere cosa vedere.


L'uomo della storia tornò a casa che era già buio, per vedere il meno possibile.

L'odore che lo attendeva lo raggiunse prima di entrare nel viottolo.

Non era di legno segato, bensì quello solito del vecchio pino, ancora al suo posto, con la luna imprigionata tra i rami. Gli si inumidirono gli occhi, evento più che raro.

Non vide la moglie che lo guardava da dietro la finestra, ma lei aveva visto lui mentre si allontanava quella mattina. Aveva una certa età ma sembrava più incurvato del solito, forse la schiena, il suo problema. Lei sentì una lacrima formarsi e fece per toglierla, incontrando quell'altra lacrima, una goccia di resina del pino caduta giusto in quel momento sulla sua guancia.

C'erano troppe lacrime quel giorno per non capire.


(estratto dal capitolo 9 - L'Occhio di Vrana)

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