IMMAGINATE... (2,3,4,5,6)
2)
Alle tre di notte la moglie ricevette una telefonata della polizia che l’avvisava del ritrovamento. L’ipotesi più nefasta si era avverata, infarto, probabilmente.
Alla notizia anche il suo cuore subì un serio scompenso, fortunatamente rientrato per il tempestivo aiuto della sorella (infermiera), venuta per aiutarla nei lavori.
Ma, altra fatalità, il furgone del giardiniere fu coinvolto in un incidente e quando arrivò non c’era luce a sufficienza per procedere in sicurezza, così scaricò l’attrezzatura, recintò l’area interessata e dette appuntamento per il giorno dopo, di buon mattino.
Giocoforza le due sorelle si ritrovarono nel soggiorno a parlare di loro e degli altri. Attendendo il rientro del marito, riguardarono ancora il bel progetto dell’architetto, di molto ampliato rispetto all’originale, con piscina e veranda solarium… una compensazione per la lunga attesa.
I bambù neri e il telo bianco divenuti dissonanti col progetto (secondo l’architetto) non si potevano eliminare (altrimenti una soluzione valeva l’altra, no?) ma furono ridimensionati e collocati ben distante, vicino al confine.
Addossati ad una casetta di legno avrebbero formato un’esclusiva (nel senso che sarebbe stato difficile convincere qualcun altro a fare altrettanto…) isola ecologica, rifiuti, per intendersi.
Alle 10 di sera la moglie, spazientita, chiamò il marito… che non rispose nonostante squillasse. Alla sensazione della continuità subentrò quella dell’impermanenza di tutte le cose. Un incidente allungò l’esistenza del pino mentre dalla mancata risposta si presagì il destino dell’uomo.
Quando una persona per noi importante viene a mancare, si palesa il nostro vuoto interiore che cerchiamo di riempire con mille stratagemmi. Ma sicuramente giungerà il momento che la nostra amica, quella che il marito si recò a trovare, soffiandoci sopra li dissolverà lasciandoci nudi, come all’inizio…
Il pino fu l’ultimo dei pensieri della donna, assieme alla piscina, veranda e isola ecologica. Il senso di colpa la rese quasi catatonica e la sorella decise di trasferirsi da lei, nella stanza che il marito occupò, quando la schiena lo costrinse all’immobilità, per guardare bene il suo albero.
Riassestandola per dar aria, trovò un foglio ripiegato tra il materasso e la rete.
La sorella intuì qualcosa e lo consegnò senza aprirlo.
In quel foglio c’era la cosa più preziosa al mondo, la vita.
Non aveva il potere di renderla all’uomo… ma preservò quella della donna.
Non c’erano parole, bensì un semplice disegno a matita.
Un giorno vi mostrerò quel disegno ma voi intanto chiedete al vostro cuore quale fosse, poiché per ognuno è diverso.
Trovando la risposta, quando sarà il momento, la nostra amica la illuminerà affinché chi rimane da questa parte possa vederla.
……………………………..
3)
Il marito nel giorno programmato per l’esecuzione (del progetto architettonico…) prese l’auto e, arrivato nella vecchia pineta dove veniva fatto l’impossibile per mantenere in vita i verdi ospiti, vi passeggiò a lungo, lentamente.
Gli alberi sono degli organismi viventi straordinari, pur ancorati al terreno, chi più e chi meno flette al comando del vento… un movimento, seppur limitato, come può esserlo quello di un anziano con gli inevitabili problemi o quello di un impiegato costretto alla scrivania per tutto il giorno, per far fronte al problema principale dell’esistenza.
Ma, se mai l’avete fatto provate ad osservare dal basso la chioma di un pino, magari distesi su una panchina, come fece l’uomo per riposarsi… avendo sentito ritornare con maggior intensità un dolore ricorrente da qualche giorno, a cui non prestò attenzione.
La chioma di un pino è una dimensione a sé stante che viene meglio colta guardandola dall’alto, specialmente quando non si tratta di un esemplare singolo e appare del tutto evidente l’interazione di ogni albero con i vicini, le cui chiome si compenetrano per occupare al massimo lo spazio disponibile per assorbire la luce.
L’uomo focalizzò l’attenzione appunto sulle chiome e man mano il verde chiaro dei giovani aghi, da che era in secondo piano rispetto ai rami scuri e rinsecchiti, si espanse acquistando il predominio della visione. Tanto che ebbe la convinta sensazione di trovarcisi sopra e assistere a qualcosa di incredibile, mai visto in precedenza: la luce del sole composta di innumerevoli e differenti minutissime forme che come una cascata si spandeva sugli aghi, facendoli vibrare… di gioia, pensò.
Prima di assopirsi del tutto si accorse di non provare più il dolore per l’imminente perdita del suo albero e non si sentì mai in pace come in quel momento.
Signora – (parecchio anziana, appoggiata al bastone da passeggio) tutto bene? Le è caduto il borsello, eccolo.
L’uomo si ridestò con l’intera memoria da cui, tuttavia, non ricavò l’informazione su quanto tempo fosse trascorso; in più, messosi a sedere si accorse di aver lasciato il telefono nell’auto. Ormai chi usa ancora gli orologi?
Uomo – accidenti, mi sono assopito osservando le chiome dei pini… grazie, molto gentile.
Signora – di nulla, c’è solo questa panchina in questa zona, permette che mi riposo un po’?
Uomo – (rendendosi conto della mancata attenzione) mi scusi tanto, sono desolato, si sieda prego… sono (si presenta dicendogli dove abita)...
Signora – la conosco, è lei che ha acquistato la villa sulla collina. Conobbi Francesca, la proprietaria che ormai non poteva più viverci da sola e si è trasferita in una struttura adeguata per assistenza e compagnia.
Uomo – un posto magnifico, unico… mi dispiace per Francesca ma l’avrebbe venduta comunque, disse che ero l’acquirente giusto.
Signora – sicuramente, se le piacciono i pini apprezzerà quello che ha in casa, no?
Uomo – sì, mi piacciono, però… non a mia moglie. Quello che ho in casa sta per essere tagliato per motivi… estetici e mi sento in colpa.
Signora – quel pino ha duecento anni, non ce ne sono altri così vecchi in quella zona. La conosce la storia?
Uomo – quale? Francesca disse che mi sarei accorto da solo di qualcosa riguardo al pino…
Signora – e non è avvenuto?
Uomo – beh, sì, è successo un fatto molto strano… un giorno ero immobile a letto e osservavo il pino. Non saprei come spiegarlo… ma mi sono ritrovato ad osservarmi da… dentro il pino. L’ho anche disegnato.
Signora – è accaduto anche a Francesca e ad altri residenti… per quello nonostante sia malandato non è stato mai tagliato. Quel pino ha il potere di accogliere, è entrato in te e tu in lui.
Uomo – un albero sacro?
Signora – direi piuttosto un amico che ha preparato una strada da percorrere.
Uomo – quale strada?
Signora – per te proprio la tua, da adesso.
Uomo – tra un po’ tornerò a casa e non ci sarà più…
Signora – ci sono tanti modi per terminare una storia… in uno ci sei tu, il pino, tua moglie e tutto quello che vorrai…
Uomo – una fantasia, non la realtà, purtroppo.
Signora – c’è un confine tra fantasia e realtà… ma un amico può allargarne la fessura e mostrarti un’altra, differente realtà.
Uomo – e come ci potrei andare?
Signora – abbandonando quella in cui ti trovi. Chi ha visto il pino può farlo…
………………..
4)
La luce del sole entrata dalle ampie finestre del soggiorno, pur illuminandone il volto non ridestò Solange (la moglie) distesa sul divano dal suo torpore, così Lisette (la sorella) dopo averle aperte lasciò il vassoio con la spremuta di arance sul tavolo, assieme al foglio trovato nel letto e uscì nel giardino.
A tre giorni dalla morte, Solange non aveva ancora dato l’ultimo saluto al consorte, un atto che sancisce per chi rimane la conclusione di quella sorte condivisa che è il profondo senso di ogni unione.
Qualche altro giorno e poi la sorella avrebbe dovuto forzatamente avviare le procedure per provvedere l’ultima dimora a quel corpo, trovato disteso sulla panchina con le braccia conserte da un’anziana signora che raccogliendone il borsello da terra si accorse dell’immobilità dell’uomo.
Chiamò il numero d’emergenza e mentre gli agenti compilavano il verbale un giovane rametto dall’alto cadde sulle mani dell’uomo. Il volto le ricordava quello del figlio spirato da giovane e pregò il personale dell’ambulanza, affinché dopo gli atti necessari fosse ricollocato tra le dita.
Lisette, seduta su una seggiola sotto il pino, le spalle alla villa e gli occhi all’orizzonte al confine tra la linea dell’acqua e la linea del cielo, era così assorta da non essersi accorta dell’arrivo di Solange, neppure quando prese posto su una seggiola vicina.
Il secondo colpo di vento, un potente soffio che trasportò con sé un’infinità di bianchi semi dalla barriera di oleandri che le ricaddero addosso come una nevicata, la distolse dalle riflessioni sui confini.
Senza di essi tutto sarebbe unito, indifferenziato. Ogni movimento, di qualsiasi tipo, avviene da un luogo (pure esso di qualunque tipo, anche immaginario) verso un altro.
La delimitazione è condizione sine qua non per il continuo movimento della vita (nel suo senso più ampio) che nel caso di quella umana, adagiati o no su un letto di morte, termina addirittura sdoppiandosi: la meravigliosa macchina organica senza più respiro vs l’evidenza dell’assenza della coscienza che, impossibilitata ad esprimere i suoi contenuti, perennemente ripropone l’interrogativo se continui o si dissolva.
Lisette, volgendo il capo per spazzolarsi con la mano le spalle dai semi volanti degli oleandri, trasalì vedendo la sorella seduta, più di lei imbiancata da essi... più di lei assorta sulla medesima linea di confine ribaltò in se stessa gli elementi, lasciando scorrere dagli occhi l’acqua sul cielo del foglio tenuto con una mano.
Con l’altra mano proteggeva dal vento un rametto di verdi aghi di pino, innocente come una giovane capinera caduta dal nido.
Il primo colpo di vento venne dall’alto e impattando sulla chioma del pino ne colse un po’ di rametti apicali; tolti dal flusso nutritivo e sparsi a terra sarebbero presto appassiti... però, diversamente dai fratelli nella loro breve vita conobbero l’ebbrezza del volo.
Uno di quei rametti sospinto dalla potenza del vento entrò dalla finestra del soggiorno finendo per adagiarsi sulle mani di Solange che si ridestò al delicato contatto. Alzatasi per riporlo sul tavolo si accorse del bicchiere con la spremuta e stranamente avvertì il desiderio di bere, dopo tre giorni durante i quali non toccò cibo e assunse solo un po’ d’acqua.
Quella sul vassoio non era una salvietta ma un foglio ripiegato… lo aprì e al guardarlo la vita ritornò in lei.
Il disegno raffigurava un uomo dentro un albero, lo sguardo rivolto all’osservatore, che porgeva un rametto di pino tenuto nella mano.
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5)
Sorretta dalla sorella, Solange entrò nella fredda stanza dell’obitorio.
Il responsabile che le accompagnò aveva già scostato il lenzuolo dal volto, affinché in quei pochi metri di distanza si stemperasse l’inevitabile impatto emotivo. Un’accortezza frutto della lunga esperienza dell’uomo.
Un corpo può continuare a vivere senza la coscienza attiva ma, abbandonato dal respiro (l'energia vitale che lo mantiene), ridiventa il guscio che ne ha ospitato lo stupefacente mistero.
Come ogni altro guscio servirà del tempo (o il fuoco) per cancellare del tutto l’impronta dell’ospitato, mentre cancellarne l’impronta nelle coscienze delle altre persone può richiedere una vita o più…
Un collegamento con la materialità di un corpo (conservato o divenuto cenere) allevia il peso dell’assenza, specialmente attraverso qualche oggetto sensibile posseduto dal defunto. Il culto dei morti distingue la nostra specie su questo pianeta.
In due casi gli oggetti sensibili trascendono la materialità, pur se ne abbisognano per essere percepiti, connotandosi più con le caratteriste della coscienza: il lascito artistico attraverso la parola scritta e la musica: amor ch’ha nullo amato è Dante così come Don Giovanni (e tanto altro) è Mozart.
Dopo un breve, infinito tempo, Solange con un’ultima carezza salutò il marito, proprio nel momento in cui il responsabile stava rientrando, tenendo qualcosa in mano.
- Signora, quando l’hanno portato aveva questo rametto di pino in una mano. La donna che ha trovato suo marito si era tanto raccomandata di lasciarlo.
Solange, sbalordita dalla coincidenza, prendendo il piccolo rametto sentì immediatamente che quello era l’oggetto sensibile più potente collegato al marito. Ritornata a casa lo mise nel vasetto (con dell’acqua) assieme al suo. In breve si riprese dall’appassimento ed entrambi i rametti col tempo radicarono.
Anche Solange si riprese dall’appassimento e, abbandonata del tutto l’idea di risistemare l’esterno dell’ampia proprietà, si rese conto di non essersene mai interessata, se non per quello che ci poteva fare e non per quello che era.
Le ritornò in mente, quando la comperarono quattro anni addietro, la gentilezza della proprietaria Francesca che rimasta sola e con seri problemi fisici dovette trasferirsi in una struttura adeguata... rimasta sola come lei adesso.
Nonostante quanto promesso (si dicono tante cose nel corso di una trattativa) non andò mai a trovarla, non perché ritenne sufficiente il paio di visite del marito… il motivo era che sapeva quanto teneva a quel pino.
Adesso la sua vita e le cose che conteneva erano state cambiate da un potere superiore, in un processo di rimodellamento e trasformazione in atto che potò i rami ormai rinsecchiti delle sue aspettative e desideri, per dar luce e spazio ai nuovi germogli. Due settimane dopo la morte del marito andò a visitare Francesca.
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Francesca – ho saputo, gli volevo bene come a un fratello…
Solange – mi ha sempre parlato bene di te, ti era riconoscente per la casa… c’era dell’altro?
Francesca – la casa, certo… sai, quando siete arrivati avevo già una trattativa in corso ma non l’ho detto, perché non pensaste che fosse solo questione di denaro. In quella casa ho vissuto l’intera vita con mio marito, i miei genitori prima di me e i loro ancor prima; quando persone nelle mie condizioni sono costrette a decisioni talmente importanti da cambiare del tutto la loro vita, hanno un solo modo per sopportarne il peso…
Solange – neanche io ho detto – per interesse, lo ammetto – che forse la soluzione migliore sarebbe stata un’assistenza domiciliare… so che potevate permettervelo.
Francesca – l’ho considerata, ma era una strada che sarebbe terminata con me, poiché non avendo figli, i miei eredi avrebbero proceduto alla vendita al miglior offerente. Un tempo avevo un’amica parecchio più anziana di me, non geniale ma certamente particolare per delle qualità che possedeva, soprattutto la capacità di porsi immediatamente nello stato d’animo altrui che distinse la sua attività professionale, esercitata al minimo tornaconto. Nel tempo libero disegnava elaborati e colorati disegni geometrici, li teneva per sé appesi su tutte le pareti di casa e, penso che ti sarà difficile crederlo, risuonavano con lei.
Solange – infatti… cosa intendi per risuonare?
Francesca – posso dirlo in negativo, partendo da un’esperienza comune: il senso di vuoto quando il proprietario non è in casa. Sovente quando lei si assentava per motivi di salute, andavo ad accudirne i gatti e le piante ma non gradivo stare a lungo all’interno, mi prendeva la tristezza perché presagivo quando l’avrebbe abbandonata per sempre.
Una volta, mentre stavo innaffiando le piante del soggiorno mi parve d’essere osservata… alzai lo sguardo sui suoi quadri appesi alle pareti e - come amor ch’ha nullo amato è Dante e Don Giovanni è Mozart - quelle opere non solo erano lei ma ebbi l’impressione che fossero entrate in risonanza come dei diapason accordati…
Dopo qualche minuto la mia amica ritornò molto prima del previsto, poiché le rimandarono un esame per motivi tecnici. Le raccontai quello che provai e divenne triste… è umano affezionarsi a persone e oggetti.
Solange – con la morte di mio marito ho capito cose a cui non davo il giusto valore…
Francesca – sì, e non bisogna fermarsi… riguardo le opere della mia amica, in altre occasioni ebbi conferma che non fosse solo suggestione e un giorno accadde l’incredibile… vuoi ascoltarlo sapendo che in futuro potrebbe stravolgere la tua vita?
Solange – più di così…
Francesca – bene… quel giorno come in un dejà vu si ripropose la medesima situazione, ero nel soggiorno e innaffiavo le piante che risuonarono anche più della volta precedente. Mi sedetti, certa di veder comparire di lì a breve la mia amica, invece squillò il telefono… l’avevano ricoverata per accertamenti.
Subito dopo una persona bussò alla porta, con un tuffo al cuore (ero sicura di aver chiuso il cancello) andai ad aprire.
Si presentò una giovane donna che si era inventata un modo diverso per sopravvivere, proponendo dei libri che teneva in una borsa di cotone bianco, stampata. Disse di aver trovato il cancello aperto, scusandosi per essersi permessa di arrivare sino all’uscio accennò ai libri e stava già per andarsene, sommando l’eventuale rifiuto a innumerevoli altri.
Aveva un aspetto dimesso e seppur provata da una vita difficile, brillava nei suoi occhi una luce come non ho mai visto prima… dissi di attendere un momento. Lasciando la porta aperta andai in soggiorno per prendere dei soldi e avvenne l’incredibile… i quadri cantavano!
Solange – no, questo non posso crederlo…
Francesca – non potevo crederlo neppure io… infatti era la ragazza che stava intonando il motivo di una famosa canzone francese…
La mer
Au ciel d'été confond
Ses blancs moutons
Avec les anges si purs
La mer
Bergère d'azur
Infinie
… ma per come la cantava (lo faceva quando vendeva qualcosa, per ringraziamento), posizione, distanza e angolazione, per il fatto che quella canzone appartiene alla mia memoria come io appartengo ad essa e per altri ignoti motivi, la sua voce sembrava provenire proprio dai quadri.
Fosse stato un fenomeno fisico di riverbero, suggestione o altro non fa differenza… era un segno, inequivocabile, di un potere in atto.
Solange – era anche la canzone preferita di mia madre, francese… e dopo?
Francesca – ero sbigottita… quasi in trance le detti del denaro (è troppo, disse…) e allungai la mano, scegliesse lei il libro. Si accomiatò con un caloroso sorriso, ritornai in casa e al vedere i quadri ritornati muti e spenti compresi il messaggio di quel potere… mi precipitai fuori e chiamai la ragazza, appena in tempo prima che salisse su una scassata Renault 4.
Si voltò sorpresa e ritornò da me, chiedendomi se per caso avevo trovato che il libro mancasse di qualche pagina. La rassicurai non fosse quello il motivo, bensì che avevo pensato di regalarne qualche altro ai miei amici. La invitai ad entrare per visionarli e fu lei stavolta a essere sbigottita, quasi in trance al guardare i quadri della mia amica.
Disse di aver sognato quei disegni e... adesso devi scusarmi ma è l’ora della terapia.
Solange – scusami tu, non ti avevo chiesto quanto tempo potevi dedicarmi… posso ritornare?
Francesca – se ti va di ascoltare questa vecchia chiacchierona (io) chiedi pure gli orari all’assistente.
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